111.
Non meno profonda che quella dell’ordinamento economico è la trasformazione che
dal tempo di Leone XIII ebbe il socialismo, con cui specialmente lottò il
Nostro Predecessore. Allora infatti esso poteva quasi dirsi uno e propugnatore
di principi dottrinali ben definiti o raccolti in un sistema: ora invece va
diviso in due partiti principali, discordanti per lo più fra loro e
inimicissimi, ma pur tali che nessuno dei due si scosta dal fondamento proprio
di ogni socialismo, e contrario alla fede cristiana.
a) Socialismo
più violento o comunismo
112.
Un partito infatti del socialismo andò soggetto alla trasformazione stessa che
abbiamo spiegato sopra, rispetto all’economia capitalistica, e precipitò nel
comunismo; il quale insegna e persegue due punti, né già per vie occulte o per
raggiri, ma alla luce aperta e con tutti i mezzi, anche più violenti: una lotta
di classe la più accanita e l’abolizione assoluta della proprietà privata. E
nel perseguire i due intenti non v’ha cosa che esso non ardisca, niente che
rispetti: e dove si è impadronito del potere, si dimostra tanto più crudele e
selvaggio, che sembra cosa incredibile e mostruosa. Di che sono prova le stragi
spaventose e le rovine che esso ha accumulato sopra vastissimi paesi
dell’Europa Orientale e dell’Asia. Quanto poi sia nemico dichiarato della santa
Chiesa, e di Dio stesso, è cosa purtroppo dimostrata dall’esperienza e a tutti
notissima. Non crediamo perciò necessario premunire i figli buoni e fedeli
della Chiesa contro la natura empia e ingiusta del comunismo; ma non possiamo
tuttavia, senza un profondo dolore, vedere l’incuria e l’indifferenza di coloro
che mostrano di non dar peso ai pericoli imminenti, e con una passiva
fiacchezza lasciano che si propaghino per ogni parte quegli errori, da cui sarà
condotta a morte la società tutta intera con le stragi e la violenza. Ma
soprattutto meritano di essere condannati coloro che trascurano di sopprimere o
trasformare quelle condizioni di cose, che esasperano gli animi dei popoli e
preparano con ciò la via alla rivoluzione e alla rovina della società.
b) Socialismo
più mite
113.
Più moderato è l’altro partito che ha conservato il nome di socialismo; giacché
non solo professa di rigettare il ricorso alla violenza, ma se non ripudia la
lotta di classe e l’abolizione della proprietà privata, la mitiga almeno con
attenuazioni e temperamenti. Si direbbe quindi che, spaventato dei suoi
principi e delle conseguenze che ne trae il comunismo, il socialismo si pieghi
e in qualche modo si avvicini a quelle verità che la tradizione cristiana ha
sempre solennemente insegnate; poiché non si può negare che le sue
rivendicazioni si accostino talvolta, e molto da vicino, a quelle che
propongono a ragione i riformatori cristiani della società.
c) La lotta di
classe
114.
La lotta di classe, in fatti, quando si astenga dagli atti di inimicizia e
dall’odio vicendevole, si trasforma a poco a poco in una onesta discussione,
fondata nella ricerca della giustizia: discussione che non è certo quella
felice pace sociale che tutti vagheggiano, ma che può e deve essere un punto di
partenza per giungere alla mutua cooperazione delle classi. Così anche la
guerra dichiarata alla proprietà privata si viene sempre più calmando e
restringendosi a tal segno, che alla fine non viene più assalita in sé la
proprietà dei mezzi di produzione, ma una certa egemonia sociale, che la
proprietà contro ogni diritto si è arrogata e usurpata. E infatti tale
supremazia non deve essere propria dei semplici padroni, ma del pubblico
potere. Con ciò si può giungere insensibilmente fino al punto che le massime del
socialismo più moderato non discordino più dai voti e dalle rivendicazioni di
coloro che, fondati sui principi cristiani, si studiano di riformare la società
umana. E in verità si può ben sostenere, a ragione, esservi certe categorie di
beni da riservarsi solo ai pubblici poteri, quando portano seco una tale
preponderanza economica, che non si possa lasciare in mano ai privati cittadini
senza pericolo del bene comune.
115.
Cotali giuste rivendicazioni e desideri non hanno più nulla che ripugni alla
verità cattolica e molto meno sono rivendicazioni proprie del socialismo.
Quelli dunque che a queste sole mirano, non hanno ragione di dare il nome dal
socialismo.
116.
Né perciò si dovrà credere che quei partiti o gruppi di socialisti, che non
sono comunisti, si siano ricreduti tutti a tal segno, o di fatto o nel loro
programma. No, perché essi per lo più, non rigettano né la lotta di classe, né
l’abolizione della proprietà, ma solo la vogliono in qualche modo mitigata.
