XXXVII.

Le pecorelle ed il pastore

  Le pecorelle siamo noi, i fedeli sparsi ai pascoli di questa terra. Ed il pastore è il pontefice sommo al quale Gesù Cristo ha detto nella persona di Pietro: "La terra è mia ed io la dono a te... Le anime sono mie ed io le consegno a te perché le guidi ai pascoli di salute... Né dei punto temere, che io ho pregato per te finché in porgere i pascoli di vita tu non erri in eterno giammai". Il mondo cristiano fu mai sempre ammirato di questo prodigio di bontà, esclamò con gioia fino ad oggidì: "Un sol Dio ed un sol papa!". Perché per il papa abbiamo i vescovi, per il papa e per i vescovi abbiamo i sacerdoti, e per aiuto del pontefice e dei vescovi e dei sacerdoti, noi tutti, semplici del popolo; noi, gregge [61]universale della Chiesa, percorriamo ai pascoli di salute e dappertutto e in ogni dì noi ascoltiamo la soave voce del pastor nostro. Che giubilo spirituale! Non ci reca più punto di meraviglia il vedere che fanno

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gli occhi nostri, quando a questi giorni stessi le pecorelle da tutte le parti della terra movono alla volta del pastor supremo. Noi siamo pecorelle ragionevoli e mostriamo con ciò la nostra riconoscenza. Siamo pecorelle cristiane e veniamo gemendo in supplicazioni di preghiera. Noi siamo le pecorelle di Gesù Cristo e attendiamo che per mezzo del suo Vicario Iddio salvatore ci rechi in trionfo sul collo suo, ci porga il bacio di pace, ci stringa al seno con un'amicizia eterna. Eppoi si trova chi guardando al trono del pastore universale non si sente punto attrarre. Eppoi si trovano altresì pecore che misconoscono il pastore e ne sprezzano [62]la voce. Lascia quelle pecore stolte che non sono dell'ovile di Gesù Cristo! Preghiamo per esse con alti gemiti.