Si dice che non so quale filosofo di celebrata fama era
solito stupirsi della sciocchezza degli uomini, perché trascurano la maggior
parte delle cose che si mostrano con assoluta evidenza e che facilmente si
possono conoscere; mentre si sforzano di scrutare con tutto il loro zelo e la
loro sagacia quelle che la natura ha occultato e confinato in luoghi oscuri. E
vanno dicendo che costui così si lagnasse di questo comportamento: "Non la
smetteremo mai noi stolti uomini con la nostra molesta curiosità di scandagliare
la distesa del cielo e i moti degli astri e altri simili cose che anche la
natura conosce appena? E delle superiori qualità di un essere vivente rispetto
ad un altro essere vivente o dell'utilità che possono arrecarci per una
condotta di vita onesta e felice soprattutto coloro con cui trascorriamo la
nostra esistenza, non ci preoccupiamo minimamente? Quanti sono quelli che
interrogati su queste familiari faccende (metto da parte questioni più gravi),
possono dire con sufficiente chiarezza, secondo la loro competenza, quale utile
ricava l'uomo dal bue e dal cavallo? E forse questo vizio degli uomini non
deriva da altri fattori se non dal disprezzo per ciò che si aggira sotto il
nostro sguardo, per cui, mossi quasi da fastidio, non apprezziamo quel che ci
arreca vantaggio e andiamo infine ricercando ciò che con l'energia e
l'iniziativa dell'ingegno umano non è assolutamente possibile ottenere conforme
ai nostri voti". Dal momento che giustamente uomini accorti e dediti alla
conoscenza dei beni più alti hanno ritenuto opportuno dedicarsi all'esame
attento dei problemi domestici e familiari, per migliorare sull'esempio di
questi la loro condotta di vita, chi potrebbe disapprovare il nostro scrupolo,
se nella disamina dell'indole e del comportamento di creature tanto piccole
spenderemo un po' della nostra fatica durante il tempo libero e per un piacere
dell'intelligenza? Secondo me, non dovremmo essere del tutto disapprovati da
chi ama il sapere, poiché i nostri lettori comprenderanno che proprio la natura
ha voluto che le buone qualità del vivere non fossero appannaggio di una sola
specie e che da qualsiasi umile creatura derivasse qualche giovamento all'uomo.
Tuttavia la mosca, di cui parleremo molto in breve, vanta
grande prestigio tra gli alati per nobiltà di natali e antico fulgore degli
antenati; perciò non ci si può non stupire che gli antichi poeti hanno posto
tanta diligente fatica nel lodare le api senza prendersi cura della mosca. Ma
confrontando sia la nobiltà della loro stirpe, sia il loro comportamento e
infine tutta la loro condotta di vita, si scoprirebbe che per eccellenza e
prestigio le mosche sono molto più illustri delle api. Non nego che le api
discendano dalla figlia di Inaco, purché gli stessi poeti ammettano che le
mosche derivano dalla stirpe dei Centauri; il che, come si dice, viene
attestato dagli annali. E riguardo ai piccoli delle mosche si deve credere che
essi sono nati da Bellona o da altra stirpe bellicosa e invitta in quanto
appare evidente che la loro vita per un istinto naturale è regolata in buona
misura da un'antica e collaudata disciplina militare. Come dicono, infatti,
sono questi i fattori più importanti nell'attività militare: addestrare
l'esercito alla spontanea obbedienza; quindi, distendere pian piano la falange
in luoghi sicuri; terzo, porre l'esercito in una posizione adatta per assalire
il nemico e per resistere nelle avversità; chi potrà negare che le mosche sono
addestrate secondo le regole avite della loro antica famiglia. Intanto non c'è
nessuna mosca che non assolva al suo compito di veterano e alla sua funzione di
espertissimo comandante, ricavando le sue decisioni da nient'altro che dalla
sua accortezza e dalla sua sottile perspicacia, nonché dalle circostanze
ambientali e temporali. Per questo non sono guidate da un re o da uno sgherro
come gli sciami delle api-reclute, ma vanno vagabondando in libere schiere; e
ora si procurano il cibo, ora si raccolgono in drappelli, ora in gruppi più
consistenti, ora in coorti pretorie frastornando il nemico attirato negli agguati
e ingannato con incredibile abilità. I Geti, della gente di Marte, vengono
citati con grandi elogi dagli antichi per aver tentato di imitare le mosche.