Senonché, essendosi i loro falsi principi così mitigati e in qualche modo
cancellati, ne sorge, o piuttosto viene mosso da qualcuno, il dubbio: se per
caso anche i principi della verità cristiana non si possano in qualche modo
mitigare o temperare, per andare così incontro al socialismo e quasi per una
via media accordarsi insieme. E vi ha di quelli che nutrono la vana speranza di
trarre a noi in questo modo i socialisti. Vana speranza, diciamo. Quelli,
infatti, che vogliono essere apostoli tra i socialisti, devono professare
apertamente e sinceramente, nella sua pienezza e integrità, la verità
cristiana, ed in nessuna maniera usare connivenza con gli errori. Che, se
veramente vogliono essere banditori del Vangelo, devono studiarsi anzitutto di
far vedere ai socialisti che le loro rivendicazioni, in quanto hanno di giusto,
si possono molto più validamente sostenere coi principi della fede cristiana e
molto più efficacemente promuovere con le forze della cristiana carità.
d) Socialismo e
cristianesimo
117.
Ma che dire nel caso che, rispetto alla lotta di classe e alla proprietà
privata, il socialismo sia realmente così mitigato e corretto da non aver più
nulla che gli si possa rimproverare su questi punti? Ha con ciò forse
rinunziato ai suoi principi, alla sua natura contraria alla religione
cristiana? Qui sta il punto, su cui molte anime si trovano esitanti. E non
pochi sono pure i cattolici, i quali, ben conoscendo come i principi cristiani non
possono essere né abbandonati né cancellati, sembrano rivolgere lo sguardo a
questa Santa Sede e domandare con ansia, che decidiamo se questo socialismo si
sia ricreduto dei suoi errori a tal segno, che senza pregiudizio di nessun
principio cristiano, si possa ammettere e in qualche modo battezzare. Ora per
soddisfare, secondo la Nostra sollecitudine paterna, a questi desideri,
proclamiamo che il socialismo, sia considerato come dottrina, sia considerato
come fatto storico, sia come "azione", se resta veramente socialismo,
anche dopo aver ceduto alla verità e alla giustizia su questi punti che abbiamo
detto, non può conciliarsi con gli insegnamenti della Chiesa cattolica. Giacché
il suo concetto della società è quanto può dirsi opposto alla verità cristiana.
118.
Infatti, secondo la dottrina cristiana, il fine per cui l’uomo dotato di una
natura socievole si trova su questa terra è questo che, vivendo in società e
sotto un’autorità sociale ordinata da Dio, (Enc. Diuturnum, 9 giugno 1881).
coltivi e svolga pienamente tutte le sue facoltà a lode e gloria del Creatore;
e adempiendo fedelmente i doveri della sua professione o della sua vocazione,
qualunque sia, giunga alla felicità temporale ed insieme alla eterna. Il socialismo
al contrario, ignorando o trascurando del tutto questo fine sublime sia
dell’uomo come della società, suppone che l’umano consorzio non sia istituito
se non in vista del solo benessere.
119.
Infatti, da ciò che una divisione conveniente del lavoro, più efficacemente che
lo sforzo diviso degli individui assicura la produzione, i socialisti deducono
che l’attività economica, nella quale essi considerano solamente il fine
materiale, deve per necessità essere condotta socialmente. E da siffatta
necessità, secondo essi, deriva che gli uomini sono costretti, per ciò che
riguarda la produzione, a sottomettersi interamente alla società; anzi il
possedere una maggiore abbondanza di ricchezze che possa servire alle comodità
della vita è stimato tanto che gli si debbono posporre i beni più alti
dell’uomo, specialmente la libertà, sacrificandoli tutti alle esigenze di una
produzione più efficace. Questo pregiudizio dell’ordinamento
"socializzato" della produzione portato alla dignità umana, essi
credono che sarà largamente compensato dall’abbondanza dei beni, che gli
individui ne ritrarranno per poterli applicare alle comodità e alle convenienze
della vita secondo i loro piaceri. La società dunque, qual è immaginata dal
socialismo, non può esistere né concepirsi disgiunta da una costrizione
veramente eccessiva, e d’altra parte resta in balìa di una licenza non meno
falsa, perché mancante di una vera autorità sociale: poiché questa non può
fondarsi sui vantaggi temporanei e materiali, ma solo può venire da Dio
Creatore e fine ultimo di tutte le cose (Enc. Divini illius Magistri, 31 dic.
1929).
120.
Che se il socialismo, come tutti gli errori, ammette pure qualche parte di vero
(il che del resto non fu mai negato dai Sommi Pontefici), esso tuttavia si
fonda su una dottrina della società umana, tutta sua propria e discordante dal
vero cristianesimo. Socialismo religioso e socialismo cristiano sono dunque
termini contraddittori: nessuno può essere buon cattolico ad un tempo e vero
socialista.
121.
Tutte queste verità pertanto, da Noi richiamate e confermate solennemente con
la Nostra autorità, si debbono applicare del pari a una totale nuova forma o
condotta del socialismo poco nota finora in verità, ma che al presente si va
diffondendo tra molti gruppi di socialisti. Esso attende soprattutto a
informare di sé gli animi e i costumi; particolarmente alletta sotto colore di
amicizia la tenera infanzia per trascinarla seco, ma abbraccia altresì la
moltitudine degli uomini adulti; per formare in fine "l’uomo
socialistico", sul quale vuole appoggiare l’umana società plasmata secondo
le massime del socialismo.
