77.
Le indicazioni finora date intorno all’equa divisione dei beni e alla giustizia
dei salari riguardano gli individui e solo per indiretto toccano l’ordine
sociale, alla cui restaurazione soprattutto secondo i principi della sana
filosofia e i precetti altissimi della legge evangelica che lo perfezionano,
applicò ogni sua cura e attenzione il Nostro Antecessore Leone XIII.
78.
Fu allora aperta la via; ma perché siano perfezionate molte cose che ancora
restano da fare e ne ridondino più copiosi ancora e più lieti vantaggi
all’umana famiglia, sono soprattutto necessarie due cose: la riforma delle
istituzioni e la emendazione dei costumi.
a) Riforma
delle istituzioni
79.
E quando parliamo di riforma delle istituzioni, pensiamo primieramente allo
Stato, non perché dall’opera sua si debba aspettare tutta la salvezza, ma
perché, per il vizio dell’individualismo, come abbiamo detto, le cose si
trovano ridotte a tal punto che, abbattuta e quasi estinta l’antica ricca forma
di vita sociale, svoltasi un tempo mediante un complesso di associazioni
diverse, restano di fronte quasi soli gli individui e lo Stato. E siffatta
deformazione dell’ordine sociale reca non piccolo danno allo Stato medesimo,
sul quale vengono a ricadere tutti i pesi, che quelle distrutte corporazioni non
possono più portare, onde si trova oppresso da una infinità di carichi e di
affari.
80.
È vero certamente e ben dimostrato dalla storia, che, per la mutazione delle
circostanze, molte cose non si possono più compiere se non da grandi
associazioni, laddove prima si eseguivano anche dalle piccole. Ma deve tuttavia
restare saldo il principio importantissimo nella filosofia sociale: che siccome
è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e
l’industria propria per affidarlo alla comunità, cosi è ingiusto rimettere a
una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si
può fare. Ed è questo insieme un grave danno e uno sconvolgimento del retto
ordine della società; perché l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della
società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo
sociale, non già distruggerle e assorbirle.
81.
Perciò è necessario che l’autorità suprema dello Stato rimetta ad associazioni
minori e inferiori il disbrigo degli affari e delle cure di minor momento,
dalle quali essa del resto sarebbe più che mai distratta; e allora essa potrà
eseguire con più libertà, con più forza ed efficacia le parti che a lei solo
spettano, perché essa solo può compierle; di direzione cioè, di vigilanza, di
incitamento, di repressione, a seconda dei casi e delle necessità. Si
persuadano dunque fermamente gli uomini di governo che quanto più perfettamente
sarà mantenuto l’ordine gerarchico tra le diverse associazioni, conforme al
principio della funzione suppletiva dell’attività sociale, tanto più forte
riuscirà l’autorità e la potenza sociale, e perciò anche più felice e più
prospera la condizione dello Stato stesso.
82.
Questa poi deve essere la prima mira, questo lo sforzo dello Stato e dei
migliori cittadini, mettere fine alle competizioni delle due classi opposte,
risvegliare e promuovere una cordiale cooperazione delle varie professioni dei
cittadini.
b) Concordia
delle classi
83.
La politica sociale porrà dunque ogni studio a ricostruire le professioni
stesse; giacché la società umana si trova al presente in uno stato violento,
quindi instabile e vacillante, perché appunto si fonda su classi di diverse
tendenze, fra loro opposte e propense, quindi, a lotte e inimicizie.
84.
E per verità, quantunque il lavoro, come spiega egregiamente il Nostro Predecessore
nella sua enciclica, (RN n. 16). non sia una vile merce, anzi vi si debba
riconoscere la dignità umana dell’operaio e quindi non sia da mercanteggiare
come una merce qualsiasi, tuttavia, come stanno ora le cose, nel mercato del
lavoro l’offerta e la domanda divide gli uomini come in due schiere; e la
disunione che ne segue trasforma il mercato come in un campo di lotta, ove le
due parti si combattono accanitamente. E a questo grave disordine, che porta al
precipizio l’intera società, ognuno vede quanto sia necessario portare rimedio.
