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La dea Virtù, turbata dalla
petulanza di un simile mostro, considerava che quasi tutti i grandi
chiacchieroni hanno la caratteristica inveterata di lasciar perdere subito le
storie vecchie, pur di averne di nuove per sproloquiare, e si ricordava che
essi sono felicissimi delle voci dell'ultima ora, di qualunque provenienza, e
di metter via le storie già note per afferrare materia di pettegolezzo più
fresca. Allora la saggia dea esclamò: «Vattene alla malora, Fama, visto che non
la fai mai finita di far chiacchiere, e cercati da un'altra parte altre favole
da raccontare!». Così dicendo, buttò fuori il mostro per la stessa finestra
dov'era passato Momo per fare il colpo. Fama allora, non appena le membra
liberate glielo permisero, distese subito le braccia e cominciò ad agitarsi e a
star sospesa su in aria svolazzando, poi imparò ad un tratto a volare a una
velocità che non teme confronti, né con la luce e l'ombra, né con lo sguardo e nemmeno
con la forza del pensiero. Si racconta che Fama sorvolò in un attimo solo le
pianure di Maratona e di Leuttra, Salamina e le Termopili, Canne e il
Trasimeno, le Forche Caudine, gli scogli di Scilla e i massi scagliati dal
Ciclope, il bosco Idalio, Cadice sacra ad Ercole, Birsa e Tala, il polo
d'Atlante e il luogo dove Aurora frena i bianchi cavalli di Febo, e poi quello
dove il sole ribolle immerso nell'oceano glaciale: tutti questi luoghi, e molti
altri ancora, ripeto, in un attimo solo! Per di più, con quella sua ardente
passione di vedere, ascoltare e riferire, non c'era luogo, per quanto fuori
mano, nascosto e coperto di nebbia, che la dea Fama non si mettesse ad
osservare ed a spiare senza sosta per poi renderlo noto a tutti con
instancabile precisione: solo lei poteva fare una faticaccia simile!
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