Quanto grande sarà perciò la gloria delle mosche che hanno una conoscenza
straordinaria ed unica di questo tipo di combattimento? Le sole mosche sono
degne di essere celebrate con lodi militari per il loro assiduo e inveterato
esercizio delle armi. Ci sono stati nella storia dell'uomo accampamenti, grandi
o piccoli, tolti dai quartieri invernali, in cui un grande stuolo di mosche non
abbia prestato servizio tra le schiere dei cavalieri? Non è stata mai fatta una
razzia di greggi senza la partecipazione delle mosche. Le mosche non hanno
avuto mai simpatia per gli incendi di campi e le rovine di case, perché questi
sono indizio di crudeltà; e da ciò si può facilmente capire che le mosche, pur
passando tutta la loro vita in continui combattimenti e pur trovandosi dalla
parte dei vincitori, osservano le leggi dell'umanità e della pietà. Anche
questo precetto, conforme alle antiche tradizioni, viene rispettato dalle
mosche: riunirsi di notte prendendo alloggio nella parte più sicura della casa,
e badare a non combattere in condizioni sfavorevoli contro la furia della
natura, contro le tempeste, il freddo, la sete o qualche spietato nemico. Per
questo modo di fare chi ha lodato abbastanza, come meritano, la prudenza e
l'abilità militare delle mosche o, come è giusto, le imiterà? In nessun luogo
la mosca si accamperà, in nessun luogo fisserà la sua dimora, se prima non avrà
provato tre o quattro volte che lì può fermarsi al sicuro; un accorgimento
questo che Agesilao, Pirro e Fabio consideravano una delle primarie qualità
nell'attività militare. Ma perché aggiungere altro? Come credi che si
comporteranno nelle spedizioni pubbliche, se anche nei privati spostamenti, si
può vedere che esse intonano abitualmente un inno di guerra e dispongono ogni
loro attività a qualunque evenienza bellica? Raccontano che il musico Timoteo
con la cetra e con il canto chiamava di solito i signori dal banchetto alle
armi e dal campo di battaglia al banchetto. Ma la mosca, con la voce canora, da
lontano volteggiando in linea retta chiama in guerra lo stesso Marte; e sono
propenso a credere che le donne Spartane da essa hanno tratto il costume di
guidare il loro esercito cadenzandone il passo a suon di flauto. Oltre a questi
pregi, che fino ad ora ho esposto c'è da aggiungere il tipo di abbigliamento
identico a quello che i nostri antenati usavano nei templi e nei teatri per le
statue degli eroi e per i simulacri dei grandi dei. La mosca usa una corazza di
bronzo dorato e di vario colore e ali che pendono dalle spalle simili alla toga
dei Romani; e la nobile famiglia delle mosche ha derivato dagli antenati la
consolidata abitudine di non prendere neppure in provincia nuovi abiti; né le
fanciulle e le matrone hanno appreso ad aggirarsi come le Amazzoni con il petto
nudo. E si prova ammirazione ancor maggiore, se si guarda il loro viso; non si
può infatti facilmente distinguere se le mosche vanno più orgogliose della loro
umanità e mitezza piuttosto che della loro veemenza e della loro militare
insofferenza per le offese. Né la mosca mostra questo tipo di comportamento che
a molti altri guerrieri, e soprattutto allo sparviero, viene rimproverato: di
voler essere considerato spietatissimo nemico ostentando un cipiglio severo e
un naso adunco, e rostri acuminati e artigli di ferro; ma in campo aperto e
nelle spedizioni militari assai più vigliacco di quanto gli storici mostrino
che fossero i Galli al secondo assalto. Di quale forza infine la mosca sia
dotata si può dedurre oltre che da altri esempi anche da questo: i posteri
tramandano attraverso i loro scritti di aver visto un elefante abbattuto da una
mosca. E noi quante volte non abbiamo visto un toro formidabile tormentato per
tutto il bosco dal pungolo di una mosca? Le mosche, oltremodo valenti per la
loro forza e disciplina in ogni esercizio bellico, si vantano di avere meritato
il riconoscimento più alto, quello cioè di avere oltrepassato non solo nelle
altre virtù, ma soprattutto nell'innocenza le lodi mirabili dei loro antenati.
