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La dea Frode, cogliendo un tale
stato d'animo dell'assemblea, pensò di sfruttare la circostanza: ecco che va di
corsa da Giunone e esorta con insistenza a tenere a freno quella belva
scatenata che permetteva di offendere tutti così spudoratamente. Giunone già
per conto suo aveva da un pezzo sufficienti motivi di antipatia contro Momo;
adesso, istigata dalla dea Frode, si lasciò andare a un'azione senza
precedenti. Buttò via il mantello ed esclamò: «Tutte da questa parte, signore!
E tu, Ercole, afferra Momo e portalo subito qui: così comanda la sorella e la
moglie di Giove!». Ercole non se lo fece dire due volte: afferrò Momo per la
zazzera che gli copriva mezza fronte, e per quanto si dibattesse di qua e di là
strillando, con la gran forza che aveva se lo rovesciò sul dorso e lo portò
davanti a Giunone a testa in giù, col collo allungato, che pareva un pezzo di
legno. Immediatamente moltissime dèe misero le mani addosso allo sventurato.
Non entro nei particolari: per mano delle femmine Momo, da maschio che era,
divenne uno che maschio non era più: gli strapparono completamente gli
attributi e lo fecero precipitare nell'oceano. Subito dopo, con Giunone alla
testa, corrono da Giove a presentare le loro lagnanze e a porgli un ultimatum:
o relegava Momo, il pericolo pubblico numero uno, oppure doveva mandare in
esilio la totalità delle dèe. Delle signore divine non potevano vivere
tranquille in luoghi frequentati da quel maniaco mostruoso; perciò lo
supplicavano (con qualche lacrima di contorno) di ascoltarle e di provvedere
all'incolumità di tante persone care e affezionate a lui col castigo di un solo
criminale, piuttosto che andarsi a cercare l'ostilità di tutto il cielo per
favorire uno sciagurato.
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