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Leon Battista Alberti
Momo o Del Principe

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  • LIBRO SECONDO.
      • -23-
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-23-

 

Questo discorso di Ercole a Momo fu troncato, e gli animi già preparati a prender parte alla polemica furono distratti dal frastuono che si udì improvvisamente venire dall'entrata del cielo. Tutti, posati i calici, corsero a vedere di che si trattava, e con gran meraviglia si videro di fronte un enorme arco di trionfo di tutti i colori. L'aveva tirato su Giunone, rivestendolo con l'oro fuso delle offerte votive; la struttura della costruzione e le decorazioni erano talmente notevoli che i migliori architetti del cielo avevano negato la possibilità della sua realizzazione, e tutti i pittori e i cesellatori dovevano ammettere che le foro capacità tecniche erano state superate in quelle opere di rivestimento. Guardando in un'altra direzione, gli dèi dovettero poi domandarsi con meraviglia ancor più grande che significava quella folla laggiù di dèi massimi che sbraitavano tra loro e correvano sul sentiero di guerra in direzione della reggia del cielo. Stavano perciò in sospeso, con gli occhi in una direzione e le orecchie nell'altra, l'animo in ansia da tutt'e due i lati. Li scosse ancor più il fatto che erano appena arrivati sul posto quando quell'immensa costruzione per cui era stato buttato tanto materiale prezioso vacillò e cadde: il rumore fragoroso andò a ripercuotersi sulla volta del cielo e questa, siccome è di bronzo, lo fece riecheggiare con un immenso boato, per cui gli intenditori di musica, con parola derivante dal tintinnio metallico che risuona da una cassa armonica, diedero il nome di Tinide a quell'opera fragile ed effimera di Giunone, perché ne restasse memoria tra i posteri; essa però fu comunemente chiamata in seguito Iride per la corruzione del termine. Giove e gli altri celesti, dal canto loro, ebbero l'ennesima occasione di osservare quanto siano sconsiderati e del tutto inetti i ragionamenti e le intenzioni delle donne in qualunque faccenda; e poco dopo in seguito a quel fatto poterono vedere con chiarezza che le iniziative delle donne hanno sempre la tendenza a provocare motivi di discordia e di litigio. Infatti, anche se gli dèi appena arrivati di corsa avevano già qualche ragione di non essere precisamente unanimi e concordi, quella trovata originale di Giunone non aveva fatto altro che eccitare l'animosità e le tensioni, riportando a galla le vecchie rivalità. Quando ebbero esposto a Giove le loro ragioni, questi si rivolse ad Ercole, dicendo con animo fortemente turbato: «Ecco quanto costa esser principi! Perché gli uomini si lamentano di non aver mai un'ora uguale all'altra e che tutto gli va storto? Anche noi, dèi e principi dell'universo, non riusciremo mai a concludere una sola cena senza seccature! Con che cosa me la devo prendere? Con le ambizioni fuori luogo e i folli desideri di questi qua, o piuttosto con la mia negligente arrendevolezza, grazie alla quale, oltre a pensare che tutto gli sia permesso per mezzo mio, a volte gli salta anche il ticchio di farneticare un po' troppo? Preferirei essere tutto quello che vuoi piuttosto che un principe, fin tanto che i tuoi sudditi, per i cui interessi perdi il sonno, cercando la loro tranquillità, mettendo in secondo piano le fatiche che fai, non si ricordano mai dei benefici ricevuti né dei loro doveri verso di te, e non la smettono un istante di rompere le scatole con richieste futili e ogni sorta di raccomandazioni insistenti! Sempre, scocciatura che non siete altro, sempre vi ostinerete a cercare nuovi pretesti per venire a litigare davanti a me? Quante volte ho appianato i vostri diverbi, trattenendovi dalle male parole e dalle legnate, e vi ho fatto rinsavire! Quante volte ho dovuto sedare questi casini che combiniamo! Una volta Vulcano ce l'aveva con Teti (son tutte storie vecchie, le vostre!) perché offuscava e cancellava del tutto la luce e lo splendore della sua dignità. Diana e gli dèi Silvani ce l'avevano con Vulcano perché attaccando con la sua furia selvaggia devastava le loro dimore amene e appartate. Con questi ce l'aveva Eolo, perché spezzavano le ali e strappavano le piume a Zefiro, a Noto, agli Austri, agli Aquiloni e a tutti gli altri suoi compagni di battaglia per andarle a mettere ai mostri scolpiti sulle navi. Nettuno ce l'aveva con Eolo perché agitava ogni cosa, sconvolgendo fino in fondo la calma e l'uniformità delle sue regioni. Teti a sua volta se la prendeva con Nettuno per l'empia ospitalità che le aveva dato, violando addirittura il fiore puro e illibato della sua verginità. Anche adesso è saltata fuori nuova materia di litigi e rancori: Nettuno accusa Giunone di aver scaricato per sfregio sopra il suo altare la spazzatura dei voti e il materiale di scarto della costruzione. Cerere non vuole che vengano buttati sul suo terreno; e anche Vulcano dice di non aver spazio per poterseli tenere nelle sue officine; e le lamentele, il malcontento e i litigi di questa gente senza il senso del limite vengono portati tutti davanti a me! Io do ascolto con la massima pazienza a questi farneticanti, ed essi non la finiscono di approfittarne, senza nessun riguardo. Che razza di faccia tosta è questa? Non la finirete mai di stuzzicarvi