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Fatti questi ragionamenti, tornò
dai celesti, salutò Giove e disse ridacchiando: «Ero andato a spiare le
intenzioni degli altri e ho trovato uno che mi ha strappato tutti i miei segreti!».
Giove, vedendo Mercurio di ritorno così presto e con una guancia livida, gliene
chiese conto e ragione; e non è facile dire se il racconto di quel viaggio gli
procurò più piacere o dolore: piacere a sentire tutta quella storia spassosa,
dolore a rendersi conto di essere sempre al punto di partenza. Quando ebbe
parlato per un pezzo con Mercurio, che non la finiva più di lanciare ogni sorta
d'improperi contro i filosofi, Giove disse: «Stai attento, questo tuo parlar
troppo può essere un grosso errore, e forse per questo motivo quelli che tu
criticavi te l'hanno fatta pagare come ti meritavi. So quel che dico: quelli là
sanno un sacco di cose misteriose, più di quanto tu creda. E se si fossero
accorti, con le loro doti di investigatori, che tu, Mercurio, hai la brutta
abitudine di accusarli davanti a me, dicendo che sono dei ciarlatani?».
Mercurio rimase piuttosto preoccupato a queste parole, e preferì cambiare aria.
Allora Giove si mise a fare il punto della situazione e, in tanta penuria
d'idee, si attaccò alla prima che gli venne in mente. Convoca a porte chiuse
Apollo, l'unico di tutti gli dèi che riteneva molto saggio e molto affezionato
a lui, e lo mette al corrente dello stato d'emergenza: non mancava molto alle
calende fissate, e non aveva elementi per stendere il decreto da notificare
all'assemblea generale degli dèi: insomma gli espone proprio tutto, tranne il
viaggio suo e di Mercurio dai filosofi. Lo prega infine di prestare tutto
l'appoggio possibile alla sua politica, giunta ormai quasi al punto critico.
Apollo promette d'impegnarsi con tutto il suo zelo e la sua operosità nella
difesa dell'autorità di un principe che era stato sempre così affettuoso con
lui, nei limiti delle sue capacità di fronte a un'impresa così grossa; ma di
sicuro non gli sarebbero mancati fedeltà e scrupolo, e non si sarebbe tirato
indietro di fronte a fatiche, pericoli, difficoltà di ogni sorta pur di
assicurare il successo a Giove. Lo invita poi a valutare se i suoi progetti si
accordavano con certe idee che gli erano venute in mente. Infatti sulla terra
c'è un tipo particolare di uomini, chiamati filosofi, parecchi dei quali si
sono cimentati nel tentativo di ipotizzare nuovi modelli di mondo assolutamente
originali; egli intendeva andarli a consultare, non avendo perplessità, in una
situazione così incerta, a ricorrere alla competenza di tecnici dotati di una
preparazione ad altissimo livello. Giove allora abbracciò Apollo e lo baciò,
dicendo: «Ora sì che posso cominciare a respirare di sollievo grazie a te,
Apollo! So come sei preciso e attivo: mi aspetto da te tutti gli interventi più
opportuni a sostegno di questa causa. Vai, procedi pure, e io ti farò vedere
che avrai lavorato per uno che si ricorda dei favori che gli fanno». Allora
Apollo, preparandosi a partire, domandò: «Ti serve qualcos'altro? Non fare
complimenti!». Giove rispose: «Be', sì veramente: tra i mortali c'è un certo
Democrito, famoso perché taglia a pezzetti gli animali; se sia pazzo o sano di
mente, i pareri sono discordi: c'è chi lo vuole un filosofo, chi uno
strampalato. Io vorrei proprio assicurarmi del valore di quest'uomo». E Apollo:
«Ma che importanza ha? Che c'entra col tuo problema principale, quello di
rinnovare il mondo? Comunque, me la sbrigo subito: fai conto di saperlo già».
Allora tirò fuori questi versetti dalla borsa dove conservava gli oracoli:
Qual messe o frutto dà la terra
arata?
La gloria cos'è mai, se è gloria
e basta?
Letti i versetti, esclamò:
«Questo qui è il più stolto di tutti i mortali!». Giove ridacchiò e disse: «Per
favore, tira fuori un altro oracolo e guarda se quello che ho nominato è un
saggio o un dissennato». Apollo tirò fuori questi altri versetti:
Sapere avrei voluto quanto danno
fa un colpo sfortunato.
«Allora» disse «è proprio
il più saggio di tutti!». A questo punto Giove esclamò, ridendo a crepapelle:
«Che buffone! Cosa dovrei dire di questi tuoi oracoli che hanno il potere di
trasformare di colpo Democrito da stolto a sapientissimo? Non potevi trovarne
una diversa?». Apollo replicò: «Ma se è chiarissimo cosa vuol dire! Ora ti
spiego: all'interrogazione di Apollo, a cui spetta illuminare il giorno,
l'oracolo ha risposto dicendo che tipo è Democrito di giorno; invece poi a
quella di Giove, a cui spetta tutto, tolto quel che ha distribuito agli altri,
l'oracolo ha esposto, chiaro come l'acqua, com'è Democrito in tutto il resto
del tempo: così, bisogna che ci convinciamo a questo punto che quell'uomo di
notte brilla di saggezza, di giorno sragiona». Risero, poi Apollo andò via.
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