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Mentre tra i celesti accadevano i
fatti narrati, il Caldo, la Fame, la Febbre e altri dèi del genere, avendo
sentito che si preparava la fine del mondo, cominciarono subito a tormentare
l'umanità per autoridursi il lavoro che ben presto avrebbero dovuto fare per
uccidere tanti milioni di uomini, e si portarono via una grossa quantità di
esseri viventi. Spinta da queste calamità, la razza umana, avendo compreso che
gli dèi erano particolarmente sensibili alle offerte in oro, offrì loro in voto
feste di straordinaria solennità, magnificamente contornate di ogni genere di
spettacoli, senza badare a spese. Non vi dico che folla innumerevole di
musicisti, commedianti, poeti si radunò da tutte le nazioni, fin dalle più
remote regioni del globo. Misero insieme, per rendere più sontuosi il tempio,
le cerimonie e i giochi, il meglio che ogni popolazione potesse offrire. E non
voglio parlare di tutto il resto! Non posso però tralasciare, per la sua
straordinaria grandezza, l'enorme tendone ricamato in oro che ricopriva di
sopra e tutt'intorno il teatro del padiglione centrale della festa. Ai posti
d'onore erano sistemate le statue dei massimi dèi; tutte quante splendevano di
oro e diamanti sparsi intorno, ma superava in bellezza l'oro e i diamanti,
quanto questi lo superavano in valore, il fatto che tutte acquistavano
leggiadria dai fiori cosparsi d'intorno, tutte ricevevano gli effluvi più delicati
ed erano cinte di ghirlande. Inoltre dipinti, tavolini d'alabastro e giochi di
specchi riempivano la gente di meraviglia e di stupore; e perché non ci fosse
neanche un angolino privo di cose belle da vedere, la statua di un eroe
occupava ogni singolo intervallo tra le colonne, anche nei punti meno in vista.
Di fronte a preparativi del genere, i celesti si rendevano conto della gran
considerazione in cui li teneva l'umanità, e non potevano non sentirsene
commossi. La conseguenza fu che anche coloro i quali per disciplina di partito,
o nella speranza di trarne vantaggi, erano stati accaniti oppositori della
causa degli uomini modificarono la loro posizione, un po' per un senso di
pietà, un po' sotto la spinta di un'offerta così grande, abbandonando l'intransigenza
rivoluzionaria di qualche tempo prima; e quelli che desideravano già prima la
salvezza dell'umanità, che avevano in Ercole il loro leader, insistevano con
Giove perché scegliesse di tenere obbligati con la concessione di grazie quegli
uomini sempre più benemeriti, e non li punisse con la distruzione: nel primo
caso, oltre che in popolarità c'era tutto da guadagnare in elogi, mentre
nell'altro non solo non si prospettavano vantaggi, ma si correva il rischio di
dar esca alle peggiori critiche; Ercole consigliava di valutare attentamente se
voti come quelli, fatti con devozione non inferiore al sacrificio finanziario,
corrispondevano alle calunnie di Momo, se erano, cioè, voti di gente che non
credeva nell'esistenza degli dèi, o non erano piuttosto, al contrario, fatti da
chi desiderava essere il più possibile caro e ben accetto agli dèi. Consigliava
anche di ripensare bene al caratteraccio di Momo: sarebbe così arrivato a una
conclusione, stabilendo se uno che aveva cercato di rendere gli dèi ostili e antipatici
agli uomini, che lo odiavano, poteva lasciar nulla d'intentato pur di
danneggiare gli uomini suoi nemici nei riguardi degli dèi, dai quali si sentiva
bene accetto; che razza di odio Momo nutrisse verso i mortali era chiarissimo,
del resto, fra i tanti esempi, dal fatto che quasi ancor prima di vederli aveva
creato per dargli fastidio quegli animaletti schifosi che si riesce a stento a
nominare senza ribrezzo; perciò i celesti dovevano considerare se era mai
possibile che uno che le aveva provate tutte contro gli dèi, i quali si
