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Leon Battista Alberti Momo o Del Principe IntraText CT - Lettura del testo |
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-11-Così Caronte, facendo i preparativi per il viaggio, tirò in secco la barca e stette un pezzo a riflettere se non convenisse lasciarla da qualche parte dell'aldilà; infine, pensando che fosse la migliore soluzione, la capovolse e la sollevò mettendosela sopra la testa, in modo di stare al riparo di una sorta di tenda in miniatura, e si mise in cammino tenendo il remo in mano. La folla assiste ammirata alla partenza di quel vecchio ardimentoso e in pieno vigore a dispetto dell'età. Strada facendo, tra un discorso e l'altro Gelasto chiese a Caronte perché trasportava la barca in quel modo, e non aveva preferito lasciarla in secco sulla spiaggia. Caronte rispose: «Vuoi proprio che ti parli delle stramberie dei defunti? Non ce n'è uno che non vorrebbe farmi navigare ai suoi ordini! Anzi, proprio qualche giorno fa un mangione di cui non ricordo il nome mi ha strappato il remo e si è messo a dimenarsi che pareva un argonauta. Gli dico: 'Ma chi sei? In vita forse sei stato ammiraglio?'. 'No' risponde 'ma una volta nella nostra famiglia ci sono stati parecchi rematori'. Mi sono messo a ridere, sbalordito dalla scemenza, più che dalla sua faccia tosta, vedendolo partire in quarta senza esitazione per fare una cosa di cui non aveva la minima pratica. Allora uno dei defunti suoi compagni di viaggio mi fa: 'Non è vero, Caronte, questo qui e i suoi parenti non hanno mai visto il mare nemmeno in cartolina: montanari sono, se la son sempre fatta nelle cave di pietra a cui erano assegnati!'. Se questo ha avuto tanta faccia tosta, come pensi che si comporterebbero gli altri, se gli si offrisse l'occasione di cavarsi il gusto di traghettare o di fare una bravata, lasciando lì la barca?». Disse allora Gelasto: «Ma se essi si mettessero a fare così non per sfacciataggine o arroganza, ma per la voglia d'imparare?». Rispose Caronte: «Imparare nuovi mestieri qui all'inferno? Neanche per sogno! Degli sfrontati, ecco cosa sono. Ma come si può ammettere che il primo che passa voglia insegnare a remare a Caronte?». Intervenne Gelasto: «Il tuo discorso mi offre lo spunto per dire che io ho subito un'ingiustizia da parte tua, Caronte: tu hai traghettato un sacco di sfacciati o giù di lì, e hai rifiutato per tanto tempo me, che sono la negazione assoluta dell'arroganza e della mancanza di discrezione». Caronte rispose: «Dici di non esser stato petulante e indiscreto? E non è petulanza chiedere gratis le mie prestazioni? Non è indiscrezione incaponirsi a chiedere continuamente una cosa che è stata negata cento volte?». E Gelasto: «Io intendevo lamentarmi del mio guaio, Caronte, non chiedere le tue prestazioni, visto il tuo atteggiamento di chiusura inesorabile proprio verso di me, che non avevo più altre risorse se non le preghiere». Caronte rispose: «Avresti fatto meglio a impiccarti, prima di ridurti al punto di poter contare solo sulle preghiere!». «Ammetto» disse Gelasto «la mia poca prudenza, il motivo, però, forse non è proprio malvagio. Pensavo, infatti, che il mio primo dovere di filosofo fosse quello di tenermi completamente lontano dal denaro, fonte di tutte le preoccupazioni, come si dice in giro, e di votarmi interamente con assoluta dedizione e libertà d'animo allo studio e alla conoscenza dei problemi più complicati ed elevati». «Che idea bislacca!» esclamò allora Caronte «Sei ridicolo se ti limiti a crederci, ma se cerchi davvero di affrontare in piena libertà d'animo le cose più complicate, e la povertà soprattutto, allora sei matto da legare! Ammesso e non concesso che te la cavi senza fastidi, vuol dire che i problemi non sono complicati; ma se lo sono, richiederanno troppa applicazione perché tu possa permetterti di dire di non avere preoccupazioni. Dicono poi che il denaro è fonte di preoccupazioni: ma chi è che lo dice, ti domando? Le persone sagge, rispondi tu. Bell'idea di saggezza hanno i filosofi, se preferiscono tirare a campare in mezzo al freddo e alla fame, chiedendo l'elemosina, piuttosto che vivere nel benessere e nell'agiatezza! Eppure vivono, dirai tu. Ma questo non è vivere, Gelasto, è combattere coi guai: quando uno si riduce alla fame e al gelo, vuol dire che è proprio un poveraccio! Insomma, dove sta la vostra saggezza, in particolare per ciò che vi tocca direttamente, filosofi?». Gelasto rispose: «Chiedi dove sta la nostra saggezza? Ma noi sappiamo tutto, le cause e il moto degli astri, delle piogge, dei fulmini; conosciamo la terra, il cielo, il mare. Siamo noi gli inventori delle migliori teorie; i nostri consigli, validi quasi come leggi, prescrivono le regole di comportamento da seguire e il modo per migliorare le relazioni tra gli uomini». E Caronte: «Persone illustri e rispettabilissime, a quel che sento, se le loro azioni sono coerenti con le parole. Ma di' un po', voi in queste vostre leggi non stabilite anche che l'uomo sia d'aiuto all'altro uomo, ché ci si scambi rispetto e collaborazione?». Rispose Gelasto: «Per noi questo è il primo dei doveri». «E allora è un dovere» fece Caronte «sollevare dai fastidi chi ci sta al fianco, sollevarlo dalle seccature, aiutarlo in tutti i modi?». «È proprio come dici tu» rispose Gelasto. E Caronte: «Allora tu, visto che hai stabilito questa regola, aiutami a portare questa barca che pesa una tonnellata!». E Gelasto: «In questo caso, però, bisogna tener conto anche del tuo dovere! Perciò, Caronte, considera se non sia tutt'altro che doveroso pretendere di caricare un peso simile sulle spalle di un morto di fame, uno che ha tirato a campare a forza di elemosine». E Caronte: «Almeno il remo!». «Ma se hai detto» rispose Gelasto «che all'inferno non è possibile intraprendere nuovi mestieri! Nella mia vita ho imparato a maneggiare la penna, non il remo!». |
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