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Quando quella folla di donne
scatenate uscì finalmente dalla stanza, s'incontrò per combinazione con Apollo
di ritorno dalla terra; appena lo videro, siccome lo ritenevano un indovino
bravissimo a far previsioni sul futuro, pensarono che si fosse tenuto fuori di
proposito da quella baraonda, non senza buoni motivi. Perciò dicevano,
strizzandogli l'occhio: «Ah birbantone! Tu sì che ci sai fare! Come sei bravo a
stare al mondo, evitando i pasticci!». Si formò allora una calca attorno ad
Apollo, e restavano tutti in piedi a spingersi davanti all'ingresso, premuti in
mezzo a quel viavai di persone. In quella confusione c'era anche la dea Notte,
che ha una straordinaria passione per i furti, anzi, ha acquisito una tale
abilità in quell'arte che potrebbe rubare perfino gli occhi ad Argo, se
volesse. Appena essa vide la borsa rigonfia di oracoli che pendeva al fianco di
Apollo l'afferrò con una destrezza tale che nessuno si accorse assolutamente
del colpo. Intanto Apollo, salutando ora questo ora quello, apprese la cronaca
dell'assemblea, e si rallegrò, a parte il resto, che tutto si fosse risolto a
vantaggio di Giove. Entrò allora da Giove tutto allegro, ma inaspettatamente fu
ricevuto con un'espressione più accigliata del normale. Giove chiese infatti,
dopo aver mandato via tutti gli altri: «Perché cavolo sei tornato così tardi?».
Apollo rispose: «Non ho avuto altro pensiero che eseguire con efficienza e rapidità
i tuoi ordini. Però quei filosofi che ho avvicinato hanno una formazione
mentale che non gli permette di esporre nessun concetto peregrino senza
avvolgerlo in enormi giri di parole, quindi mi hanno trattenuto mio malgrado
con divagazioni interminabili; pensavo tuttavia che si dovesse stare a
sentirli, poiché cercavo di soddisfare con la massima precisione le tue
aspettative. Certo però che sono tutti quanti dei parolai, escluso Socrate,
senonché anche lui qualche volta si mette a divagare con certe domandine, e
sembra puntare ad altro; tuttavia, comunque la si giri, a me è sempre parso una
brava persona, l'ho proprio visto di buon occhio e ho infuso in lui quel tanto
delle mie caratteristiche che basta ad evitare guai e disgrazie. Apprezzerò
sempre l'animo disinteressato di quest'uomo, il suo autocontrollo, l'umanità,
la simpatia, la serietà, l'integrità morale, assieme alla sua passione per la
ricerca del vero e al suo culto della virtù. Una volta gli ho sentito fare una
dissertazione splendida, veramente memorabile, nella quale ha dimostrato
ampiamente la superiorità delle sue idee: quando me la sentirai esporre, credo
che non ti peserà più il fatto che io mi sia attardato un po' ad ascoltarla
attentamente, e forse ammetterai che non c'è ragionamento più adatto di questo
per sistemare bene la tua politica. Se ti va di concentrarti nell'ascolto, te
la riassumerò in poche parole». Allora Giove: «Sì, sì, parla: è sempre utile
godere dei discorsi e delle massime dei saggi, anche quando non riguardano direttamente
i problemi del momento». Apollo riprese: «Tra i filosofi ho trovato solo due
persone dalle quali ho sentito fare discorsi davvero seri e perfettamente
coerenti: Democrito e Socrate. Ti parlerò di Socrate, ma prima voglio
raccontarti un aneddoto su Democrito che dovrebbe toglierti dal viso
quest'insolita espressione preoccupata e restituirti il buonumore. Sentirai una
storia divertente, ma anche molto profonda. Ho incontrato Democrito intento ad
osservare un granchio pescato in un torrente lì vicino, con l'espressione
attonita e gli occhi pieni di stupore, tanto che anch'io son rimasto stupito a
vederlo così. Sono rimasto fermo lì per un po', poi ho cercato di rivolgergli
la parola, ma lui non si destava mai da quel suo sonno ad occhi aperti (se è così
che lo devo intendere). Ho pensato perciò che era meglio lasciar perdere quella
