Nella precedente generazione dei nostri padri l'Italia
era solita avvalersi in guerra, in difformità dall'antica usanza degli
antenati, non di cittadini, ma di soldati mercenari e di armi straniere. Questo
(se non mi inganno) avveniva per un accorto disegno, in quanto essi ritenevano
più conveniente opporre al furore delle armi uomini che si vendono e sono
d'infima condizione, anziché provare la fortuna della guerra con pericolo e
disagio dei cittadini. Forse volevano anche evitare che il soldato latino
usasse le armi per condurre la patria alla rovina. Il che, in verità, è
avvenuto. Infatti, poiché nemici assidui, mossi dalla speranza di vittoria e
dalla brama di preda, hanno taglieggiato in Italia popolazioni prospere e
pacifiche la gioventù italiana a poco a poco si è sentita attratta dal richiamo
delle armi. Essendo la gente italica fiera e nata per comandare subito sorsero
qua e là per tutta l'Italia innumerevoli condottieri, dotati di tanto coraggio
e superbi per la gloria di tante imprese, che ciascuno di loro non badava alla vittoria
e ai trionfi. ma principalmente al potere e non riteneva piena la vittoria se
non riusciva a tenere sotto la sua giurisdizione coloro che aveva superato.
Perciò, dal momento che questi ritengono bellissimo governare e le libere città
non servire a nessuno e, non trascurando nulla gli uni per acquisire il potere,
le altre per difendere la libertà, da una parte e dall'altra sorsero tante
discordie, che non solo gli uomini, ma anche gli dei se ne stupirono
moltissimo. Pertanto da Giove ottimo massimo, a cui sempre fu a cuore la pace
degli uomini, fu mandato Mercurio, messaggero degli dei, affinché chiedesse
cosa significassero tanti apparati militari in ogni parte d'Italia. Presi i
talari, il dio, volando verso le Alpi, si fermò in quel luogo da dove poteva
vedere Gallia e Etruria e qui depose i talari e lasciò l'aspetto divino per
mescolarsi meglio tra i mortali. Subito gli si accostarono le Nuvole e, fatta
corona, salutarono assai familiarmente il dio; di esse infatti era solito
servirsi Mercurio per le sue operazioni.
"Certo", disse Mercurio, "siete venute a
proposito; suppongo che potrete liberarmi dalle preoccupazioni con cui sono
venuto. Voi che, di grazia, sovrastate le città giorno e notte, ditemi la
ragione, poiché potete facilmente saperlo, per cui in ogni angolo gli uomini
impugnano tante armi?". Allora le nuvole: "Sappi, o Mercurio,"
dissero "che Plutone ha una figlia, probabilmente nota agli stessi dei, il
cui nome è Ambizione; il suo aspetto è così bello che la desiderano
ardentemente molti giovani nobili e non pochi patrizi. Ma la fanciulla è
mutevole e petulante e gode moltissimo di uno stuolo di corteggiatori e
promette a tutti, a suo capriccio, ciò che essi desiderano da lei. Perciò chi
spasima d'amore è sempre pronto a riverirla con ogni opera, cura, attenzione,
assiduità e ostacola e vanifica in tutti i modi possibili le speranze e le
attese dei rivali. Tra loro, quindi, sono nate liti, odio, risse; e a causa dei
conflitti di parte si è arrivati al punto che hanno deciso di scontrarsi in assetto
di guerra".
Mercurio, avendo compreso la situazione, disse:
"Veramente la donna è la rovina degli uomini; da essa sempre sono derivate
contese, dissidi e ogni calamità nelle cose pubbliche e private". E mentre
si accingeva a tornare da Giove, chiese se mai le nuvole volessero qualcosa da
lui. Allora le nuvole dissero: "O Mercurio, ci hai detto proprio quello
che ci aspettavamo. Infatti per la tua benignità verso di noi, come speriamo,
non rifiuterai di patrocinare una causa giusta e santa, e nient'affatto
difficile. Ti preghiamo e ti supplichiamo di farlo. Questo è l'oggetto della
causa. Sai, o Mercurio, che non siamo affatto di umile stirpe. Nate infatti e
dalla Terra e da Giunone, è, pensiamo, noto a tutti che siamo state di sicuro
generate da Febo. Quanto sia modesta e tranquilla la nostra vita non è
necessario dirtelo, essendo una cosa arcinota. E allora? Non è forse un'offesa
che i fuochi abbiano come dimora l'Etna e per re Vulcano e i venti riempiano
grandi e vari spazi e per molte contrade si aggirino sotto la guida di Nettuno
tanto che scorazzano per tutto l'etere, il mare, i monti e infine per tutta la
terra? Noi, invece, innocue, stabili nel nostro lavoro, non abbiamo l'onore di
un re, non siamo protette da leggi; anzi (condizione molto amara), sempre
raminghe e fuggiasche siamo agitate, tanto che non ci è mai consentito di
fermarci, mai di riposare in tranquillità. Sempre alimenteremo l'ombra con le
nostre lacrime? Noi forniamo la rugiada e il nutrimento ai semi, affinché
diventino maturi e dolci frutti, di cui si nutrono le vittime degli dei e gli
uomini, delizia dei celesti. I venti scalzano i fiori e con le inondazioni
sconvolgono il campo coperto di erbe; i fuochi devastano le messi mature. Non è
giusto trattenerti più a lungo con i nostri moniti, dal momento che sei saggio
e ci accorgiamo che hai fretta di ritornare da Giove. Ti preghiamo soltanto di
perorare questa causa della nostra salvezza e dignità, se la giudicherai onesta
e non indegna del tuo amore verso di noi. Ma vogliamo convincerti, o Mercurio,
che niente di più gradito può esserci dato da te quanto ottenere con la tua
collaborazione questo giusto favore che gli dei possono facilmente compiere.
