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Leon Battista Alberti
Momo o Del Principe

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  • LIBRO TERZO.
      • -13-
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Fatti questi ragionamenti, tornò dai celesti, salutò Giove e disse ridacchiando: «Ero andato a spiare le intenzioni degli altri e ho trovato uno che mi ha strappato tutti i miei segreti!». Giove, vedendo Mercurio di ritorno così presto e con una guancia livida, gliene chiese conto e ragione; e non è facile dire se il racconto di quel viaggio gli procurò più piacere o dolore: piacere a sentire tutta quella storia spassosa, dolore a rendersi conto di essere sempre al punto di partenza. Quando ebbe parlato per un pezzo con Mercurio, che non la finiva più di lanciare ogni sorta d'improperi contro i filosofi, Giove disse: «Stai attento, questo tuo parlar troppo può essere un grosso errore, e forse per questo motivo quelli che tu criticavi te l'hanno fatta pagare come ti meritavi. So quel che dico: quelli sanno un sacco di cose misteriose, più di quanto tu creda. E se si fossero accorti, con le loro doti di investigatori, che tu, Mercurio, hai la brutta abitudine di accusarli davanti a me, dicendo che sono dei ciarlatani?». Mercurio rimase piuttosto preoccupato a queste parole, e preferì cambiare aria. Allora Giove si mise a fare il punto della situazione e, in tanta penuria d'idee, si attaccò alla prima che gli venne in mente. Convoca a porte chiuse Apollo, l'unico di tutti gli dèi che riteneva molto saggio e molto affezionato a lui, e lo mette al corrente dello stato d'emergenza: non mancava molto alle calende fissate, e non aveva elementi per stendere il decreto da notificare all'assemblea generale degli dèi: insomma gli espone proprio tutto, tranne il viaggio suo e di Mercurio dai filosofi. Lo prega infine di prestare tutto l'appoggio possibile alla sua politica, giunta ormai quasi al punto critico. Apollo promette d'impegnarsi con tutto il suo zelo e la sua operosità nella difesa dell'autorità di un principe che era stato sempre così affettuoso con lui, nei limiti delle sue capacità di fronte a un'impresa così grossa; ma di sicuro non gli sarebbero mancati fedeltà e scrupolo, e non si sarebbe tirato indietro di fronte a fatiche, pericoli, difficoltà di ogni sorta pur di assicurare il successo a Giove. Lo invita poi a valutare se i suoi progetti si accordavano con certe idee che gli erano venute in mente. Infatti sulla terra c'è un tipo particolare di uomini, chiamati filosofi, parecchi dei quali si sono cimentati nel tentativo di ipotizzare nuovi modelli di mondo assolutamente originali; egli intendeva andarli a consultare, non avendo perplessità, in una situazione così incerta, a ricorrere alla competenza di tecnici dotati di una preparazione ad altissimo livello. Giove allora abbracciò Apollo e lo baciò, dicendo: «Ora sì che posso cominciare a respirare di sollievo grazie a te, Apollo! So come sei preciso e attivo: mi aspetto da te tutti gli interventi più opportuni a sostegno di questa causa. Vai, procedi pure, e io ti farò vedere che avrai lavorato per uno che si ricorda dei favori che gli fanno». Allora Apollo, preparandosi a partire, domandò: «Ti serve qualcos'altro? Non fare complimenti!». Giove rispose: «Be', sì veramente: tra i mortali c'è un certo Democrito, famoso perché taglia a pezzetti gli animali; se sia pazzo o sano di mente, i pareri sono discordi: c'è chi lo vuole un filosofo, chi uno strampalato. Io vorrei proprio assicurarmi del valore di quest'uomo». E Apollo: «Ma che importanza ha? Che c'entra col tuo problema principale, quello di rinnovare il mondo? Comunque, me la sbrigo subito: fai conto di saperlo già». Allora tirò fuori questi versetti dalla borsa dove conservava gli oracoli:

Qual messe o frutto la terra arata?

La gloria cos'è mai, se è gloria e basta?

Letti i versetti, esclamò: «Questo qui è il più stolto di tutti i mortali!». Giove ridacchiò e disse: «Per favore, tira fuori un altro oracolo e guarda se quello che ho nominato è un saggio o un dissennato». Apollo tirò fuori questi altri versetti:

Sapere avrei voluto quanto danno

fa un colpo sfortunato.

 «Allora» disse «è proprio il più saggio di tutti!». A questo punto Giove esclamò, ridendo a crepapelle: «Che buffone! Cosa dovrei dire di questi tuoi oracoli che hanno il potere di trasformare di colpo Democrito da stolto a sapientissimo? Non potevi trovarne una diversa?». Apollo replicò: «Ma se è chiarissimo cosa vuol dire! Ora ti spiego: all'interrogazione di Apollo, a cui spetta illuminare il giorno, l'oracolo ha risposto dicendo che tipo è Democrito di giorno; invece poi a quella di Giove, a cui spetta tutto, tolto quel che ha distribuito agli altri, l'oracolo ha esposto, chiaro come l'acqua, com'è Democrito in tutto il resto del tempo: così, bisogna che ci convinciamo a questo punto che quell'uomo di notte brilla di saggezza, di giorno sragiona». Risero, poi Apollo andò via.




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