statua di Democrito, per così dire, finché non si fosse svegliata da sola,
piuttosto che star lì a sprecar tempo. Ho potuto così andare un po' in giro, e
ho incontrato tanti altri filosofi, a caterve; e chi non criticherebbe le loro
abitudini? Chi non detesterebbe quel genere di vita? Chi è in grado di
comprendere e approvare i loro discorsi e le loro idee? Sono proprio oscuri,
ambigui come nient'altro». Giove allora disse con un sorrisetto: «Come! Tu,
Apollo, che sei il maestro nell'arte dell'interpretazione, non sei capace
d'interpretare i discorsi di costoro?». Apollo rispose: «Ti devo confessare che
qualunque altra cosa mi riesce più facile: quei ragionamenti sono così mutevoli
e vaghi da un lato, così in contrapposizione, così in contraddizione
dall'altro! Ma lasciamo perdere. La sostanza è che gli uomini di questo tipo
non si trovano mai d'accordo su un solo ragionamento, ma si contraddicono tra
loro in tutte le loro idee, mentre l'unica scemenza in cui vanno tutti
d'accordo è che ognuno di loro è convinto che tutti gli altri uomini siano
pazzi furiosi, tranne quelli che hanno il loro stesso tipo di vita, di
abitudini, passioni, desideri, sentimenti, metodi e così via. Inoltre quel che
piace ad uno non piace all'altro, quel che uno detesta gli altri non lo
detestano, quel che commuove gli uni lascia indifferenti gli altri: e si
offendono pure, per questo! Quindi, è difficile dire quante aspre polemiche
siano scoppiate tra loro, perché ricorrono anche agli insulti e alla violenza,
ogni volta che possono, pur di spingere tutti gli altri a seguire i loro
principi; ti riuscirebbe difficile ammettere che una tale follia si annidi in
uomini che han fatto della sapienza la loro professione!». Disse allora Giove:
«Perché dovrei stupirmi se i filosofi vorrebbero far vivere gli altri a modo
loro, se vedo continuamente anche persone del popolo chiedere agli dèi, come
gli fa dire la testa, ora la pioggia, ora il sole, il vento e anche i fulmini,
eccetera eccetera?». Rispose Apollo: «Non m'interessa cosa fanno gli altri. A
proposito di costoro, di una cosa sono convinto: fin tanto che ciascuno di loro
vorrebbe che il mondo andasse come vuole la sua follia, fin tanto che non hanno
nessuna certezza stabilita, sono convinto, ripeto, che se vorrai dar retta alle
loro assurdità dovresti metterti a creare un numero infinito di mondi che
cambiano secondo come gli gira sul momento, oppure uscir pazzo per le continue
proteste dei postulanti. Ma basta parlare di tutta questa razza di filosofi!
Torno a Democrito. Mi avvicino di nuovo a lui e lo trovo intento a tagliare a
pezzi quel granchio che stava osservando con tanto stupore, come avevo detto:
con la testa china e lo sguardo concentrato, se lo andava studiando di dentro
guardando attraverso le viscere, e faceva il conto dei nervi e degli ossicini.
Lo saluto, ma quello, manco per il cavolo! Non posso fare a meno di ridere:
sentirai che buffo, Giove! Mi è venuta un'idea: ho preso una cipolla dal campo
vicino, l'ho divisa in due e mi son piazzato di fronte a lui, poi mi son messo
a imitare tutti i gesti e i movimenti che faceva: lui corrugava il viso, e io
pure; piegava la testa da un lato, e io pure; sporgeva in avanti certi
occhioni, e io pure. Insomma, facevo di tutto per essere simile a lui, e c'ero
riuscito quasi completamente: l'unica differenza era che Democrito aveva gli
occhi asciutti, io invece li avevo pieni di lacrime per il fastidio che mi dava
l'odore pungente della cipolla. Per non farla lunga, con quella trovata da
buffone ho ottenuto lo scopo che non avevo potuto raggiungere facendo la
persona seria, cioè riuscire a parlare con lui. Infatti mi osservò da capo a
piedi ridacchiando, poi disse: 'Ehi tu, cosa fai lì che piangi?'. Allora io replicai,
squadrandolo a mia volta: 'Tu piuttosto che fai? Che hai da ridere?'. Lui
disse: 'Te l'ho chiesto prima io'. Rispondo: 'Ma io ti ho risposto per primo'.