122.
Senonché, avendo Noi spiegato già largamente nella Nostra enciclica Divini
illius Magistri su quali principi si fondi e quali fini intenda l’educazione
cristiana, (cf. Gc 2). è tanto chiaro ed evidente che ad essi contraddice
quanto fa e cerca il socialismo educatore, che non occorre altra dichiarazione.
Ma quanto siano gravi e terribili i pericoli che questo socialismo porta seco,
sembra che l’ignorino o non vi diano gran peso coloro che non si curano punto
di resistervi con zelo e coraggio secondo la gravità della cosa. È Nostro
dovere pastorale quindi mettere costoro in guardia dal danno gravissimo e
imminente, e si ricordino tutti che di cotesto socialismo educatore è padre
bensì il liberalismo, ma l’erede è e sarà il bolscevismo.
e) Diserzione
dei cattolici verso il socialismo
123.
Da ciò, venerabili Fratelli, voi potete intendere con quanto dolore vediamo, in
taluni paesi specialmente, non pochi dei Nostri figli - di cui non possiamo
persuaderCi che abbiano abbandonato del tutto la vera fede e la buona volontà -
aver disertato il campo della Chiesa per passare alle file del socialismo: gli
uni professandosi apertamente socialisti e professandone le dottrine; gli altri
per indifferenza, o anche con ripugnanza, per aggregarsi alle associazioni che
si professano o sono di fatto socialistiche.
124.
Con paterna ansietà Noi andiamo pensando e investigando come sia potuto
accadere una tanta aberrazione, e Ci sembra di sentire che molti di essi Ci
rispondano a loro scusa: la Chiesa e quelli che alla Chiesa si proclamano più
aderenti, favoriscono i ricchi, trascurando gli operai e non se ne danno
pensiero alcuno: perciò questi hanno dovuto, al fine di provvedere a sé,
aggregarsi alle schiere dei socialisti.
125.
Ed è questa, senza dubbio, cosa ben lacrimevole, venerabili Fratelli, che vi
siano stati e ancora vi siano di quelli che, dicendosi cattolici, quasi non
ricordino la legge sublime della giustizia e della carità, la quale non
solamente ci prescrive di dare a ciascuno quello che gli tocca, ma ancora di
soccorrere ai nostri fratelli indigenti come a Cristo medesimo; (2Cor 8,9). e,
cosa ancora più grave, per ansia di guadagno non temono di opprimere i
lavoratori. E vi ha pure chi abusa della religione stessa, facendo del suo nome
un paravento alle proprie ingiuste vessazioni per potersi sottrarre alle
rivendicazioni pienamente giustificate degli operai. Noi non cesseremo mai di
riprovare una simile condotta; poiché sono costoro la causa per cui la Chiesa,
senza averlo punto meritato, ha potuto aver l’apparenza, e quindi essere
accusata, di prendere parte per i ricchi e di non aver alcun senso di pietà per
le pene di quelli che si trovano come diseredati della loro parte di benessere
in questa vita. Ma che questa apparenza e questa accusa sia immeritata ed
ingiusta, tutta la storia della Chiesa dà testimonianza; e l’enciclica stessa,
di cui celebriamo l’anniversario, è la più splendida prova della somma
ingiustizia di simili contumelie e calunnie, lanciate contro la Chiesa e i suoi
insegnamenti.
f) Paterno
invito a ritornare
126.
Ma per quanto provocati dagli insulti e trafitti nel cuore di padre, siamo ben
lungi dal rigettare da Noi questi figli, sebbene così miseramente traviati e
lontani dalla verità e dalla salvezza. Con tutto l’ardore anzi e con tutta la
più viva sollecitudine li invitiamo a ritornare al materno seno della Chiesa. E
Dio faccia che prestino orecchio alla Nostra voce! Ritornino donde sono
partiti, alla casa cioè del Padre e ivi perseverino dove è il loro proprio
luogo, tra le file cioè di quelli che seguendo gli insegnamenti di Leone XIII,
da Noi ora solennemente rinnovati, si studino di restaurare la società secondo
lo spirito della Chiesa, rassodandovi la giustizia e la carità sociale. E si
persuadano essi che non potranno mai trovare altrove una felicità maggiore,
anche su questa terra, se non vicino a Colui che per amore nostro "essendo
ricco, diventò povero, affinché dalla povertà di Lui diventassimo ricchi",
(cf. Mt 11,28) che fu povero e in mezzo alle fatiche fino dalla sua giovinezza,
che invita a sé tutti gli oppressi dalla fatica e dalle afflizioni per dar loro
un pieno conforto nella carità del suo Cuore; (cf. Lc 12,48) e che infine,
senza accettazione di persone, richiederà di più da quelli ai quali avrà dato
di più, (Mt 16,27) e "renderà a ciascuno secondo il suo operato" (cf.
Mt 7,24).
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