limitavano a rimproverarlo, fosse passato sopra a un'ingiuria come quella della
barba presa a morsi. Infine Ercole, invocando la testimonianza dell'Ombra,
figlia della Notte (cioè con la formula più solenne di giuramento divino),
affermò che tutte le accuse lanciate quella sera a cena da Momo contro gli
uomini erano, esse sì, infarcite di ogni sorta di falsità criminale, e che
erano di Momo, non degli uomini, quelle bestemmie contro gli dèi di cui faceva
frequente abuso parlando con i filosofi. Aggiunse poi la considerazione che gli
dèi più saggi non riuscivano a capire quali fossero le intenzioni di Giove. Se
con quell'idea di fare una rivoluzione voleva accontentare la maggioranza, o
ottenere l'approvazione delle masse era l'unico premio che andava cercando col
dispendio di tante energie, in ogni caso ci sarebbe sempre stato qualcuno non
del tutto soddisfatto dei risultati, e non potevano certo mancare, soprattutto
tra gli dèi d'alto rango, quelli che desiderano la stabilità più di quanto non
abbiano il gusto del rinnovamento. E poi quei vecchi, bravissimi architetti che
avevano portato a termine con tanta perizia il mondo attuale erano tutti vecchi
decrepiti; quella categoria di tecnici escludeva del tutto la possibilità di una
realizzazione più bella ed elegante e più durevole nel tempo rispetto a quella
già fatta, che destava in ogni suo elemento la più alta ammirazione. Se poi si
fosse voluto mettere alla prova degli architetti nuovi, si era già avuta
sufficiente dimostrazione del loro valore nella costruzione dell'arco di
Giunone, per non fare altri esempi: certo non aveva tutti i torti la gente a
commentare che era stato costruito con l'unico scopo di crollare durante i
lavori! Queste erano le argomentazioni di Ercole, che incontravano approvazione
e consensi non solo da parte di Giunone, Bacco e Venere e tutti gli altri
aderenti alla corrente di Giunone, i quali mostravano apertamente il loro
caloroso sostegno, ma da parte di quasi tutta la comunità celeste. E così
Giove, sulla base di queste esortazioni, poco fiducioso nella riuscita di
un'impresa così ardua, e per di più allettato dalla magnificenza dei voti, non
fece difficoltà a modificare le sue decisioni. E a quel punto afferrò ben
volentieri l'occasione di scrollarsi di dosso l'impopolarità scaricandola su
Momo, pur cercando di far passare per benigna concessione quel che lui stesso
era già intenzionato a fare. Disse perciò: «Non c'è bisogno che vi ripeta,
celesti, in che gran conto io ho sempre tenuto gli uomini, i vostri cari
tesori; però sono gli uomini stessi, con la speranza ansiosa con cui presentano
i loro voti, a dimostrare di non conoscere abbastanza bene le nostre
disposizioni d'animo nei loro confronti. A chi ci si rivolge per chiedere aiuto
con tanta fiduciosa speranza, quando ci si trova nei guai, se non a qualcuno a
cui si sa di essere cari e raccomandati? Non vorrei che pensaste che sia stata
una cosa facile per me far finta di non arrabbiarmi con chi era insofferente
dello stato di cose attuale, o di non sapere a cosa mirassero i fautori della
rivoluzione. Perciò, se considererete con una certa attenzione i problemi sul
tappeto, non ho dubbi che approverete il mio operato, anzi direte che non si
poteva far meglio di così. Lasciamo stare tutto il resto: che ve ne pare del
fatto che io sia riuscito, stimolando un dibattito collettivo, a rendere
lampante anche a parecchi che non ci avevano mai fatto caso che questo mondo,
insomma, è così totalmente perfetto che non ci si può aggiungere proprio
nient'altro? Devo quindi esser lieto d'aver fatto piazza pulita, per il futuro,
di tutti gli eventuali reclami dei mascalzoni su questo argomento. Ma la cosa
che mi spinge a complimentarmi vivamente con me stesso è che mi sono reso conto
