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Leon Battista Alberti
Momo o Del Principe

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  • LIBRO PRIMO.
      • -7-
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-7-

 

I celesti pensarono che non avrebbe giovato di certo alla dignità divina se gli uomini imparavano ad alzare le mani contro un dio, per quanto farabutto e poco conosciuto. Prevedevano d'altra parte che se Momo avesse portato avanti la sua vendetta come aveva cominciato, con l'assenso delle masse ignoranti e credulone, di sicuro le tradizioni religiose e gli onori sacri dovuti agli dèi sarebbero ben presto caduti nel dimenticatoio. Alla riunione del senato che fu convocata per discutere il problema venivano avanzate due proposte. Una, che incontrava l'approvazione generale, era quella di mandare a restaurare la dignità e l'autorità dei celesti alcuni dèi che godessero di buona popolarità tra gli uomini, perché si adoperassero con qualunque sistema a ridar lustro e vigore agli antichi riti e al culto divino. Sulla seconda proposta ci si divideva, ma aveva dalla sua sostenitori autorevoli: era quella di richiamare Momo, il cui carattere era ben noto da un pezzo a tutti gli abitanti del cielo, visto che in seguito al suo esilio la comunità divina si stava tirando addosso molti più guai che tenendosi in casa quel parolaio pettegolo a cui nessuno avrebbe più dato retta; se poi ci provavano soddisfazione che Momo fosse punito, la peggior specie d'esilio era proprio stare in mezzo ai suoi, emarginato e antipatico a tutti. In conclusione, per decreto di Giove e del senato, la dea Virtù, in forza della maestà del suo aspetto e dell'enorme prestigio di cui godeva tra i mortali, viene inviata ai terrestri, con una sorta di incarico straordinario, col massimo dei poteri, e riceve il mandato di evitare che la comunità degli dèi avesse a subire ulteriori danni. Alla partenza della dea tutte le categorie divine si affollarono a darle commiato; a uno a uno i membri del senato celeste, secondo l'intimità dei rapporti che avevano con la partente, le facevano preoccupate raccomandazioni, la invitavano ad applicare qualunque strategia per la salvezza di tutti nel comune pericolo; consigliavano di fare in modo che fosse proprio lei, che rendeva possibile l'esistenza dei sacerdoti degli dèi, a salvaguardare col suo scrupoloso intervento la sacrosanta maestà degli immortali. E lei, facendo dichiarazioni programmatiche improntate a ottimismo pur in quella grave crisi divina, prese tempestivamente tutte le iniziative che quella drammatica congiuntura poteva consentire. La dea Virtù aveva quattro figli adolescenti, il fiore della gioventù celeste per bellezza, grazia, disinvoltura e bontà d'animo; la dea se li porta in viaggio con sé, elegantissimi, per conquistare grazie a loro, se non c'era altro mezzo, gli ospiti tradizionali degli dèi, cioè i mortali più autorevoli e gli eroi, che sapeva quanto siano attratti dalla bellezza. A che prezzo si volevano annullare i tentativi di Momo! Ecco dunque la dea avanzare in formazione quadrata: davanti andavano da una parte Trionfo, dall'altra Trofeo, i due figli maschi di Virtù, vestiti di pretesta; nel mezzo la madre Virtù, le due figlie, Lode e Posterità, seguivano la madre. La folla divina, formando un lungo corteo, accompagnò la dea in partenza fino al segnale del settimo miglio. A quel punto gli incaricati divini salirono sulla nube più candida, su cui scivolarono in giù per l'etere fino a posarsi a terra. In tutto il cielo gli dèi confessarono di sentirsi molto sollevati da questa partenza di Virtù: sostenevano che indubbiamente la dea, con l'appoggio di simili collaboratori, sarebbe riuscita a riparare i danni che gli attacchi di quel criminale maniaco di Momo avevano arrecato alla maestà dei celesti. Appena la dea toccò il suolo, che meraviglia! Che manifestazioni di giubilo dava la terra col suo aspetto! Non vi dico come si siano aperti al sorriso i venti, le fonti, i fiumi, i colli all'arrivo della dea! Aveste visto i fiori spuntare perfino dalla viva roccia, sorridere e inchinarsi in segno di venerazione al passaggio della dea, emanare i loro effluvi più delicati per rendere profumatissimo il suo cammino! Aveste visto gli uccelli canori svolazzarle d'intorno, facendo festa con le ali variopinte, per salutare col loro canto quegli ospiti divini! Che altro? Gli occhi di tutti i mortali eran fissi nell'ammirazione di quei volti divini. Molti lasciavano il lavoro e si mettevano ad andar dietro a quell'apparizione straordinaria per poterla ammirare più a lungo; alcuni mentre la seguivano erano stupefatti per la meraviglia, fino a rimanere quasi completamente bloccati. Sbucavano da tutti i lati, da strade e stradine, madri di famiglia, ragazze da maritare, persone anziane, gente di ogni età; nessuno ne sapeva nulla, eppure si chiedevano l'un l'altro in continuazione chi erano i nuovi arrivati e cos'erano venuti a fare. Il contegno della dea, che procedeva con maestosa lentezza facendo lievi cenni di saluto col volto disteso, ispirava fiducia e rispetto; essa percorse la via militare, passò davanti all'università e al teatro, alla fine andò a fermarsi dentro il tempio del Diritto pubblico umano.




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