Taluni tributano grandi elogi all'avvoltoio e sostengono che sia l'uccello più
propizio, perché è l'unico animale completamente innocuo, che non ha
l'abitudine di aggredire nessuno e che rispetta tutte le opere della natura. Ma
la mosca non arreca durante la sua vita nessun danno, non compie furti e
rapine; non strappa dai fiori le ametiste, gli smeraldi, le ambre, le perle e
simili gemme cadute di notte dal cielo; e non ammassa in nascondigli, come le
api, una quantità di ricchezze per loro sproporzionate. La mosca passa la sua
vita alla luce: nelle adunanze degli uomini, nel, per così dire, teatro del
mondo; a nessuno molesta, per sé quieta, agli altri non invisa, non cerca mai
di compiere le sue azioni senza la presenza di uno spettatore. Banchetta
all'aperto; ed io sono propenso a credere che l'antico costume spartano di
cenare in pubblico sia stato inaugurato dalla mosca. La mosca è contenta di
poco e niente; non è corrotta dal lusso e dal fasto (infatti abbraccia e bacia
allo stesso modo il principe e il plebeo, il ricco e il povero, sfiorandoli con
le ali e applaudendoli) e nemmeno dall'invidia; né è sedotta dagli altri semi
di lite e dagli allettamenti delle discordie. Veramente degna è la vita delle
mosche! Banchettano insieme, insieme bevono senza risparmio, unendo le fronti
in segno d'amore, poiché sanno bene che il banchetto è figlio dell'amicizia. Ma
perché indugiare in queste cose? Non è sufficiente dimostrazione del reciproco
affetto e della benevolenza con cui stanno insieme il fatto che vediamo le
mosche affaticate volare per tutto il cielo sulle spalle di un'amica; per
questo solo titolo di pietà il poeta assicurò ad Enea una fama che va alle
stelle. Così serena è la convivenza delle mosche; così grande la tranquillità
del loro animo, che in tutta la storia non si trova una mosca uccisa da
un'altra mosca con il ferro, con il veleno, con il laccio, o con altro
strumento analogo, né che sia stata raggirata e ingannata; e fino ad oggi non
ci sono stati tra le mosche odi, rivalità, dissidi. Esse non scatenano guerre
civili, come le api, ingiustamente predilette dai poeti; e non troverai (come
tutti possono ricordare) che una mosca ha commesso nell'ira qualche misfatto,
mentre invece quasi tutti gli esseri viventi hanno arrecato qualche rovina e
lutto ai mortali. Per tralasciare il resto, leggiamo che le cavallette
devastarono i campi e vi lasciarono lo squallore e la completa rovina; e
leggiamo pure che le formiche provocarono la distruzione di città. Mite,
tranquilla, serena sarebbe la vita degli uomini se si comportassero come le
mosche! Non sarebbero infatti morti per mano di altri uomini tanti più uomini
che per ogni altro tipo di calamità; né il Trasimeno né Canne si sarebbero
riempiti di sangue umano; e i fiumi non si sarebbero fermati impediti dai
cadaveri, né, come dice il poeta, tante cose sarebbero rimaste sommerse dal
ferro, dalle fiamme, dalla triste favilla; e Cesare non si vanterebbe di avere
tolto di mezzo più di quattrocentomila uomini. Ma di questo altrove.
