Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Leon Battista Alberti
Momo o Del Principe

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO TERZO.
      • -19-
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

-19-

 

Quando quella folla di donne scatenate uscì finalmente dalla stanza, s'incontrò per combinazione con Apollo di ritorno dalla terra; appena lo videro, siccome lo ritenevano un indovino bravissimo a far previsioni sul futuro, pensarono che si fosse tenuto fuori di proposito da quella baraonda, non senza buoni motivi. Perciò dicevano, strizzandogli l'occhio: «Ah birbantone! Tu sì che ci sai fare! Come sei bravo a stare al mondo, evitando i pasticci!». Si formò allora una calca attorno ad Apollo, e restavano tutti in piedi a spingersi davanti all'ingresso, premuti in mezzo a quel viavai di persone. In quella confusione c'era anche la dea Notte, che ha una straordinaria passione per i furti, anzi, ha acquisito una tale abilità in quell'arte che potrebbe rubare perfino gli occhi ad Argo, se volesse. Appena essa vide la borsa rigonfia di oracoli che pendeva al fianco di Apollo l'afferrò con una destrezza tale che nessuno si accorse assolutamente del colpo. Intanto Apollo, salutando ora questo ora quello, apprese la cronaca dell'assemblea, e si rallegrò, a parte il resto, che tutto si fosse risolto a vantaggio di Giove. Entrò allora da Giove tutto allegro, ma inaspettatamente fu ricevuto con un'espressione più accigliata del normale. Giove chiese infatti, dopo aver mandato via tutti gli altri: «Perché cavolo sei tornato così tardi?». Apollo rispose: «Non ho avuto altro pensiero che eseguire con efficienza e rapidità i tuoi ordini. Però quei filosofi che ho avvicinato hanno una formazione mentale che non gli permette di esporre nessun concetto peregrino senza avvolgerlo in enormi giri di parole, quindi mi hanno trattenuto mio malgrado con divagazioni interminabili; pensavo tuttavia che si dovesse stare a sentirli, poiché cercavo di soddisfare con la massima precisione le tue aspettative. Certo però che sono tutti quanti dei parolai, escluso Socrate, senonché anche lui qualche volta si mette a divagare con certe domandine, e sembra puntare ad altro; tuttavia, comunque la si giri, a me è sempre parso una brava persona, l'ho proprio visto di buon occhio e ho infuso in lui quel tanto delle mie caratteristiche che basta ad evitare guai e disgrazie. Apprezzerò sempre l'animo disinteressato di quest'uomo, il suo autocontrollo, l'umanità, la simpatia, la serietà, l'integrità morale, assieme alla sua passione per la ricerca del vero e al suo culto della virtù. Una volta gli ho sentito fare una dissertazione splendida, veramente memorabile, nella quale ha dimostrato ampiamente la superiorità delle sue idee: quando me la sentirai esporre, credo che non ti peserà più il fatto che io mi sia attardato un po' ad ascoltarla attentamente, e forse ammetterai che non c'è ragionamento più adatto di questo per sistemare bene la tua politica. Se ti va di concentrarti nell'ascolto, te la riassumerò in poche parole». Allora Giove: «Sì, sì, parla: è sempre utile godere dei discorsi e delle massime dei saggi, anche quando non riguardano direttamente i problemi del momento». Apollo riprese: «Tra i filosofi ho trovato solo due persone dalle quali ho sentito fare discorsi davvero seri e perfettamente coerenti: Democrito e Socrate. Ti parlerò di Socrate, ma prima voglio raccontarti un aneddoto su Democrito che dovrebbe toglierti dal viso quest'insolita espressione preoccupata e restituirti il buonumore. Sentirai una storia divertente, ma anche molto profonda. Ho incontrato Democrito intento ad osservare un granchio pescato in un torrente vicino, con l'espressione attonita e gli occhi pieni di stupore, tanto che anch'io son rimasto stupito a vederlo così. Sono rimasto fermo per un po', poi ho cercato di rivolgergli la parola, ma lui non si destava mai da quel suo sonno ad occhi aperti (se è così che lo devo intendere). Ho pensato perciò che era meglio lasciar perdere quella statua di Democrito, per così dire, finché non si fosse svegliata da sola, piuttosto che star a sprecar tempo. Ho potuto così andare un po' in giro, e ho incontrato