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Leon Battista Alberti
Momo o Del Principe

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  • LIBRO TERZO.
      • -21-
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Mentre tra i celesti accadevano i fatti narrati, il Caldo, la Fame, la Febbre e altri dèi del genere, avendo sentito che si preparava la fine del mondo, cominciarono subito a tormentare l'umanità per autoridursi il lavoro che ben presto avrebbero dovuto fare per uccidere tanti milioni di uomini, e si portarono via una grossa quantità di esseri viventi. Spinta da queste calamità, la razza umana, avendo compreso che gli dèi erano particolarmente sensibili alle offerte in oro, offrì loro in voto feste di straordinaria solennità, magnificamente contornate di ogni genere di spettacoli, senza badare a spese. Non vi dico che folla innumerevole di musicisti, commedianti, poeti si radunò da tutte le nazioni, fin dalle più remote regioni del globo. Misero insieme, per rendere più sontuosi il tempio, le cerimonie e i giochi, il meglio che ogni popolazione potesse offrire. E non voglio parlare di tutto il resto! Non posso però tralasciare, per la sua straordinaria grandezza, l'enorme tendone ricamato in oro che ricopriva di sopra e tutt'intorno il teatro del padiglione centrale della festa. Ai posti d'onore erano sistemate le statue dei massimi dèi; tutte quante splendevano di oro e diamanti sparsi intorno, ma superava in bellezza l'oro e i diamanti, quanto questi lo superavano in valore, il fatto che tutte acquistavano leggiadria dai fiori cosparsi d'intorno, tutte ricevevano gli effluvi più delicati ed erano cinte di ghirlande. Inoltre dipinti, tavolini d'alabastro e giochi di specchi riempivano la gente di meraviglia e di stupore; e perché non ci fosse neanche un angolino privo di cose belle da vedere, la statua di un eroe occupava ogni singolo intervallo tra le colonne, anche nei punti meno in vista. Di fronte a preparativi del genere, i celesti si rendevano conto della gran considerazione in cui li teneva l'umanità, e non potevano non sentirsene commossi. La conseguenza fu che anche coloro i quali per disciplina di partito, o nella speranza di trarne vantaggi, erano stati accaniti oppositori della causa degli uomini modificarono la loro posizione, un po' per un senso di pietà, un po' sotto la spinta di un'offerta così grande, abbandonando l'intransigenza rivoluzionaria di qualche tempo prima; e quelli che desideravano già prima la salvezza dell'umanità, che avevano in Ercole il loro leader, insistevano con Giove perché scegliesse di tenere obbligati con la concessione di grazie quegli uomini sempre più benemeriti, e non li punisse con la distruzione: nel primo caso, oltre che in popolarità c'era tutto da guadagnare in elogi, mentre nell'altro non solo non si prospettavano vantaggi, ma si correva il rischio di dar esca alle peggiori critiche; Ercole consigliava di valutare attentamente se voti come quelli, fatti con devozione non inferiore al sacrificio finanziario, corrispondevano alle calunnie di Momo, se erano, cioè, voti di gente che non credeva nell'esistenza degli dèi, o non erano piuttosto, al contrario, fatti da chi desiderava essere il più possibile caro e ben accetto agli dèi. Consigliava anche di ripensare bene al caratteraccio di Momo: sarebbe così arrivato a una conclusione, stabilendo se uno che aveva cercato di rendere gli dèi ostili e antipatici agli uomini, che lo odiavano, poteva lasciar nulla d'intentato pur di danneggiare gli uomini suoi nemici nei riguardi degli dèi, dai quali si sentiva bene accetto; che razza di odio Momo nutrisse verso i mortali era chiarissimo, del resto, fra i tanti esempi, dal fatto che quasi ancor prima di vederli aveva creato per dargli fastidio quegli animaletti schifosi che si riesce a stento a