Chi può convenientemente ricordare quanto la mosca sia
adorna di tutte le altre doti dello spirito? Non mi farei scrupolo di dire, se
ben la conosco, che la mosca ha certamente insegnato i buoni costumi alle
scuole di tutti i filosofi e li ha istruiti nelle buone arti. Tralascio
l'innocenza, la mansuetudine, la mitezza d'animo, l'indole semplice e pacifica,
il modo di vivere tranquillo e sereno, tutte qualità in cui sappiamo la mosca
raggiunge l'eccellenza e che invece assai raramente troverai nei caratteri
guerrieri. Essa che è di forza soverchiante, e può a suo piacere essere senza
rischi arrogante, ritiene più importante essere amata per la sua giustizia e la
sua mitezza piuttosto che temuta per la sua fortuna e il suo prestigio. Queste
qualità sono più grandi di quanto, parlandone a questo punto, si possano
degnamente celebrare per l'insufficienza della nostra eloquenza. Chi non sa
quanto sono religiose le mosche? Furono mai esposte vivande in onore degli dei,
o fu mai fatto un sacrificio, a cui, come poteva, la mosca non abbia
partecipato? Per prime libano, per ultime si allontanano dagli altari; in
frotta si addensano per partecipare al rito, di notte con gli stessi dei
vegliano. Sono di una saggezza veramente straordinaria. Cosa si addice di più
ad una persona avveduta quanto capire per quale attività essa è particolarmente
disposta? Cosa si accorda di più con gli obblighi connessi alla scelta
rigorosamente effettuata, quanto dedicarsi anima e corpo a questa attività e
realizzarla con ogni cura e diligenza, tanto da rendersi conto di non averla
intrapresa, come si dice, senza il consenso di Minerva? La mosca, che ha capito
di essere nata per la ricerca e la conoscenza, che si è accorta di aver
ricevuto dalla natura degli occhi grandissimi per scrutare facilmente ciò che
si nasconde al di là del cielo e nelle più basse profondità e oltre ogni
confine delle terre e l'estremo orizzonte, in quale opera, guidata dalla natura
e assistita dall'operosità, si eserciterà di più quanto nell'ottenere con tutti
i suoi sforzi che nessuna cosa occulta sfugga alla sua ricerca? E se dicono che
un uomo, i cui occhi non sono che la ventesima parte della sua testa, vide dal
Pireo la flotta uscire dal porto di Cartagine, cosa non vede la mosca con i
suoi grandissimi occhi, cosa può sfuggire alla sua curiosità? La mosca ha
conosciuto le focacce che Circe offrì per mutare in mostri i suoi ospiti; sa
dove si nasconde Osiride tanto cercato; conosce i difetti del sedere di Elena e
ha palpato le parti recondite di Ganimede. Ha conosciuto, posandovisi sopra più
volte, l'austero sapore delle mammelle vizze e pendenti di Andromaca. E infine
la mosca, pur non ignorando nessuna cosa segreta, oh quale ammirevole e
incredibile virtù possiede! Dicono che Pompeo fu silenzioso e che altri neppure
con le torture sono stati indotti a denunciare i compagni di un'impresa; e
questa virtù esaltano con lodi degne quasi degli dei. Che dire della mosca che,
di tutti compagna, non ha mai rivelato le parole o le azioni di qualcuno; con
quali lodi la esalteremo? Abbiamo forse mai compiuto un'azione tanto di
nascosto, che la mosca non sia stata di essa testimone e spettatrice? E puoi
mai ricordarti di aver patito qualche danno per la lingua della mosca? Stanne
pur certo: da nessun vizio le mosche sono più aliene che dalla perfidia e
dall'infamia del delatore. Infatti fra tanti uomini e così frequenti crimini,
che sono ovunque e in ogni tempo commessi in sua presenza, la mosca del solo
Domiziano ha divulgato la delittuosa crudeltà, poiché l'offesa era veramente
atroce ed esigeva una vendetta. Ciò rese nemico il principe spietatissimo che
esercitava il suo sfrenato odio contro la famiglia delle mosche domestiche e
familiari, compagne della sua solitudine. E infatti chi avrebbe potuto a lungo
sopportare costui, che le perseguitava con uno stiletto appuntito come un
nemico della patria, perturbatore delle pubbliche leggi e dell'onore. Perciò
con la sola cosa con cui noi privati ci vendichiamo delle offese dei principi,
l'unica cosa che i principi non hanno imparato a non temere, con la cattiva
fama, la mosca ritenne giusto e santo vendicarsi di un uomo scelleratissimo,
approvata e confortata dalla legge più onorevole. La mosca divulgò infatti il
suo orrendo delitto, la sua crudele perversa indole, perché tutti lo sapessero
e la sua infamia venisse esecrata da tutto il mondo. E non lo fece
spontaneamente ma costretta: non restava infatti che vendicarsi di un principe
armato di tanti giannizzeri e d'altra parte non era possibile non sentire tante
e così atroci offese. Chi potrà accusare la mosca se in qualche modo vendicò le
offese patite con la diffusione di un occulto crimine? Sopportò l'altrui follia
e le furiose aggressioni di cui era oggetto, con misura e moderazione, nello
stile della sua abituale mitezza. La mosca non ha mai smesso di fare il suo
dovere per l'ostilità, la denigrazione, le dicerie, le calunnie dei malvagi.