Ma la guarigione perfetta si potrà ottenere allora soltanto quando, tolta di
mezzo una tale lotta, le membra del corpo sociale si trovino bene assestate, e
costituiscano le varie professioni, a cui ciascuno dei cittadini aderisca non
secondo l’ufficio che ha nel mercato del lavoro, ma secondo le diverse parti
sociali che i singoli esercitano. Avviene infatti per impulso di natura che,
siccome quanti si trovano congiunti per vicinanza di luogo si uniscono a
formare municipi, così quelli che si applicano ad un’arte medesima formino
collegi o corpi sociali; di modo che queste corporazioni, con diritto loro
proprio, da molti si sogliono dire, se non essenziali alla società civile,
almeno naturali.
85.
Siccome poi l’ordine, come ragiona ottimamente san Tommaso (cf. Contra
Gentiles, 3, 71; Summa Theol.) è l’unità che risulta dall’opportuna
disposizione di molte cose, il vero e genuino ordine sociale esige che i vari
membri della società siano collegati in ordine ad una sola cosa per mezzo di
qualche saldo vincolo. La qual forza di coesione si trova in fatti tanto
nell’identità dei beni da prodursi o dei servizi da farsi, in cui converge il
lavoro riunito dai datori e prestatori di lavoro della stessa categoria, quanto
in quel bene comune, a cui tutte le varie classi, ciascuna per la parte sua,
devono unitamente e amichevolmente concorrere. E questa concordia sarà tanto
più forte e più efficace, quanto più fedelmente i singoli uomini e i vari corpi
professionali si studieranno di esercitare la propria professione e di
segnalarsi in essa.
86.
Dal che facilmente si deduce che in tali corporazioni primeggiano di gran lunga
le cose che sono comuni a tutta la categoria. Tra esse poi principalissima è il
promuovere più che mai intensamente la cooperazione della intiera corporazione
dell’arte al bene comune, cioè alla salvezza e prosperità pubblica della
nazione. Quanto agli affari invece, in cui si devono specialmente procurare e
tutelare i vantaggi e gli svantaggi speciali dei padroni e degli artieri, se
occorrerà deliberazione, dovrà farsi dagli uni e dagli altri separatamente.
87.
Appena occorre ricordare che, con la debita proporzione, si può applicare alle
corporazioni professionali quanto Leone XIII insegnò circa la forma del regime
politico, che cioè resta libera la scelta di quella forma che meglio aggrada,
purché si provveda alla giustizia e alle esigenze del bene comune (Enc.
Immortale Dei, 1 nov. 1885).
88.
Orbene, a quel modo che gli abitanti di un municipio usano associarsi per fini
svariatissimi, e a tali associazioni ognuno è libero di dare o non dare il suo
nome, così quelli che attendono all’arte medesima, si uniranno pure fra loro in
associazioni libere per quegli scopi che in qualche modo vanno connessi con
l’esercizio di quell’arte. Ma poiché su tali libere associazioni già furono
date ben chiare e distinte spiegazioni nell’enciclica del Nostro Predecessore
di illustre memoria, crediamo che basti ora inculcare questo solo: che l’uomo
ha libertà non solo di formare queste associazioni che sono di ordine e di
diritto privato, ma anche di introdurvi quell’ordinamento e quelle leggi che si
giudichino le meglio conducenti al fine (cf. RN n. 42). E la stessa libertà si
ha da rivendicare per le fondazioni di associazioni che sorpassino i limiti
delle singole arti. Le libere associazioni poi, che già fioriscono e portano
frutti salutari, si debbono aprire la via alla formazione di quelle
corporazioni più perfette, di cui abbiamo già fatto menzione, e con ogni loro
energia promuoverle secondo le norme della sociologia cristiana.
c) Principio
direttivo dell’economia
89.