con la massima chiarezza di come molte persone possano avere un carattere ben
diverso da quel che vogliono far credere. E prima di tutti il nostro Momo ha
dato un magnifico esempio di cosa avesse intenzione di fare con le sue finzioni
e dissimulazioni! Lo ammetto, il trasformismo di Momo, la sua abilità a
raccontar balle mi avrebbero potuto far commettere l'imprudenza di raffreddare
i miei sentimenti perfino per Giunone, che mi ama tanto: e questo soprattutto
perché stavo cascando nella sua trappola, e lo credevo effettivamente abbattuto
e trasformato dal peso delle sue disgrazie. Per di più, le sue esperienze di
vita e i suoi rapporti con i filosofi gli davano l'aria di persona molto
saggia, ed io pensavo che non fosse per niente disonesto, ma davvero ammirevole
un ingegno passato per una raffinata formazione. Che c'è di strano, quindi, se
nella mia imprudenza davo un certo credito a uno che avevo caro, ed era poi
così multiforme ed astuto? Non sto a dirvi gli sforzi che ha fatto per
convincermi, l'insistenza con cui cercava di spingermi a buttarmi a corpo morto
in un'impresa rivoluzionaria! A me però tornava spesso in mente una bella
massima di saggezza: certi tipi troppo istruiti sono meno onesti di quanto
possa ammettersi. E certo, come si può vedere, non sono affatto spontanei e
sinceri: in realtà sono ben diversi dalle apparenze esteriori, fanno un pessimo
uso della loro eccezionale acutezza d'ingegno rivolgendola al male, e proprio
quando si studiano di sembrare onesti e sinceri, ecco che ti colpiscono a
tradimento. Non appena mi sono accorto che Momo era fatto così, continuavo a
sopportare quel simpaticone che si voleva far credere e di cui recitava la
parte, per poter penetrare più a fondo nell'intimo di quel tipo scaltro quanto
subdolo; e intanto stavo in guardia, senza credere a nulla. Ma ora, comunque
sia andata a finire, penso che abbiate fatto una cosa buona a liberarvi di quel
seminatore di zizzania. Avrei preferito, l'ho già detto, che non ci fosse
confusione, né sollevazioni di massa; passi, comunque, che Giunone sia ricorsa
a qualunque mezzo pur di espellere dalla comunità divina quell'odiosissimo
delinquente. Spetterà al nostro buon senso, visto che conosciamo l'indiavolata
acrimonia di Momo, togliergli la possibilità di provocare ulteriori disastri
per sconvolgere nuovamente la tranquillità degli dèi e la vita umana. Ecco cosa
ho deciso in proposito: considerato che il criminale Momo, turbatore
dell'ordine pubblico, odiato dagli dèi e dagli uomini, non è capace di tenere
una condotta leale, ordinata, pacifica e tranquilla; che con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso opera al fine di danneggiare o
rovinare completamente beni e persone, accanendosi in particolare contro gli
interessi dei ceti privilegiati dal destino; che esercita senza sosta una
funzione suscettibile di provocare gravi calamità e disgrazie a danno e rovina
totale di tanti poveri innocenti; che organizza e sostiene associazioni a
delinquere col concorso di elementi sovversivi, ribelli, senza religione e
criminali incalliti; che esercita opera incessante d'istigazione al delitto;
che con i suoi discorsi e le sue azioni dà luogo a trame atte a costituire una
minaccia costante per l'ordine universale; che non tralascia occasione alcuna
d'incrementare con nuovi comportamenti delittuosi il lungo elenco dei suoi
crimini; allo scopo di impedirgli di danneggiare ulteriormente gli dèi ed
opprimere e rovinare gli uomini, che godono della protezione divina, a suo
completo arbitrio; decretiamo che sia relegato e incatenato a uno scoglio in
modo che tutto il corpo, con la sola eccezione della testa, rimanga immerso
nell'acqua per l'eternità».
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