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Pius PP. XI
Quadragesimo anno

IntraText CT - Lettura del testo

  • III - MUTAZIONI PROFONDE DELLA SOCIETÀ - DOPO LEONE XIII.
    • 1. Mutazioni nell’ordinamento economico.
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1. Mutazioni nell’ordinamento economico.

a) Relazioni fra capitale e operai

101. Orbene, Leone XIII adottò ogni mezzo per disciplinare questo ordinamento economico, secondo le norme della rettitudine; sicché è evidente che esso non è in sé da condannarsi. E infatti non è di sua natura vizioso: allora però viola il retto ordine, quando il capitale vincola a sé gli operai, ossia la classe proletaria, col fine e con la condizione di sfruttare a suo arbitrio e vantaggio le imprese e quindi l’economia tutta, senza far caso né della dignità umana degli operai, né del carattere sociale dell’economia, né della stessa giustizia sociale e del bene comune.

102. Vero è che neppure oggi è questo il solo ordinamento economico vigente in ogni luogo; un’altra forma vi è che abbraccia ancora grande moltitudine di persone, importante per numero e potere, quale, ad esempio, la classe degli agricoltori, in cui la maggior parte del genere umano si procura con probo e onesto lavoro quanto è necessario alla vita. Anche essa ha le sue angustie e le sue difficoltà, alle quali allude il Nostro Predecessore in parecchi tratti della sua enciclica e Noi pure in questa vi abbiamo più di una volta accennato.

b) Capitalismo industriale

103. Ma, l’ordinamento capitalistico dell’economia, col dilatarsi dell’industrialismo per tutto il mondo, dopo l’enciclica di Leone XIII si è venuto esso pure allargando per ogni dove, a tal punto da invadere e penetrare anche nelle condizioni economiche e sociali di quelli che si trovano fuori della sua cerchia, introducendovi in certo modo la sua impronta.

104. Perciò quando invitiamo a studiare le trasformazioni che l’ordinamento capitalistico dell’economia subì dopo il tempo di Leone XIII, non solamente procuriamo il bene di coloro che abitano in paesi dominati dal capitale e dall’industria, ma di tutto intero il genere umano.

c) Concentrazione della ricchezza

105. E in primo luogo ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia in mano di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento.

106. Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che, tenendo in pugno il danaro, la fanno da padroni; onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso, di cui vive l’organismo economico, e hanno in mano, per così dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro la loro volontà, potrebbe nemmeno respirare.

107. Una tale concentrazione di forze e di potere, che è quasi la nota specifica della economia contemporanea, è il frutto naturale di quella sfrenata libertà di concorrenza che lascia sopravvivere solo i più forti, cioè, spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti della coscienza.

108. A sua volta poi la concentrazione stessa di ricchezze e di potenza genera tre specie di lotta per il predominio: dapprima si combatte per la prevalenza economica; di poi si contrasta accanitamente per il predominio sul potere politico, per valersi delle sue forze e della sua influenza nelle competizioni economiche; infine si lotta tra gli stessi Stati, o perché le nazioni adoperano le loro forze e la potenza politica a promuovere i vantaggi economici dei propri cittadini, o perché applicano il potere e le forze economiche a troncare le questioni politiche sorte fra le nazioni.

d) Funeste conseguenze

109. Ultime conseguenze dello spirito individualistico nella vita economica sono poi quelle che voi stessi, venerabili Fratelli e diletti Figli, vedete e deplorate: la libera concorrenza cioè si è da se stessa distrutta; alla libertà del mercato è sottentrata la egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio; e tutta l’economia è così divenuta orribilmente dura, inesorabile, crudele. A ciò si aggiungono i danni gravissimi che sgorgano dalla deplorevole confusione delle ingerenze e servizi propri dell’autorità pubblica con quelli della economia stessa: quale, per citarne uno solo tra i più importanti, l’abbassarsi della dignità dello Stato, che si fa servo e docile strumento delle passioni e ambizioni umane, mentre dovrebbe assidersi quale sovrano e arbitro delle cose, libero da ogni passione di partito e intento al solo bene comune e alla giustizia. Nell’ordine poi delle relazioni internazionali, da una stessa fonte sgorgò una doppia corrente: da una parte il nazionalismo o anche l’imperialismo economico; dall’altra non meno funesto ed esecrabile, l’internazionalismo bancario o imperialismo internazionale del denaro, per cui la patria è dove si sta bene.

e) I rimedi

110. Ora, con quali mezzi si possa rimediare a un male così profondo, già l’abbiamo indicato nella seconda parte di questa enciclica, dove ne abbiamo trattato di proposito sotto l’aspetto dottrinale: qui ci basterà ricordare la sostanza del Nostro insegnamento. Essendo dunque l’ordinamento economico moderno fondato particolarmente sul capitale e sul lavoro, devono essere conosciuti e praticati i precetti della retta ragione, ossia della filosofia sociale cristiana, concernenti i due elementi menzionati e le loro relazioni. Così, per evitare l’estremo dell’individualismo da una parte, come del socialismo dall’altra, si dovrà soprattutto avere riguardo del pari alla doppia natura, individuale e sociale propria, tanto del capitale o della proprietà, quanto del lavoro. Le relazioni quindi fra l’uno e l’altro devono essere regolate secondo le leggi di una esattissima giustizia commutativa, appoggiata alla carità cristiana. È necessario che la libera concorrenza, confinata in ragionevoli e giusti limiti, e più ancora che la potenza economica siano di fatto soggetti all’autorità pubblica, in ciò che concerne l’ufficio di questa. Infine le istituzioni dei popoli dovranno venire adattando la società tutta quanta alle esigenze del bene comune, cioè alle leggi della giustizia sociale; onde seguirà necessariamente che una sezione così importante della vita sociale, qual è l’attività economica, verrà a sua volta ricondotta ad un ordine sano e bene equilibrato.




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