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Momo, osservando quel malanno
disgustoso che aveva fatto nascere, sulle prime aveva cominciato a sospettare
che avrebbe avuto dei guai con gli dèi. Gli tornava in mente che razza di
delitto aveva commesso nel tempio, violando ogni sacra norma divina e umana. Lo
preoccupava anche il pensiero di essersi messo contro, con l'impudenza di quel
delitto passionale, proprio la dea che rappresentava i suoi interessi tra i
celesti, e temeva che grazie a tutta quella pubblicità fatta da Fama l'autorità
e la maestà dei grandi dèi avrebbero acquistato popolarità in mezzo agli
uomini, e quindi le masse credulone avrebbero preso l'abitudine di rispettare e
venerare gli dèi. Aveva però anche motivi d'esser contento, perché si rendeva
conto che Fama si divertiva a passare in rassegna non solo le altrui azioni
meritevoli, ma anche e soprattutto quelle disoneste, e aveva osservato come gli
uomini abbiano la tendenza a scandalizzarsi per le azioni che non hanno tutta
l'apparenza della correttezza più di quanto non li commuovano quelle giuste e
pie; ricordava poi un'altra caratteristica degli uomini: sospettano sempre di
chi esprime giudizi positivi, anche se è una persona seria, e invece danno il
massimo credito ai denigratori più superficiali; hanno meno piacere ad
ascoltare il racconto di azioni encomiabili, di quanto gliene procurino le
calunnie degli sciagurati; fanno passare per buona e con tanto di prove
qualsiasi calunnia, mentre hanno sempre qualcosa da togliere ai giudizi
positivi, per sminuirne il valore. Oltre tutto, davanti al più piccolo neo, al
minimo sospetto di colpa non hanno più la minima considerazione per la
meravigliosa e divina bellezza dell'animo, dell'intelligenza, del carattere umano
e della sua onorabilità. Alla luce di queste considerazioni, Momo era sicuro
che le chiacchiere di Fama avrebbero danneggiato seriamente la reputazione
divina tra i mortali, dato che non c'è quasi nessun dio che non si ritrovi in
casa qualche buon motivo di vergogna. Del resto, per la faccenda della ragazza
violentata nel tempio, pensava che non sarebbe stato difficile giustificarsi
davanti a Giove per uno come lui, che ammetteva d'aver agito in preda alla
passione d'amore, imitando, com'era evidente, il padre degli uomini e re degli
dèi.
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