a vicenda con i vostri pettegolezzi, e di rompermi le scatole in continuazione? Va bene che vi mettete a fare i matti proprio a causa della mia pazienza, ma dovreste vergognarvi una buona volta di avere di me un'idea così sfacciatamente bassa! Non è il colmo della faccia tosta voler scaricare sullo stomaco del principe tutto ciò che non si sopporta di tenersi appresso? Non vogliono che i voti degli uomini siano messi a casa loro: non c'è altro posto dove metterli: allora si corre da me e si chiede che li porti via io di qua e di ! Che significa? Che altro è se non pretendere di andare a scaricare nella sala da pranzo reale tutto quel che non gli piace, gli sembra una porcheria e non vogliono prendersi, con tutto quello spazio vuoto che hanno a disposizione! Povero me, se dovessi acconsentire a questi svergognati; disgraziato che sono, se mi tocca comandare su gente che non ha alcun rispetto per il principe, nessun senso della misura e della decenza! Io credevo che, avendo messo tutto a posto con gran precisione, e distribuiti i posti di potere in base alla dignità, sarei rimasto finalmente libero soprattutto da queste seccature. E ora non solo i celesti, ma (cosa ci tocca sopportare!) pure gli ometti ci si mettono, per ostacolare i progetti di Giove ottimo massimo, principe dell'universo e re degli dèi. Ma perché mi devo arrabbiare con questa singolare sciagura vivente, per non dir uomini? È chiaro che è tutta colpa della mia disponibilità: desiderando accontentare tutti di mia iniziativa, ho finito per autorizzare l'arroganza di tutti verso di me. Avevo dato ai mortali molto di più di quanto gli fosse lecito sperare, proprio per addolcire quella loro incorreggibile testa dura con l'ammirazione per le nostre grazie divine, cercando di spingerli a giudicarci bene a forza di benefici. All'inizio gli avevo dato la primavera, così dolce e profumata, con tutta quell'abbondanza inesauribile di fiori! E quelli espressero il desiderio che io portassi a maturazione i frutti che quei fiori promettevano; allora gli ho dato pure l'estate, facendo lavorare a pieno regime gli operai delle fonderie di Vulcano per far salire la linfa dal fondo delle radici fino ai rami e alle gemme, e far crescere i frutti. Che succede allora? Ormai satolli al punto giusto di tanta bella frutta, mi chiesero di far tornare la primavera. E io ho acconsentito anche a questo capriccio: ho messo insieme le fiammelle necessarie alla riproduzione di ogni specie di pianta e le ho racchiuse dentro le gemme come in scrigni, alimentandole col caldo soffio vitale, perché si conservassero fino a primavera. Ma quei mascalzoni di mortali, immemori di tutti i favori che gli avevo fatto, ingrati, senza dignità, sempre con la voglia di cambiare, incontentabili, mentre non hanno cosa chiedere e cosa aspettarsi di più da parte mia, mentre io gli concedo di mia iniziativa cose che non oserebbero neanche sperare se avessero un po' più di discrezione, ecco che, in cambio di tutta la beneficenza ricevuta, non hanno altro da dare che puro e semplice odio! Imprecano un po' per il caldo, un po' per il freddo, un po' per il vento, e se la prendono con noi per tutto quello che non gli sta bene; non si peritano di affermare che noi facciamo cose che non farebbero neppure i pazzi scatenati! Fanno bene a prendersela con noi, visto che ci ostiniamo a beneficare gente che meriterebbe le si sguinzagliassero dietro le Erinni infuriate. Certo che la follia li sta facendo agitare anche troppo, se si son messi in testa di essere gli eredi degli dèi e pretendono una fetta di potere! C'è follia più grande di andare allo sbaraglio dietro tutti i capricci, farsi trascinare dalla presunzione, avere ambizioni indegne e senza limiti, non sapersi accontentare dei beni che si hanno e lamentarsi perché gli altri raggiungono premi che essi si rifiuterebbero di prendere per la loro maledetta infingardaggine? E si lamentano del breve tempo che gli è dato da vivere, loro che sprecano tanto tempo standosene in panciolle, e nella vecchiaia marciscono senza far nulla! Vanno dicendo che malattie e disgrazie le mandano gli dèi. Che cosa si dovrebbe dire, se l'uomo è la massima delle disgrazie per il suo simile, se una peste è l'uomo per l'uomo? Tu, uomo, tu, con la tua sfrenata ingordigia, con l'intemperanza delle tue voglie hai ottenuto di esser tormentato dal dolore, di languire per le malattie, di rovinarti completamente perché non sai sopportare te stesso! Sono molto addolorato per la stoltezza degli uomini, vorrei tanto che fossero più capaci di controllarsi. Ma cosa posso fare, cosa devo cercare? Chi sarebbe capace di trovare una soluzione, quando caterve di scocciatori gli stanno sempre attorno? Chi è fatto di ferro, e così ben piantato a resistere agli assalti dei seccatori da riuscire a sopportare a lungo questa situazione? Una volta ci rompono le scatole portandoci davanti i loro litigi, un'altra volta veniamo sommersi dai voti, o meglio dalle imprecazioni. Non si troverà mai il sistema per liberarsi di tutte queste scocciature? Per forza si dovrà trovare. E come? Il mondo che hanno a disposizione non gli piace. Questa situazione è pesante e insopportabile. E allora inventeremo una nuova maniera di vivere: ci sarà da metter su un altro mondo. Va bene, va bene, sarà fatto, agli ordini!».




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