Allora, vedendo che la cosa poteva finire in lite, fece un gran sorriso e
disse: 'E va bene, sei tu il più bravo! Allora io ti spiegherò cosa sto
facendo. Da tempo dedico molto lavoro a sventrare gli animali (mi sembrava
empio sezionare col ferro gli esseri umani) per scoprire il luogo dove ha sede
il principale malanno degli esseri viventi, la collera, e capire così l'origine
degli scatti, dei bollori, del fuoco che sconvolge la mente umana e distrugge
ogni forma di razionalità: pensavo di trarre da tale scoperta molte conseguenze
della massima utilità per la vita umana. Riuscivo a fare alcune osservazioni
pienamente soddisfacenti riguardo alla maggior parte degli animali, ma per quel
che concerne l'uomo non riuscivo a comprendere l'origine di quelle eccitazioni
che portano alla follia. Ecco cosa ho scoperto: più o meno in mezzo al petto
c'è un umore che, per effetto del soffio continuo delle fiammelle vitali, si
riscalda e si riversa nel sangue in modo da formare singoli composti delle sue
varie particelle; uno di questi composti scorre formando una schiuma quasi
impercettibile alla superficie del sangue e va a confluire in un piccolo
condotto che madre natura ha predisposto allo scopo. Questo liquido dalla
struttura infiammabile ha la caratteristica di scaldarsi e andare in
ebollizione ogni volta che si agita il cuore oppure un'infiammazione d'origine
esterna si attacca in fondo alle viscere; allora le sue scintille
penetrantissime, assottigliate dalla natura stessa del composto e spinte
dall'alta temperatura, entrano in circolo velocissime e risalgono fino alla
sede della ragione, la invadono completamente, ed esercitando una pressione
violenta e disordinata fanno scoppiare l'incendio nelle parti più profonde del
temperamento naturale, fino a sconvolgere del tutto la mente con i loro
continui stimoli. Ho osservato chiaramente questo fenomeno negli altri animali;
adesso però avevo deciso di dedicare un'indagine più accurata a questo animale
che ho tra le mani, che mi sembrava particolarmente fornito di attributi
naturali adatti a qualsiasi forma di duro combattimento. Ha la corazza, ha le
tenaglie, madre natura ha provveduto a coprirlo interamente di scaglie; così,
sapendo che le armi sono fragili e perfettamente inutili se non c'è l'impulso
aggressivo, avevo motivo di ritenere che la natura lo avesse fornito anche di
molte sostanze eccitanti per stimolarne l'aggressività: però non riesco a
localizzarle, e la cosa che mi sconcerta di più è che non riesco nemmeno a
trovare il cervello di questo animale, e la ragione non permette di pensare che
questo solo essere vivente sia privo di cervello, infatti l'animale si muove,
quindi è necessario che abbia un cervello da cui riceve forza vitale, dal
momento che tutto il sistema nervoso si dirama proprio dal cervello. Come possa
mancare di cervello questo qui, che ha la possibilità di fare tanti movimenti
con la forza e la varietà delle sue membra, non riesco a comprenderlo'. Così
parlò Democrito. Allora, per fargli vedere che anch'io ero capace di
speculazioni astratte, saltai su a dire che stavo studiando la cipolla che
avevo in mano per sapere se gli dèi avrebbero distrutto il mondo o l'avrebbero
conservato in eterno. Quello esclamò: 'Che indovino da operetta che sei! Dove
ti sei andato a cercare questa nuova maniera di prevedere il futuro?'.
Rispondo: 'Ma se è una diretta conseguenza dei ragionamenti che fate voi quando
vi mettete a sottilizzare, e dimostrate che il mondo è un'enorme cipolla!'. E
lui: 'Questa è davvero carina, indagare in una sfera così piccola la sorte del
mondo così grande! Ma che c'è? Cos'hai trovato di tanto sgradito in questo
interno di cipolla, che ti fa piangere?'. Io: 'Vedi qua, nella cipolla
tagliata, la lettera c e la lettera a? Non è evidente per te quello che
vogliono dire?'. Lui: 'Come? Tu credi che la cipolla parli, come certuni dicono
che il cielo canta?'. Io: 'Ma no! Ma se te lo mettono davanti agli occhi! Metti
insieme la a e la c: o affonderà, dicono, o crollerà; separale: non dicono la
stessa cosa, cioè che il crollo avverrà?. A questo punto quello scoppiò in una
fragorosa risata: 'E allora' disse 'tu, benedetto figliolo, piangi la
distruzione totale del mondo! Ma guardatelo! Dove pensi che gli dèi butteranno
le macerie del mondo attuale, se hanno intenzione di distruggerlo?'. Sono
rimasto senza parole di fronte a questa affermazione, che mi sembrava profonda
e quanto mai attinente al nostro problema; e dicevo fra me: 'Tu sì che hai
cervello, mentre avrei detto che ti mancava, quando lo andavi cercando nel
granchio!'.
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