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Leon Battista Alberti Momo o Del Principe IntraText CT - Lettura del testo |
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-22-Mentre faceva questo racconto a voce bassa e accorata, triste in viso, Momo si sentiva soddisfatto soprattutto perché si rendeva conto chiaramente che tutti gli dèi, Giove in particolare, erano scossi dalla sottile abilità del suo discorso. Vedeva infatti che Giove era ammutolito e batteva nervosamente le dita di nascosto sulla tavola imbandita, perciò esultava di gioia dentro di sé. Ercole intuì la cosa e disse sorridendo: «Mi faccio forte di quello che hai detto, caro Momo, perché tu non te la prenda se anch'io desidero in qualche modo che la causa degli uomini non sia del tutto abbandonata davanti a Giove»; poi, rivolto a Giove: «Bisogna certo essere indulgenti, o Giove, con gli uomini per un errore, soprattutto se si tien conto che si sono ingannati nei riguardi di Momo che non conoscevano affatto, mentre anche qui tra gli dèi Momo si comporta in modo tale che non è facile conoscerlo, e potrebbe sembrare del tutto diverso da quel che è. Ma bisogna anche stare attenti a che nessuno la sappia troppo lunga, volendo procurare inconvenienti e danni agli altri, o sia più abile nell'arte di ingannare di quanto non si convenga alle persone buone, quelle che hanno una faccia sola! Quanto sia potente l'eloquenza degli uomini si può capire chiaramente proprio da Momo, che è tornato al cielo dalle università umane preparatissimo nella scienza squisita e ricercata della persuasione. Ma è evidente quali impressioni debba aver Giove ottimo e massimo sul discorso di Momo e sull'intera questione; cosa invece gli tocchi decidere, lo vedranno altri. Però tu, Momo, vorrei che riflettessi su una cosa: ti pare che un banchetto sia il luogo e l'occasione adatta per metterti a discutere di cose così poco amene, come se stessi sostenendo una causa per un delitto di sangue? Dove volevi arrivare, Momo? A suscitare intolleranza per i filosofi e le persone di cultura, oppure a provocare gli dèi coi tuoi discorsi ironici? Ma noi, o dèi del cielo, commossi dall'orazione così ampia e accurata di Momo, cosa faremo? Ci faremo sfuggire proprio quel che è necessario ricordare, cioè che da che mondo è mondo ci sono sempre state diversità di opinioni, varietà di passioni di parte e dispute a vuoto? Ma di' un po' tu, Momo, il più austero degli dèi: vorrai negare che a questi circoli di intellettuali contro i quali ti sei scagliato con tanta acrimonia si è sempre collegata una continua ricerca del vero e del bene? Vorrai negare che si deve all'influsso dei filosofi se il genere umano non è all'oscuro di sé e del proprio destino? Non verrò certo meno alla mia funzione, Momo, se replico alla tua provocazione. Quando mai s'è visto sulla terra uno tanto presuntuoso da credersi degno della grandezza e della maestà dei grandissimi dèi? Chi non si riterrebbe quasi indegno di tanti beni ricevuti dagli dèi? Chi sarà così insensato, così sconvolto dalla follia da non ammettere con sicurezza che sono stati concessi agli uomini per somma grazia divina, anzi derivano direttamente dalla mente e dalla ragione divina tutti i beni più luminosi ed elevati, il pensiero, la ragione, l'intelligenza, la memoria e altri che sarebbe lungo elencare? Le persone colte, educate nelle università e nelle biblioteche, non in mezzo a vagabondi e ubriaconi, hanno operato in modo che gli uomini riconoscessero chiaramente tutti questi beni, coi loro discorsi, i loro saggi consigli, la loro capacità di persuadere, facendo vedere cos'è giusto, cos'è conveniente, cos'è necessario, senza andare in cerca del successo, senza ridere degli afflitti o irritare i rattristati; gli intellettuali, ripeto, con i loro ragionamenti accuratamente meditati ed argomentati hanno permesso che fosse reso onore agli dèi, si