tanti altri filosofi, a caterve; e chi non criticherebbe le loro abitudini? Chi non detesterebbe quel genere di vita? Chi è in grado di comprendere e approvare i loro discorsi e le loro idee? Sono proprio oscuri, ambigui come nient'altro». Giove allora disse con un sorrisetto: «Come! Tu, Apollo, che sei il maestro nell'arte dell'interpretazione, non sei capace d'interpretare i discorsi di costoro?». Apollo rispose: «Ti devo confessare che qualunque altra cosa mi riesce più facile: quei ragionamenti sono così mutevoli e vaghi da un lato, così in contrapposizione, così in contraddizione dall'altro! Ma lasciamo perdere. La sostanza è che gli uomini di questo tipo non si trovano mai d'accordo su un solo ragionamento, ma si contraddicono tra loro in tutte le loro idee, mentre l'unica scemenza in cui vanno tutti d'accordo è che ognuno di loro è convinto che tutti gli altri uomini siano pazzi furiosi, tranne quelli che hanno il loro stesso tipo di vita, di abitudini, passioni, desideri, sentimenti, metodi e così via. Inoltre quel che piace ad uno non piace all'altro, quel che uno detesta gli altri non lo detestano, quel che commuove gli uni lascia indifferenti gli altri: e si offendono pure, per questo! Quindi, è difficile dire quante aspre polemiche siano scoppiate tra loro, perché ricorrono anche agli insulti e alla violenza, ogni volta che possono, pur di spingere tutti gli altri a seguire i loro principi; ti riuscirebbe difficile ammettere che una tale follia si annidi in uomini che han fatto della sapienza la loro professione!». Disse allora Giove: «Perché dovrei stupirmi se i filosofi vorrebbero far vivere gli altri a modo loro, se vedo continuamente anche persone del popolo chiedere agli dèi, come gli fa dire la testa, ora la pioggia, ora il sole, il vento e anche i fulmini, eccetera eccetera?». Rispose Apollo: «Non m'interessa cosa fanno gli altri. A proposito di costoro, di una cosa sono convinto: fin tanto che ciascuno di loro vorrebbe che il mondo andasse come vuole la sua follia, fin tanto che non hanno nessuna certezza stabilita, sono convinto, ripeto, che se vorrai dar retta alle loro assurdità dovresti metterti a creare un numero infinito di mondi che cambiano secondo come gli gira sul momento, oppure uscir pazzo per le continue proteste dei postulanti. Ma basta parlare di tutta questa razza di filosofi! Torno a Democrito. Mi avvicino di nuovo a lui e lo trovo intento a tagliare a pezzi quel granchio che stava osservando con tanto stupore, come avevo detto: con la testa china e lo sguardo concentrato, se lo andava studiando di dentro guardando attraverso le viscere, e faceva il conto dei nervi e degli ossicini. Lo saluto, ma quello, manco per il cavolo! Non posso fare a meno di ridere: sentirai che buffo, Giove! Mi è venuta un'idea: ho preso una cipolla dal campo vicino, l'ho divisa in due e mi son piazzato di fronte a lui, poi mi son messo a imitare tutti i gesti e i movimenti che faceva: lui corrugava il viso, e io pure; piegava la testa da un lato, e io pure; sporgeva in avanti certi occhioni, e io pure. Insomma, facevo di tutto per essere simile a lui, e c'ero riuscito quasi completamente: l'unica differenza era che Democrito aveva gli occhi asciutti, io invece li avevo pieni di lacrime per il fastidio che mi dava l'odore pungente della cipolla. Per non farla lunga, con quella trovata da buffone ho ottenuto lo scopo che non avevo potuto raggiungere facendo la persona seria, cioè riuscire a parlare con lui. Infatti mi osservò da capo a piedi ridacchiando, poi disse: 'Ehi tu, cosa fai che piangi?'. Allora io replicai, squadrandolo a mia volta: 'Tu piuttosto che fai? Che hai da ridere?'