Lodino pure non so quale filosofo perché ritornava a casa con lo stesso volto
con cui se ne era allontanato. Io sono pronto a giurare che la mosca è il solo
animale dotato di tanta serenità, che non è stato visto né ridere né piangere
né corrugare le ciglia né distendere la fronte sia nelle avversità che nelle
circostanze fortunate. Sempre eguale è l'atteggiamento del suo volto, sia in
casa che nei luoghi pubblici e sempre eguale si presenta la mosca. Che dire
della raffinatezza dell'ingegno e dei nobili studi in cui le mosche si
esercitano? La famiglia delle mosche ha insegnato agli antichi Pitagorici molte
delle più nobili arti. I Pitagorici chiamarono musica da mosca le articolazioni
della voce e la modulazione del canto, di cui erano particolarmente
appassionati, affinché i posteri capissero che essi ben si ricordavano del
beneficio ricevuto. Infatti, facendo echeggiare in profondità l'ampolla
dell'olio o l'orcio per il vino essa produsse le prime note gravi, ben note ai
musicisti, il do e il re e, volteggiando nel cielo, lontano e vicino, fece
risuonare le note acute, il sol e il la, mentre le note medie, che sono
piuttosto cupe e lugubri, formò impigliata nella tela del ragno. Dunque,
giustamente, Pitagora ringraziò la famiglia delle mosche, consegnando ai
posteri il nome dell'inventore di un'arte tanto illustre. Si può negare che gli
astronomi siano saliti in cielo e fra le stelle sulle ali delle mosche? Dalle
ali delle mosche ricoperte di berillo e di diamante i geometri scoprirono le
forme di tutte le figure; ed anzi dicono che da esse l'astronomo Tolomeo derivò
il suo Atlante; e raccontano che stanno bellamente dipinte sulle ali delle
mosche il Gange, il Danubio, il Nilo, il Po e altri fiumi ed ancora da quali
monti essi nascono per andare in mare e quali paesi essi attraversano. Alcuni
sostengono che si possono scorgere su di esse le piramidi d'Egitto e il tempio
di Eleusi. Devo ammettere che io non ho bene individuato così importanti
soggetti. Non nascondo di aver talvolta scorto il mar Caspio e quello d'Azov e
l'Elicona quando le onde si increspano sotto il raggio del sole. Ed inoltre
concordo senza difficoltà (e mi sembra verisimile quel che è stato tramandato)
che Pitagora non fece, come scrivono critici ignoranti, il sacrificio di
un'ecatombe alle Muse, ma alle mosche, di un'ecatombe, dico, alle mosche,
perché aveva trovato sulle loro ali quella straordinaria figura geometrica: la
misura dell'altezza di tutti i poligoni.
Mi vengono in mente, mentre parlo, lodi così grandi, così
svariate, così inaudite, che mi accorgo della necessità di un'eloquenza
maggiore della mia per poterle illustrare. Frattanto, come sempre avviene per
tutti gli spiriti più elevati, le mosche sono tanto odiate dalla folla degli
ignoranti, che temo di attirarmi solo l'odio di tutti gli invidiosi, se con più
cura elencherò ad una ad una, secondo le mie capacità, le qualità delle mosche.
