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Questo discorso di Ercole a Momo
fu troncato, e gli animi già preparati a prender parte alla polemica furono
distratti dal frastuono che si udì improvvisamente venire dall'entrata del
cielo. Tutti, posati i calici, corsero a vedere di che si trattava, e con gran
meraviglia si videro di fronte un enorme arco di trionfo di tutti i colori.
L'aveva tirato su Giunone, rivestendolo con l'oro fuso delle offerte votive; la
struttura della costruzione e le decorazioni erano talmente notevoli che i
migliori architetti del cielo avevano negato la possibilità della sua
realizzazione, e tutti i pittori e i cesellatori dovevano ammettere che le foro
capacità tecniche erano state superate in quelle opere di rivestimento.
Guardando in un'altra direzione, gli dèi dovettero poi domandarsi con
meraviglia ancor più grande che significava quella folla laggiù di dèi massimi
che sbraitavano tra loro e correvano sul sentiero di guerra in direzione della
reggia del cielo. Stavano perciò in sospeso, con gli occhi in una direzione e
le orecchie nell'altra, l'animo in ansia da tutt'e due i lati. Li scosse ancor
più il fatto che erano appena arrivati sul posto quando quell'immensa costruzione
per cui era stato buttato tanto materiale prezioso vacillò e cadde: il rumore
fragoroso andò a ripercuotersi sulla volta del cielo e questa, siccome è di
bronzo, lo fece riecheggiare con un immenso boato, per cui gli intenditori di
musica, con parola derivante dal tintinnio metallico che risuona da una cassa
armonica, diedero il nome di Tinide a quell'opera fragile ed effimera di
Giunone, perché ne restasse memoria tra i posteri; essa però fu comunemente
chiamata in seguito Iride per la corruzione del termine. Giove e gli altri
celesti, dal canto loro, ebbero l'ennesima occasione di osservare quanto siano
sconsiderati e del tutto inetti i ragionamenti e le intenzioni delle donne in
qualunque faccenda; e poco dopo in seguito a quel fatto poterono vedere con
chiarezza che le iniziative delle donne hanno sempre la tendenza a provocare
motivi di discordia e di litigio. Infatti, anche se gli dèi appena arrivati di
corsa avevano già qualche ragione di non essere precisamente unanimi e
concordi, quella trovata originale di Giunone non aveva fatto altro che
eccitare l'animosità e le tensioni, riportando a galla le vecchie rivalità.
Quando ebbero esposto a Giove le loro ragioni, questi si rivolse ad Ercole,
dicendo con animo fortemente turbato: «Ecco quanto costa esser principi! Perché
gli uomini si lamentano di non aver mai un'ora uguale all'altra e che tutto gli
va storto? Anche noi, dèi e principi dell'universo, non riusciremo mai a
concludere una sola cena senza seccature! Con che cosa me la devo prendere? Con
le ambizioni fuori luogo e i folli desideri di questi qua, o piuttosto con la
mia negligente arrendevolezza, grazie alla quale, oltre a pensare che tutto gli
sia permesso per mezzo mio, a volte gli salta anche il ticchio di farneticare
un po' troppo? Preferirei essere tutto quello che vuoi piuttosto che un
principe, fin tanto che i tuoi sudditi, per i cui interessi perdi il sonno,
cercando la loro tranquillità, mettendo in secondo piano le fatiche che fai,
non si ricordano mai dei benefici ricevuti né dei loro doveri verso di te, e
non la smettono un istante di rompere le scatole con richieste futili e ogni
sorta di raccomandazioni insistenti! Sempre, scocciatura che non siete altro,
sempre vi ostinerete a cercare nuovi pretesti per venire a litigare davanti a
me? Quante volte ho appianato i vostri diverbi, trattenendovi dalle male parole
e dalle legnate, e vi ho fatto rinsavire! Quante volte ho dovuto sedare questi
casini che combiniamo! Una volta Vulcano ce l'aveva con Teti (son tutte storie
vecchie, le vostre!) perché offuscava e cancellava del tutto la luce e lo
splendore della sua dignità. Diana e gli dèi Silvani ce l'avevano con Vulcano
perché attaccando con la sua furia selvaggia devastava le loro dimore amene e
appartate. Con questi ce l'aveva Eolo, perché spezzavano le ali e strappavano
le piume a Zefiro, a Noto, agli Austri, agli Aquiloni e a tutti gli altri suoi
compagni di battaglia per andarle a mettere ai mostri scolpiti sulle navi.
Nettuno ce l'aveva con Eolo perché agitava ogni cosa, sconvolgendo fino in
fondo la calma e l'uniformità delle sue regioni. Teti a sua volta se la
prendeva con Nettuno per l'empia ospitalità che le aveva dato, violando
addirittura il fiore puro e illibato della sua verginità. Anche adesso è
saltata fuori nuova materia di litigi e rancori: Nettuno accusa Giunone di aver
scaricato per sfregio sopra il suo altare la spazzatura dei voti e il materiale
di scarto della costruzione. Cerere non vuole che vengano buttati sul suo
terreno; e anche Vulcano dice di non aver spazio per poterseli tenere nelle sue
officine; e le lamentele, il malcontento e i litigi di questa gente senza il
senso del limite vengono portati tutti davanti a me! Io do ascolto con la
massima pazienza a questi farneticanti, ed essi non la finiscono di approfittarne,
senza nessun riguardo. Che razza di faccia tosta è questa? Non la finirete mai
di stuzzicarvi a vicenda con i vostri pettegolezzi, e di rompermi le scatole in
continuazione? Va bene che vi mettete a fare i matti proprio a causa della mia
pazienza, ma dovreste vergognarvi una buona volta di avere di me un'idea così
sfacciatamente bassa! Non è il colmo della faccia tosta voler scaricare sullo
stomaco del principe tutto ciò che non si sopporta di tenersi appresso? Non
vogliono che i voti degli uomini siano messi a casa loro: non c'è altro posto
dove metterli: allora si corre da me e si chiede che li porti via io di qua e
di là! Che significa? Che altro è se non pretendere di andare a scaricare nella
sala da pranzo reale tutto quel che non gli piace, gli sembra una porcheria e
non vogliono prendersi, con tutto quello spazio vuoto che hanno a disposizione!