nominare senza ribrezzo; perciò i celesti dovevano considerare se era mai possibile che uno che le aveva provate tutte contro gli dèi, i quali si limitavano a rimproverarlo, fosse passato sopra a un'ingiuria come quella della barba presa a morsi. Infine Ercole, invocando la testimonianza dell'Ombra, figlia della Notte (cioè con la formula più solenne di giuramento divino), affermò che tutte le accuse lanciate quella sera a cena da Momo contro gli uomini erano, esse sì, infarcite di ogni sorta di falsità criminale, e che erano di Momo, non degli uomini, quelle bestemmie contro gli dèi di cui faceva frequente abuso parlando con i filosofi. Aggiunse poi la considerazione che gli dèi più saggi non riuscivano a capire quali fossero le intenzioni di Giove. Se con quell'idea di fare una rivoluzione voleva accontentare la maggioranza, o ottenere l'approvazione delle masse era l'unico premio che andava cercando col dispendio di tante energie, in ogni caso ci sarebbe sempre stato qualcuno non del tutto soddisfatto dei risultati, e non potevano certo mancare, soprattutto tra gli dèi d'alto rango, quelli che desiderano la stabilità più di quanto non abbiano il gusto del rinnovamento. E poi quei vecchi, bravissimi architetti che avevano portato a termine con tanta perizia il mondo attuale erano tutti vecchi decrepiti; quella categoria di tecnici escludeva del tutto la possibilità di una realizzazione più bella ed elegante e più durevole nel tempo rispetto a quella già fatta, che destava in ogni suo elemento la più alta ammirazione. Se poi si fosse voluto mettere alla prova degli architetti nuovi, si era già avuta sufficiente dimostrazione del loro valore nella costruzione dell'arco di Giunone, per non fare altri esempi: certo non aveva tutti i torti la gente a commentare che era stato costruito con l'unico scopo di crollare durante i lavori! Queste erano le argomentazioni di Ercole, che incontravano approvazione e consensi non solo da parte di Giunone, Bacco e Venere e tutti gli altri aderenti alla corrente di Giunone, i quali mostravano apertamente il loro caloroso sostegno, ma da parte di quasi tutta la comunità celeste. E così Giove, sulla base di queste esortazioni, poco fiducioso nella riuscita di un'impresa così ardua, e per di più allettato dalla magnificenza dei voti, non fece difficoltà a modificare le sue decisioni. E a quel punto afferrò ben volentieri l'occasione di scrollarsi di dosso l'impopolarità scaricandola su Momo, pur cercando di far passare per benigna concessione quel che lui stesso era già intenzionato a fare. Disse perciò: «Non c'è bisogno che vi ripeta, celesti, in che gran conto io ho sempre tenuto gli uomini, i vostri cari tesori; però sono gli uomini stessi, con la speranza ansiosa con cui presentano i loro voti, a dimostrare di non conoscere abbastanza bene le nostre disposizioni d'animo nei loro confronti. A chi ci si rivolge per chiedere aiuto con tanta fiduciosa speranza, quando ci si trova nei guai, se non a qualcuno a cui si sa di essere cari e raccomandati? Non vorrei che pensaste che sia stata una cosa facile per me far finta di non arrabbiarmi con chi era insofferente dello stato di cose attuale, o di non sapere a cosa mirassero i fautori della rivoluzione. Perciò, se considererete con una certa attenzione i problemi sul tappeto, non ho dubbi che approverete il mio operato, anzi direte che non si poteva far meglio di così. Lasciamo stare tutto il resto: che ve ne pare del fatto che io sia riuscito, stimolando un dibattito collettivo, a rendere lampante anche a parecchi che non ci avevano mai fatto caso che questo mondo, insomma, è così totalmente perfetto che non ci si può aggiungere proprio nient'altro? Devo quindi esser lieto d'aver fatto piazza pulita, per il futuro, di tutti gli eventuali reclami dei mascalzoni su questo argomento. Ma la cosa