Io infatti conosco, non senza danno per il mio stato, il potere dell'invidia,
il massimo dei mali tra gli uomini; e pertanto ritengo giusto tralasciare molti
particolari, sia perché non ho fiducia nel mio ingegno, sia perché ho paura
dell'invidia. E penso che non si debba ignorare, per capire l'indegnità della
cosa, quello che molti detrattori dicono nei trivii riscuotendo l'approvazione
del volgo: che la mosca, arrogante e superficiale, è un animale ingordo: non
c'è niente che non sia la prima a succhiare; e spesso annega nello stesso
bicchiere dove ha bevuto con avidità; che, abituata ad assalire re e dei, paga
il fio dei suoi misfatti ad opera del ragno vendicatore. Noi combatteremo
queste calunnie non con la grazia del nostro eloquio ‑ infatti rozzo e
non argomentato è questo nostro discorso ‑ ma con la stessa verità, e,
perciò, ve ne prego, o dotti, leggete attentamente con il medesimo piacere che
avete avuto fin qui come concluderò, con proprietà e stringatezza, la mia
trattazione.
Voi, o malvagi detrattori, con tanta sconsideratezza
ritenete una ragione di biasimo per le mosche quello che i dotti riconoscono
come un motivo di lode per tutti gli uomini illustri? È lodato Platone, sono
lodati pure non pochi altri uomini dediti allo studio delle lettere e della
filosofia, perché hanno affrontato lunghi viaggi desiderosi di conoscere tutto
quello di cui, in qualsiasi luogo, si sono occupati gli uomini. Voi, nella
vostra stolta malvagità, detestate la solerzia delle mosche, perché con il loro
proposito di ricerca filosofica non vi permettono in nessun momento di restare
oziosi? O pigri e lenti, che a stento anche con il pungolo la mosca riesce a
spingere all'azione, imparate i buoni costumi dalla solerte mosca, maestra di
virtù! La mosca non sta mai in ozio e stimola, come può, i pigri al loro
compito. Ci si deve una buona volta ravvedere di condurre una vita fiacca e
immersa nel sonno; è necessario imitare la mosca, che durante il giorno non
abbandona mai l'esercizio della virtù e passa gran parte della notte insonne,
libera dagli impegni del foro, meditando sui massimi sistemi; ed essa, di
notte, per vegliare più a proprio agio guardando il cielo pende dal soffitto e
dall'orlo del camino con i piedi appoggiati all'indietro. E senza rammarico
imitiamo chi è stato imitato anche dagli uomini sommi. Tramandano che il
filosofo Aristotele reggeva degli oggetti con la mano distesa sopra un catino
per essere ridestato dal rumore della loro caduta se veniva colto dal sonno!
Grandi sono i meriti della mosca che viene imitata dai grandi uomini. Dicono
che la mosca sia ingorda e vorace. Ma mi venga un accidente, se c'è tra i
mortali un altro essere vivente che ha la gola più serrata dalla parsimonia; si
ciba la mosca di legumi cotti e crudi; né ho mai conosciuto una mosca che ha
litigato con il vivandiere e con il cuoco. Le rimproverano di immergersi nelle
coppe. Ma sarebbe lungo ricordare tutti quelli che sono venuti a mancare
durante le cene; si fa il nome di molti patrizi, pretori, consoli e uomini di
analogo rango, che sono venuti a mancare tra le pietanze e i calici. Ma cosa
facciamo? Non comprendiamo che la particolare e quasi divina natura delle
mosche è tale che, per le loro assidue ricerche filosofiche e per la scrupolosa
investigazione dei segreti delle cose, esse sono talvolta esposte ai pericoli,
spinte dalla loro curiosità e dalla loro sete di conoscenza. Afraino sosteneva
che la scienza è figlia della memoria e della pratica. Deve di certo
scandagliare molti campi del sapere chi, lasciando il gregge della folla, si
dedica alla speculazione filosofica. Leggiamo che il famoso scienziato Plinio,
autore di un trattato su tutti gli aspetti della natura, per la sua brama di
ricercare fu inghiottito dal magma dell'Etna in eruzione e precipitò dalla sua
cima nella sterminata fenditura del monte. Non viene tuttavia biasimato
quest'uomo diligente, attivo, arso dal desiderio di apprendere più di quanto
non arda il monte Etna. Rimproverano alla mosca di essere attratta dal piacere
della conoscenza. Gli scienziati dicono che il latte sia sangue non fermentato
e l'illustre scienziato Androcide scrisse che il vino è sangue della terra; la
mosca con i suoi assaggi sa bene che non è così e degusta con attenzione il
sapore del chimo che molti fiori secernono e che si trova mescolato e confuso.