Povero me, se dovessi acconsentire a questi svergognati; disgraziato che sono,
se mi tocca comandare su gente che non ha alcun rispetto per il principe, nessun
senso della misura e della decenza! Io credevo che, avendo messo tutto a posto
con gran precisione, e distribuiti i posti di potere in base alla dignità,
sarei rimasto finalmente libero soprattutto da queste seccature. E ora non solo
i celesti, ma (cosa ci tocca sopportare!) pure gli ometti ci si mettono, per
ostacolare i progetti di Giove ottimo massimo, principe dell'universo e re
degli dèi. Ma perché mi devo arrabbiare con questa singolare sciagura vivente,
per non dir uomini? È chiaro che è tutta colpa della mia disponibilità:
desiderando accontentare tutti di mia iniziativa, ho finito per autorizzare
l'arroganza di tutti verso di me. Avevo dato ai mortali molto di più di quanto
gli fosse lecito sperare, proprio per addolcire quella loro incorreggibile
testa dura con l'ammirazione per le nostre grazie divine, cercando di spingerli
a giudicarci bene a forza di benefici. All'inizio gli avevo dato la primavera,
così dolce e profumata, con tutta quell'abbondanza inesauribile di fiori! E
quelli espressero il desiderio che io portassi a maturazione i frutti che quei
fiori promettevano; allora gli ho dato pure l'estate, facendo lavorare a pieno
regime gli operai delle fonderie di Vulcano per far salire la linfa dal fondo
delle radici fino ai rami e alle gemme, e far crescere i frutti. Che succede
allora? Ormai satolli al punto giusto di tanta bella frutta, mi chiesero di far
tornare la primavera. E io ho acconsentito anche a questo capriccio: ho messo
insieme le fiammelle necessarie alla riproduzione di ogni specie di pianta e le
ho racchiuse dentro le gemme come in scrigni, alimentandole col caldo soffio
vitale, perché si conservassero fino a primavera. Ma quei mascalzoni di
mortali, immemori di tutti i favori che gli avevo fatto, ingrati, senza
dignità, sempre con la voglia di cambiare, incontentabili, mentre non hanno
cosa chiedere e cosa aspettarsi di più da parte mia, mentre io gli concedo di
mia iniziativa cose che non oserebbero neanche sperare se avessero un po' più
di discrezione, ecco che, in cambio di tutta la beneficenza ricevuta, non hanno
altro da dare che puro e semplice odio! Imprecano un po' per il caldo, un po'
per il freddo, un po' per il vento, e se la prendono con noi per tutto quello
che non gli sta bene; non si peritano di affermare che noi facciamo cose che
non farebbero neppure i pazzi scatenati! Fanno bene a prendersela con noi,
visto che ci ostiniamo a beneficare gente che meriterebbe le si
sguinzagliassero dietro le Erinni infuriate. Certo che la follia li sta facendo
agitare anche troppo, se si son messi in testa di essere gli eredi degli dèi e
pretendono una fetta di potere! C'è follia più grande di andare allo sbaraglio
dietro tutti i capricci, farsi trascinare dalla presunzione, avere ambizioni
indegne e senza limiti, non sapersi accontentare dei beni che si hanno e
lamentarsi perché gli altri raggiungono premi che essi si rifiuterebbero di
prendere per la loro maledetta infingardaggine? E si lamentano del breve tempo
che gli è dato da vivere, loro che sprecano tanto tempo standosene in
panciolle, e nella vecchiaia marciscono senza far nulla! Vanno dicendo che
malattie e disgrazie le mandano gli dèi. Che cosa si dovrebbe dire, se l'uomo è
la massima delle disgrazie per il suo simile, se una peste è l'uomo per l'uomo?
Tu, uomo, tu, con la tua sfrenata ingordigia, con l'intemperanza delle tue
voglie hai ottenuto di esser tormentato dal dolore, di languire per le
malattie, di rovinarti completamente perché non sai sopportare te stesso! Sono
molto addolorato per la stoltezza degli uomini, vorrei tanto che fossero più
capaci di controllarsi. Ma cosa posso fare, cosa devo cercare? Chi sarebbe
capace di trovare una soluzione, quando caterve di scocciatori gli stanno
sempre attorno? Chi è fatto di ferro, e così ben piantato a resistere agli assalti
dei seccatori da riuscire a sopportare a lungo questa situazione? Una volta ci
rompono le scatole portandoci davanti i loro litigi, un'altra volta veniamo
sommersi dai voti, o meglio dalle imprecazioni. Non si troverà mai il sistema
per liberarsi di tutte queste scocciature? Per forza si dovrà trovare. E come?
Il mondo che hanno a disposizione non gli piace. Questa situazione è pesante e
insopportabile. E allora inventeremo una nuova maniera di vivere: ci sarà da
metter su un altro mondo. Va bene, va bene, sarà fatto, agli ordini!».
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