Desideriamo l'onore di un re e il possesso di una patria dopo il lungo esilio,
per poter qualche volta venerare in pace gli dei con devota religiosità. Non
rifiutiamo nessuna sede e nessun re, purché dignitoso. Se grazie a te,
Mercurio, si realizzeranno, come speriamo, i nostri desideri, ti accorgerai che
saremo memori e riconoscenti del tuo benevole aiuto".
Allora Mercurio disse: "Voglio arrecarvi onori e
vantaggi; ma spetta a voi considerare se in questa faccenda vi giovi di più che
Mercurio sia avvocato delle nuvole presso i celesti o piuttosto consigliere di
Giove; con questi cercherò di orientare in modo per voi soddisfacente il senato
degli dei". Fu deciso allora che i messaggeri partissero assieme a
Mercurio. Raccontano che Giove corrugò la fronte per un po' dopo avere
ascoltato la loro perorazione e le loro richieste. Quindi dopo aver taciuto per
qualche istante pieno di pensieri, congedò i legati delle nuvole con questa
risposta: gli dei decidono che le nuvole abbiano un re e un regno a loro
scelta. Tuttavia per andare ancor più incontro ai desideri delle nuvole, senza
offesa per nessuno, delegava il compito di scegliere un re adatto agli dei e
degno di stima al parlamento delle nuvole. Stando così le cose, le fece riunire
in comizio, con la speranza di convincerle che da parte degli dei non sarebbero
mancate sedi e onori per il re proclamato.
Perciò da ogni contrada le nuvolette segretarie volano ad
accogliere le nubi nobili, grandissime e barbute, per indire i reali comizi.
Eccole, quindi, le candidate, dall'aspetto meditabondo, nobile, contegnoso;
ciascuna, reclamizzando i suoi disegni e i suoi programmi, era pronta ad
esercitare il potere e a promulgare le leggi. Erano inoltre piene di tanta
arroganza che, accantonate le solite bestie da tiro, si fecero trasportare da
animali più rari, dall'idra, dall'ippocentauro, dalla belva di Lerna e da
simili mostri. Affermano che al padre Febo fosse odiosa la boria e la superbia
delle nuvole; ed egli, non sopportando il loro sussiego, girò il viso, ma le
nuvole, quando giunsero a mucchi presso la cima, con insopportabile
ostentazione di dignità e di maestà, con voce grave e sonora, e tuttavia
soffocata e cupa, oppure sorda, si salutarono tra loro e appena furono ammesse
tutte le classi ai comizi centuriati, è incredibile a dirsi con quanta premura
ciascuna si precipitò a occupare tutti i seggi. Avresti potuto udir crescere la
loro voce grave e rauca, e dopo di ciò scoppiare in grandissimi clamori; quindi
per l'aspra contesa delle parti, si cominciò a ricorrere alla forza; le
candidate, in preda alla furia, posato il mantello sul braccio, usarono pietre
e fiaccole come armi. Non si può dire la paura che arrecò ai mortali e agli dei
il conflitto, il fragore e il fracasso dei contendenti. I fiumi si gonfiarono
per il sangue delle nuvole; i monti e i templi degli dei tremarono di sgomento
e di paura. Non c'è dubbio che anche gli dei restarono attoniti e sospesi come
se crollassero le fondamenta del cielo. Dicono che solo Giove con la fronte
placida e serena, emesso un sospiro, sorrise dopo tanto agitarsi delle nuvole e
a chi lo interrogava disse che non a caso aveva consigliato alle nuvole di
accordarsi tra di loro per l'elezione di un re. Sapeva che l'indole delle
nuvole è sconsiderata e malvagia e che, quando sono gonfie di superbia, con
gran boria e supponenza scelgono un comportamento capriccioso e volubile. Aveva
inconfutabile prova della loro sconsiderata arroganza, oltre che da altri
particolari, proprio del fatto che esse desideravano un re e una sede per il
loro regno. Se lo avessero ottenuto e avessero saputo orientare la forza, i
progetti, la volontà, i desideri al comune onore, non sarebbe stato senza
dubbio lontano il giorno in cui, nella loro illimitata tracotanza, avrebbero
tentato di assalire gli astri, la luna e lo stesso sole. La cosa più augurabile
era di stroncare la loro insolenza. Infatti coloro che hanno una parvenza di
virtù o di vizio facilmente si radunano tra loro; e vediamo con quanta
familiarità vivono insieme i beoni, i ghiottoni, i femminieri, i biscazzieri, i
ladri, i banditi, i sicari, gli assassini e altri scellerati di questa risma;
solo il superbo sdegna e odia il superbo simile a lui e chiunque al superbo è
meno fastidioso del superbo. L'indole dei superbi è tale che essi sono sempre
tra di loro molesti e ostili.
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