Esaltano il matematico Archimede di Siracusa, che, mentre la patria rovinava,
neppure in mezzo al fracasso delle armi nemiche poté essere distolto dalla
ricerca dei segreti della natura. E così grande è l'odio verso la mosca che,
secondo alcuni, essa riceve dagli dei il meritato castigo morendo in servitù
impigliata nella sua opera di ricerca oppure catturata dai lacci del ragno.
Furono servi molti grandi filosofi e non pochi poeti. Chi dovrebbe avere il
coraggio di proclamarsi libero, se non chi non è schiavo di nessun vizio? Ma di
questo parlerò altrove. Io sono convinto, qualunque obiezione vogliono fare i
malvagi, che tutti i pericoli da cui è minacciata la mosca derivino dal suo
ardente desiderio di virtù. La mosca desidera conoscere, oltre ad altre cose,
anche il significato delle opere di Aragne, chiaramente tese contro di lei. C'è
da stupirsi se, incauta e tutta volta all'esercizio della virtù, la mosca è
presa nella trappola dell'astuto ragno dotto in tutte le arti marziali,
sopraffatto in un'iniqua contesa? Molti, anche dei più abili comandanti, sono
stati attirati negli agguati; ma non credi che anche le misere circostanze
della morte confermino i grandissimi meriti della mosca? Il ragno usa lunghe
aste sabine e sa lanciare i suoi lacci meglio di Alano che nel campo di
battaglia afferrò con un laccio Tiriade re dell'Armenia; e tuttavia, dal suo
nascondiglio, non osa intraprendere il duello che ha preparato prima di vedere
nella sua postazione il nemico impacciato e ben legato. E con tanta crudeltà
questa belva suole esercitare la furia omicida contro l'innocua famiglia delle
mosche che mai, commossa dalle preghiere, ha liberato le prigioniere. Con il
suo canto Arione indusse alla pietà i pesci, creature feroci e crudeli, e con
l'aiuto dei pesci ottenne la salvezza. La mosca, che ha inventato l'armonia del
canto, non può trovare pietà nella crudelissima Aragne, per quanto cerchi di
spezzarne il cuore cantando. Che se mai, anche una sola volta, ritornata in
patria, ci avesse potuto informare dei torti patiti, chiamo a testimoni gli dei
infernali e celesti protettori delle mosche che il ragno con suo gran danno
sarebbe stato affrontato da tutte le mosche che ci sono sulla terra, come da
altrettanti Scipioni e Cesari.
Mi sembra di aver detto abbastanza delle mosche. Ho detto
del loro aspetto, del loro ingegno, della loro disciplina, delle virtù di cui
sono dotate e ornate. Si potrebbero citare ancora molti altri detti e fatti
delle mosche degni di essere ricordati. Si dovrebbero forse discutere molti
particolari relativi alla natura delle mosche, la cui forza è straordinaria
nell'esecuzione di varie imprese; ad esempio, se la famiglia delle mosche ha
l'intenzione o la capacità di condurre fino alle spiagge dell'Oceano e alle
colonne d'Ercole il colosso di Rodi, cosa che rinomati architetti ritengono
nelle possibilità della mosca. E in verità io, che di tali cose talvolta mi
diletto, ho scoperto che le mosche potrebbero trasportare il monte Caucaso e il
monte Tauro e il monte Caspio sopra le isole Baleari; ma non basta il tempo
della loro vita; affinché non facciano quest'opera contraria alle leggi di
natura, Proserpina ha dato alla famiglia delle mosche rapida e immatura morte.
Dovrei aggiungere un epilogo e in esso diffondermi in
grandi espressioni di cordoglio (non potrei ricorrere all'amplificazione per
l'importanza dell'argomento); ma con i loro continui baci una gran quantità di
mosche che viene a congratularsi con chi ha descritto i loro meriti mi
impedisce di farlo. Abbiamo scritto ridendo e voi ridete.
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