che mi spinge a complimentarmi vivamente con me stesso è che mi sono reso conto con la massima chiarezza di come molte persone possano avere un carattere ben diverso da quel che vogliono far credere. E prima di tutti il nostro Momo ha dato un magnifico esempio di cosa avesse intenzione di fare con le sue finzioni e dissimulazioni! Lo ammetto, il trasformismo di Momo, la sua abilità a raccontar balle mi avrebbero potuto far commettere l'imprudenza di raffreddare i miei sentimenti perfino per Giunone, che mi ama tanto: e questo soprattutto perché stavo cascando nella sua trappola, e lo credevo effettivamente abbattuto e trasformato dal peso delle sue disgrazie. Per di più, le sue esperienze di vita e i suoi rapporti con i filosofi gli davano l'aria di persona molto saggia, ed io pensavo che non fosse per niente disonesto, ma davvero ammirevole un ingegno passato per una raffinata formazione. Che c'è di strano, quindi, se nella mia imprudenza davo un certo credito a uno che avevo caro, ed era poi così multiforme ed astuto? Non sto a dirvi gli sforzi che ha fatto per convincermi, l'insistenza con cui cercava di spingermi a buttarmi a corpo morto in un'impresa rivoluzionaria! A me però tornava spesso in mente una bella massima di saggezza: certi tipi troppo istruiti sono meno onesti di quanto possa ammettersi. E certo, come si può vedere, non sono affatto spontanei e sinceri: in realtà sono ben diversi dalle apparenze esteriori, fanno un pessimo uso della loro eccezionale acutezza d'ingegno rivolgendola al male, e proprio quando si studiano di sembrare onesti e sinceri, ecco che ti colpiscono a tradimento. Non appena mi sono accorto che Momo era fatto così, continuavo a sopportare quel simpaticone che si voleva far credere e di cui recitava la parte, per poter penetrare più a fondo nell'intimo di quel tipo scaltro quanto subdolo; e intanto stavo in guardia, senza credere a nulla. Ma ora, comunque sia andata a finire, penso che abbiate fatto una cosa buona a liberarvi di quel seminatore di zizzania. Avrei preferito, l'ho già detto, che non ci fosse confusione, né sollevazioni di massa; passi, comunque, che Giunone sia ricorsa a qualunque mezzo pur di espellere dalla comunità divina quell'odiosissimo delinquente. Spetterà al nostro buon senso, visto che conosciamo l'indiavolata acrimonia di Momo, togliergli la possibilità di provocare ulteriori disastri per sconvolgere nuovamente la tranquillità degli dèi e la vita umana. Ecco cosa ho deciso in proposito: considerato che il criminale Momo, turbatore dell'ordine pubblico, odiato dagli dèi e dagli uomini, non è capace di tenere una condotta leale, ordinata, pacifica e tranquilla; che con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso opera al fine di danneggiare o rovinare completamente beni e persone, accanendosi in particolare contro gli interessi dei ceti privilegiati dal destino; che esercita senza sosta una funzione suscettibile di provocare gravi calamità e disgrazie a danno e rovina totale di tanti poveri innocenti; che organizza e sostiene associazioni a delinquere col concorso di elementi sovversivi, ribelli, senza religione e criminali incalliti; che esercita opera incessante d'istigazione al delitto; che con i suoi discorsi e le sue azioni luogo a trame atte a costituire una minaccia costante per l'ordine universale; che non tralascia occasione alcuna d'incrementare con nuovi comportamenti delittuosi il lungo elenco dei suoi crimini; allo scopo di impedirgli di danneggiare ulteriormente gli dèi ed opprimere e rovinare gli uomini, che godono della protezione divina, a suo completo arbitrio; decretiamo che sia relegato e incatenato a uno scoglio in modo che tutto il corpo, con la sola eccezione della testa, rimanga immerso nell'acqua per l'eternità».




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