8. Un fenomeno di grande
importanza attira la nostra attenzione, sia nei paesi industrializzati come
nelle nazioni in via di sviluppo: l’urbanesimo. Dopo lunghi secoli, la civiltà
agricola va declinando. Ma si dedica sufficiente attenzione al buon ordinamento
e al miglioramento della vita dei rurali, la cui condizione economica di
inferiorità e talvolta di miseria provoca l’esodo verso i tristi ammassamenti
delle periferie, dove non troveranno né impiego né alloggio?
L’esodo permanente dalle campagne, la
crescita dell’industria, la continua spinta demografica, l’attrazione dei
centri urbani conducono a concentramenti di popolazione, dei quali a fatica si
riesce ad immaginare l’ampiezza, tanto che già si parla di megalopoli,
raggruppanti parecchie decine di milioni di abitanti. Certo, ci sono delle
città, la cui dimensione assicura un migliore equilibrio della popolazione. In
grado di offrire una occupazione ai rurali che si rendessero disponibili a
seguito dei progressi dell’agricoltura, esse permettono un buon ordinamento
dell’ambiente umano, tale da evitare la diffusione del proletariato e
l’ammassamento dei grandi agglomerati.
9. La crescita smisurata
delle città accompagna l’espansione industriale, senza identificarsi con essa.
Basata sulla ricerca tecnologica e sulla trasformazione della natura,
l’industrializzazione prosegue senza sosta il suo cammino, dando prova di una
creatività inesauribile. Mentre talune imprese si sviluppano e si concentrano,
altre si spengono o si spostano, creando nuovi problemi sociali: disoccupazione
professionale o regionale, riqualificazione e mobilità delle persone,
adattamento permanente dei lavoratori, disparità di condizioni nei diversi
settori dell’industria. Utilizzando gli strumenti moderni della pubblicità, una
competizione senza limiti lancia instancabilmente nuovi prodotti e cerca di
attirare il consumatore, mentre i vecchi impianti industriali, ancora in grado
di produrre, diventano inutili. Mentre vasti strati di popolazione non riescono
ancora a soddisfare i loro bisogni primari, ci si sforza di crearne di
superflui. Ci si può allora chiedere, con ragione, se nonostante tutte le sue
conquiste, l’uomo non rivolga contro se stesso i risultati della sua attività.
Dopo aver affermato un necessario dominio sulla natura, non diventa ora schiavo
degli oggetti che produce?
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