osservassero le cerimonie religiose e si avesse rispetto per i sentimenti di devozione e per la virtù. E hanno agito così per rendere migliori gli altri, non per procurarsi una gloria inconsistente: ma ammettiamo pure che essi si siano assunti il peso di affrontare lunghe veglie, fatiche, tanti argomenti difficili ed ardui con tutta quella diligente attenzione per impulso del desiderio di gloria: chi fra tutti gli dèi potrebbe prendersela con loro per questo, tranne te solo, Momo? Chi fra tutti gli dèi tranne te solo, Momo, non ammetterebbe che si sono comportati lodevolmente? Chi tranne te solo, Momo, non direbbe che li si deve ringraziare, amare, aiutare e difendere? Non è nostro dovere, o dèi del cielo, dare un caloroso appoggio a persone che venerano e rispettano gli dèi, chiunque esse siano, provvedere alla loro salvezza, sostenere la loro causa e tutti i loro interessi? E Momo, col suo grande attaccamento alla causa divina, vorrebbe odiare proprio costoro, ai quali si devono tante cose degne e ben accette, grazie ai quali siamo creduti dèi e venerati, per giunta con il consenso celeste e senza provocare reazioni! È questo l'impegno appassionato con cui hai imparato a servire gli interessi degli dèi, Momo, se con tutti i tuoi giri di parole cerchi di esporre all'odio dei celesti proprio chi laggiù sulla terra s'è dato tanto da fare per mettere in piedi il culto, la venerazione, le preghiere verso noi dèi? Se tu non lo sai, Momo, i filosofi, ripeto, i filosofi sono gli unici esseri umani dai quali gli dèi abbiano ricevuto ‑ e non possono metterlo in dubbio - il migliore sostegno all'affermazione solenne della loro maestà e del loro potere, e a costoro i celesti sono debitori di ogni atto di giustizia, come sono pronti a riconoscere. E i celesti amano quella consorteria di studiosi, Momo; ben più di quanto non desiderino mandarla a fondo spinti dalle tue parole, desiderano che essi non siano i più infelici, ed è giusto così, in quanto costoro col metodo razionale hanno ottenuto l'effetto che non esiste un uomo che non senta ed ammetta la forza e la sacra potenza degli dèi, e non si adegui a una vita ispirata ai principi morali. Non vorrei però che tu, Giove, credessi che il nostro amico Momo, il dio più simpatico, ce l'abbia col genere umano al punto di odiarlo, forse perché ha fatto arrivare in mezzo ai celesti qualcuno di origine mortale. E io, dio di fresca nomina, posso ben dirlo: devo moltissimo a Momo per aver dato ordine a sua figlia di tirarmi su da voi. Devo elogiarti, Momo ‑ se intendo bene la tua disposizione d'animo riguardo ai mortali ‑ perché consigli Giove di tener conto della propria clemenza più che degli oltraggi altrui, se si deve prendere per oltraggio un'azione commessa da uomini precipitosi. Perciò, se non mi sbaglio, Momo intendeva dire questo: una volta che sei andato in collera con gli stolti, è tuo dovere mostrare ogni amorosa beneficenza ai saggi e ai benemeriti degli dèi. Quando Giove vorrà agire così, celesti ottimi, chi amerà, chi esalterà, chi giudicherà degni del cielo? Quelli che creano sempre scompiglio, incapaci di pensare o di far niente in modo sereno e tranquillo, o piuttosto coloro ai quali un sistema di vita saldamente regolato dalla virtù, e non dalla disonestà degli scapestrati, ha mostrato la via d'accesso alla grazia e alla benevolenza di Giove e degli dèi? Colui che si è applicato con passione, diligenza, operosità, fatiche e pericoli a moltissime ricerche, e molte verità ha scoperto, senza trascurare un solo particolare, su ciò che è utile ai bisogni vitali, al bene e beato vivere e alla serena tranquillità, su ciò che porta alla conservazione, al miglioramento e al prestigio nelle faccende pubbliche e private, su tutto quanto può servire alla conoscenza divina, al timor di dio e al rispetto della religione!». |
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