13.
- Sono le medesime ragioni che ci spingono sia alla consacrazione che alla
riparazione. Vero è però che al dovere della riparazione e dell'espiazione
siamo tenuti per un titolo più forte di giustizia e di amore. Di giustizia,
perché dobbiamo espiare l'offesa recata a Dio con le nostre colpe e ristabilire
con la penitenza l'ordine violato; di amore al fine di patire insieme con
Cristo sofferente e "saturato di obbrobri" e recargli, per quanto può
la nostra debolezza, qualche conforto.
Siamo, infatti,
peccatori e gravati di molte colpe; dobbiamo perciò rendere onore al nostro Dio
non solo con quel culto che è diretto sia ad adorare, con i dovuti ossequi, la
sua Maestà infinita, sia a riconoscere, mediante la preghiera, il suo supremo
dominio e a lodare, con azioni di grazie, la sua infinita generosità; ma è
necessario inoltre che offriamo anche a Dio giusto vindice, soddisfazioni per i
nostri "innumerevoli peccati, offese e negligenze".
Per questo,
alla consacrazione per mezzo della quale ci offriamo a Dio e diventiamo a lui
sacri - con quella santità e stabilità che è propria della consacrazione, come
insegna l'Angelico (2-2, q. 81, a. 8, c.) - si deve aggiungere l'espiazione al fine
di estinguere totalmente le colpe, affinché l'infinita santità e giustizia di
Dio non abbia a rigettare la nostra proterva indegnità e rifiuti, anzi che
gradire, il nostro dono.
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