. Lui disse: 'Te l'ho chiesto prima io'. Rispondo: 'Ma io ti ho risposto per primo'. Allora, vedendo che la cosa poteva finire in lite, fece un gran sorriso e disse: 'E va bene, sei tu il più bravo! Allora io ti spiegherò cosa sto facendo. Da tempo dedico molto lavoro a sventrare gli animali (mi sembrava empio sezionare col ferro gli esseri umani) per scoprire il luogo dove ha sede il principale malanno degli esseri viventi, la collera, e capire così l'origine degli scatti, dei bollori, del fuoco che sconvolge la mente umana e distrugge ogni forma di razionalità: pensavo di trarre da tale scoperta molte conseguenze della massima utilità per la vita umana. Riuscivo a fare alcune osservazioni pienamente soddisfacenti riguardo alla maggior parte degli animali, ma per quel che concerne l'uomo non riuscivo a comprendere l'origine di quelle eccitazioni che portano alla follia. Ecco cosa ho scoperto: più o meno in mezzo al petto c'è un umore che, per effetto del soffio continuo delle fiammelle vitali, si riscalda e si riversa nel sangue in modo da formare singoli composti delle sue varie particelle; uno di questi composti scorre formando una schiuma quasi impercettibile alla superficie del sangue e va a confluire in un piccolo condotto che madre natura ha predisposto allo scopo. Questo liquido dalla struttura infiammabile ha la caratteristica di scaldarsi e andare in ebollizione ogni volta che si agita il cuore oppure un'infiammazione d'origine esterna si attacca in fondo alle viscere; allora le sue scintille penetrantissime, assottigliate dalla natura stessa del composto e spinte dall'alta temperatura, entrano in circolo velocissime e risalgono fino alla sede della ragione, la invadono completamente, ed esercitando una pressione violenta e disordinata fanno scoppiare l'incendio nelle parti più profonde del temperamento naturale, fino a sconvolgere del tutto la mente con i loro continui stimoli. Ho osservato chiaramente questo fenomeno negli altri animali; adesso però avevo deciso di dedicare un'indagine più accurata a questo animale che ho tra le mani, che mi sembrava particolarmente fornito di attributi naturali adatti a qualsiasi forma di duro combattimento. Ha la corazza, ha le tenaglie, madre natura ha provveduto a coprirlo interamente di scaglie; così, sapendo che le armi sono fragili e perfettamente inutili se non c'è l'impulso aggressivo, avevo motivo di ritenere che la natura lo avesse fornito anche di molte sostanze eccitanti per stimolarne l'aggressività: però non riesco a localizzarle, e la cosa che mi sconcerta di più è che non riesco nemmeno a trovare il cervello di questo animale, e la ragione non permette di pensare che questo solo essere vivente sia privo di cervello, infatti l'animale si muove, quindi è necessario che abbia un cervello da cui riceve forza vitale, dal momento che tutto il sistema nervoso si dirama proprio dal cervello. Come possa mancare di cervello questo qui, che ha la possibilità di fare tanti movimenti con la forza e la varietà delle sue membra, non riesco a comprenderlo'. Così parlò Democrito. Allora, per fargli vedere che anch'io ero capace di speculazioni astratte, saltai su a dire che stavo studiando la cipolla che avevo in mano per sapere se gli dèi avrebbero distrutto il mondo o l'avrebbero conservato in eterno. Quello esclamò: 'Che indovino da operetta che sei! Dove ti sei andato a cercare questa nuova maniera di prevedere il futuro?'. Rispondo: 'Ma se è una diretta conseguenza dei ragionamenti che fate voi quando vi mettete a sottilizzare, e dimostrate che il mondo è un'enorme cipolla!'. E lui: 'Questa è davvero carina, indagare in una sfera così piccola la sorte del mondo così grande! Ma che c'è? Cos'hai trovato di tanto sgradito in questo interno di cipolla, che ti fa piangere?'. Io: 'Vedi qua, nella cipolla tagliata, la lettera c e la lettera a? Non è evidente per te quello che vogliono dire?'. Lui: 'Come? Tu credi che la cipolla parli, come certuni dicono che il cielo canta?'. Io: 'Ma no! Ma se te lo mettono davanti agli occhi! Metti insieme la a e la c: o affonderà, dicono, o crollerà; separale: non dicono la stessa cosa, cioè che il crollo avverrà?. A questo punto quello scoppiò in una fragorosa risata: 'E allora' disse 'tu, benedetto figliolo, piangi la distruzione totale del mondo! Ma guardatelo! Dove pensi che gli dèi butteranno le macerie del mondo attuale, se hanno intenzione di distruggerlo?'. Sono rimasto senza parole di fronte a questa affermazione, che mi sembrava profonda e quanto mai attinente al nostro problema; e dicevo fra me: 'Tu sì che hai cervello, mentre avrei detto che ti mancava, quando lo andavi cercando nel granchio!'.




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License