Un’altra cosa ancora si deve procurare, che è molto connessa con la precedente.
A quel modo cioè che l’unità della società umana non può fondarsi nella
opposizione di classe, così il retto ordine dell’economia non può essere
abbandonato alla libera concorrenza delle forze. Da questo capo anzi, come da
fonte avvelenata, sono derivati tutti gli errori della scienza economica
individualistica, la quale dimenticando o ignorando che l’economia ha un suo carattere
sociale, non meno che morale, ritenne che l’autorità pubblica la dovesse
stimare e lasciare assolutamente libera a sé, come quella che nel mercato o
libera concorrenza doveva trovare il suo principio direttivo o timone proprio,
secondo cui si sarebbe diretta molto più perfettamente che per qualsiasi
intelligenza creata. Se non che la libera concorrenza, quantunque sia cosa equa
certamente e utile se contenuta nei limiti bene determinati, non può essere in
alcun modo il timone dell’economia; il che è dimostrato anche troppo
dall’esperienza, quando furono applicate nella pratica le norme dello spirito
individualistico. È dunque al tutto necessario che l’economia torni a regolarsi
secondo un vero ed efficace suo principio direttivo. Ma tale ufficio molto meno
può essere preso da quella supremazia economica, che in questi ultimi tempi è
andata sostituendosi alla libera concorrenza; poiché, essendo essa una forza
cieca e una energia violenta, per diventare utile agli uomini ha bisogno di
essere sapientemente frenata e guidata. Si devono quindi ricercare più alti e
più nobili principi da cui questa egemonia possa essere vigorosamente e
totalmente governata: e tali sono la giustizia e la carità sociali. Perciò è
necessario che alla giustizia sociale si ispirino le istituzioni dei popoli,
anzi di tutta la vita della società; e più ancora è necessario che questa
giustizia sia davvero efficace, ossia costituisca un ordine giuridico e sociale
a cui l’economia tutta si conformi. La carità sociale poi deve essere come
l’anima di questo ordine, alla cui tutela e rivendicazione efficace deve
attendere l’autorità pubblica; e lo potrà fare tanto più facilmente se si
sbrigherà da quei pesi che non le sono propri, come abbiamo sopra dichiarato.
90.
Che, anzi, conviene che le varie nazioni, unendo propositi e forze insieme,
giacché nel campo economico stanno in mutua dipendenza e debbono aiutarsi a
vicenda, si sforzino di promuovere con sagge convenzioni e istituzioni una
felice cooperazione di economia internazionale.
91.
Pertanto, se le membra del corpo sociale saranno cosi rinfrancate, e ne verrà
raddrizzato il principio direttivo quale timone della economia sociale, si
potrà dire in qualche modo dell’ordine sociale ciò che dice l’Apostolo del
corpo mistico di Gesù Cristo: "che tutto il corpo compaginato e connesso
per via di tutte le giunture di comunicazione, in virtù della proporzionata
operazione sopra di ciascun membro, prende l’aumento proprio del corpo per la
sua perfezione mediante la carità" (Ef 4,16).
92.
Recentemente, come tutti sanno, venne iniziata una speciale organizzazione
sindacale e corporativa, la quale, data la materia di questa Nostra Lettera
enciclica, richiede da Noi qualche cenno e anche qualche opportuna
considerazione.
93.
Lo Stato riconosce giuridicamente il sindacato e non senza carattere
monopolistico, in quanto che esso solo, così riconosciuto, può rappresentare
rispettivamente gli operai e i padroni, esso solo concludere contratti e patti
di lavoro. L’iscrizione al sindacato è facoltativa, ed è soltanto in questo
senso che l’organizzazione sindacale può dirsi libera; giacché la quota
sindacale e certe speciali tasse sono obbligatorie per tutti gli appartenenti a
una data categoria, siano essi operai o padroni, come per tutti sono
obbligatori i contratti di lavoro stipulati dal sindacato giuridico. Vero è che
venne autorevolmente dichiarato che il sindacato giuridico non esclude
l’esistenza di associazioni professionali di fatto.
