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A queste parole di Momo Pallade ‑
le donne, si sa, son sempre disposte a pensar male e a intendere nel senso
peggiore, sempre pronte a far danno ‑ fece delle considerazioni ben più
profonde di quanto non lasciasse trapelare alcun segno esteriore. Riflettendo
in silenzio nel profondo del cuore sull'indole disonesta di Momo, pensava che
non era affatto conveniente agli interessi di Giove e dei celesti dare ampia
facoltà di gestire affari della massima importanza a uno sciagurato come
quello, memore senza dubbio dell'antica offesa e dispostissimo a ogni sorta di
audacia, nella sua inveterata abitudine al male. I ragionamenti che faceva la
spinsero infine a porsi questo problema: «Noi dèi abbiamo resistito a stento a
questo progenitore di mostri finché era indebolito dall'esilio e abbattuto
dalle disgrazie. E ora ce la faremo a resistergli senza correre rischi, ora che
è nel pieno dei suoi poteri, rafforzato dalle concessioni dei celesti? C'è una
bella differenza tra tener sotto controllo la furia di Momo facendogli balenare
la prospettiva del premio divino, e provocare l'occasione per sovreccitare
ancor più un tipo sempre pronto al delitto! Chi, dopo aver subito ingiustizie,
l'esilio per giunta, chi vuoi che non desideri che gli si offra l'occasione per
rivalersi? E chi è che, desideroso di rivalersi, non metterebbe mano a
qualunque cosa, quando gliene abbiano messo di fronte la speranza e la
possibilità?».
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