10. La nascita di una civiltà
urbana, che accompagna la crescita della civiltà industriale, non è, infatti,
una vera sfida alla saggezza dell’uomo, alla sua capacità organizzativa, alla
sua immaginazione rispetto al futuro? Nel seno della società industriale,
l’urbanesimo sconvolge i modi di vita e le strutture abituali dell’esistenza:
la famiglia, il vicinato, i quadri stessi della comunità cristiana. L’uomo
sperimenta una nuova solitudine, non di fronte ad una natura ostile, per
dominare la quale ci sono voluti dei secoli, ma nella folla anonima che lo
circonda e in mezzo alla quale egli si sente come straniero. Tappa
indubbiamente irreversibile nello sviluppo delle società umane, l’urbanesimo
pone all’uomo difficili problemi: come dominarne la crescita, regolarne
l’organizzazione, ottenerne l’animazione per il bene di tutti? In questa
crescita disordinata nascono, infatti, nuovi proletariati. Essi si installano
nel cuore delle città, talora abbandonato dai ricchi; si accampano nelle
periferie, cintura di miseria che già assedia in una protesta ancora silenziosa
il lusso troppo sfacciato delle città consumistiche e sovente scialacquatrici.
Invece di favorire l’incontro fraterno e l’aiuto vicendevole, la città sviluppa
le discriminazioni e anche l’indifferenza; fomenta nuove forme di sfruttamento
e di dominio, dove certuni, speculando sulle necessità degli altri, traggono
profitti inammissibili. Dietro le facciate si celano molte miserie, ignote anche
ai più vicini; altre si ostentano dove intristisce la dignità dell’uomo:
delinquenza, criminalità, droga, erotismo.
11. Sono, in realtà, i più
deboli le vittime delle condizioni di vita disumanizzanti, che degradano le
coscienze e nuocciono all’istituzione familiare: la promiscuità degli alloggi
popolari rende impossibile un minimo di intimità; i giovani focolari attendono
invano un’abitazione decente e a prezzo accessibile, si demoralizzano e la loro
unità può anche trovarsi compromessa; i giovani fuggono da una casa troppo
esigua e cercano nella strada delle compensazioni e delle compagnie
incontrollabili. È un grave dovere dei responsabili cercare di dominare e di
orientare questo processo.
È urgente ricostruire, a misura della strada,
del quartiere, o del grande agglomerato, il tessuto sociale in cui l’uomo possa
soddisfare le esigenze della sua personalità. Centri di interesse e di cultura
devono essere creati o sviluppati a livello di comunità e di parrocchie, in
quelle diverse forme di associazione, circoli ricreativi, luoghi di riunione,
incontri spirituali comunitari, in cui ciascuno, sottraendosi all’isolamento,
ricreerà dei rapporti fraterni.
12. Costruire oggi la città,
luogo di esistenza degli uomini e delle loro dilatate comunità, creare nuovi
modi di contatto e di relazione, intravedere un’applicazione originale della
giustizia sociale, prendere la responsabilità di questo avvenire collettivo che
si annuncia difficile, è un compito al quale i cristiani devono partecipare.
Agli uomini ammassati in una promiscuità urbana che diviene intollerabile,
occorre portare un messaggio di speranza, attraverso una fraternità vissuta ed
una giustizia concreta. Che i cristiani, coscienti di questa nuova
responsabilità, non perdano coraggio davanti alla immensità della città senza
volto, ma si ricordino del profeta Giona, il quale percorse in lungo e in largo
Ninive, la grande città, per annunciarvi la buona novella della misericordia
divina, sostenuto nella sua debolezza dalla sola forza della parola di Dio
onnipotente. Nella bibbia, invero, la città è sovente il luogo del peccato e
dell’orgoglio: orgoglio di un uomo che si sente abbastanza sicuro per costruire
la sua vita senza Dio e persino per affermarsi potente contro di lui. Ma essa è
anche Gerusalemme, la città santa, il luogo dell’incontro con Dio, la promessa
della città che scende dall’alto.
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