94.
Le Corporazioni sono costituite dai rappresentanti dei sindacati degli operai e
dei padroni della medesima arte e professione, e, come veri e propri organi ed
istituzioni di Stato, dirigono e coordinano i sindacati nelle cose di interesse
comune.
95.
Lo sciopero è vietato; se le parti non si possono accordare, interviene il
Magistrato.
96.
Basta poca riflessione per vedere i vantaggi dell’ordinamento per quanto
sommariamente indicato; la pacifica collaborazione delle classi, la repressione
delle organizzazioni e dei conati socialisti, l’azione moderatrice di una
speciale magistratura.
Per non
trascurare nulla in argomento di tanta importanza, ed in armonia con i principi
generali qui sopra richiamati, e con quello che subito aggiungeremo, dobbiamo
pur dire che vediamo non mancare chi teme che lo Stato si sostituisca alle
libere attività invece di limitarsi alla necessaria e sufficiente assistenza ed
aiuto, che il nuovo ordinamento sindacale e corporativo abbia carattere
eccessivamente burocratico e politico, e che, nonostante gli accennati vantaggi
generali, possa servire a particolari intenti politici piuttosto che
all’avviamento ed inizio di un migliore assetto sociale.
97.
Noi crediamo che a raggiungere quest’altro nobilissimo intento, con vero e
stabile beneficio generale, sia necessaria innanzi e soprattutto la benedizione
di Dio e poi la collaborazione di tutte le buone volontà. Crediamo ancora e per
necessaria conseguenza che l’intento stesso sarà tanto più sicuramente raggiunto
quanto più largo sarà il contributo delle competenze tecniche, professionali e
sociali e più ancora dei principi cattolici e della loro pratica da parte, non
dell’Azione Cattolica (che non intende svolgere attività strettamente sindacali
o politiche), ma da parte di quei figli Nostri che l’Azione Cattolica
squisitamente forma a quei principi ed al loro apostolato sotto la guida ed il
Magistero della Chiesa; della Chiesa, la quale anche sul terreno più sopra
accennato, come dovunque si agitano e regolano questioni morali, non può
dimenticare o negligere il mandato di custodia e di magistero divinamente
conferitole.
98.
Se non che, quanto abbiamo detto circa la restaurazione e il perfezionamento
dell’ordine sociale, non potrà essere attuato in nessun modo senza una riforma
dei costumi, come la storia stessa ce ne dà splendida testimonianza. Vi fu un
tempo infatti in cui vigeva un ordinamento sociale che, sebbene non del tutto
perfetto e in ogni sua parte irreprensibile, riusciva tuttavia conforme in
qualche modo alla retta ragione, secondo le condizioni e la necessità dei
tempi. Ora quell’ordinamento è già da gran tempo scomparso; e ciò veramente non
perché non abbia potuto, col progredire, svolgersi e adattarsi alle mutate
condizioni e necessità di cose e in qualche modo venire dilatandosi, ma perché
piuttosto gli uomini induriti dall’egoismo ricusarono di allargare, come
avrebbero dovuto, secondo il crescente numero della moltitudine, i quadri di
quell’ordinamento, o perché, traviati dalla falsa libertà e da altri errori e
intolleranti di qualsiasi autorità, si sforzarono di scuotere da sé ogni
restrizione.
99.
Resta adunque che, dopo aver nuovamente chiamato in giudizio l’odierno regime
economico, e il suo acerrimo accusatore, il socialismo, e aver dato giusta ed
esplicita sentenza sull’uno e sull’altro, indaghiamo più a fondo la radice di
tanti mali e ne indichiamo il primo e più necessario rimedio, cioè la riforma
dei costumi.
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