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Infuriato per quella mancanza di
rispetto inattesa, Momo dava in escandescenze; intrufolatosi in mezzo al
popolino, gridava così: «Dovremo sopportare in eterno, o cittadini,
l'insensatezza di questi signoroni, continuando a subire simili ingiustizie?
Passi che abbiano tante ricchezze ‑ gli vadano in malora, gli pigliasse
un accidente! Passi che stiano più in alto di noi poveracci rubando a tutto
spiano, finché la sorte glielo permette, e che detestino la gente perbene come
noi, perché disapproviamo le loro porcherie; risplendano pure di gemme e d'oro,
stiano impregnati di profumo, si diano pure alla pazza gioia e alla lussuria
sfrenata: noi con gli abiti consumati, tutti sporchi di sudore, ce la passeremo
sempre male per la loro bella faccia? Sopporteremo sempre la loro intollerabile
insolenza? È mai possibile che un valoroso, perché è ridotto in povertà, non
riesca a incontrarsi con dei connazionali, suoi parenti per giunta, se costoro
non lo permettono? Che indescrivibile disastro per la nostra libertà
collettiva, che sfacelo! Ci disperdono, ci fanno sloggiare come gli pare con la
loro prepotenza. E noi, di fronte a una provocazione così violenta, non
difenderemo valorosamente la nostra dignità? Noi che siamo così numerosi, non
ci metteremo mai insieme per respingere la straordinaria sfrontatezza di pochi?
Vergogna di questa ripugnante sottomissione! Dimostrate adesso che siamo liberi
cittadini anche noi! Avanti, valorosi, dimostrate che non ne potete più degli
oppressori. Fate vedere una volta per tutte che siete capaci di tutelare i
vostri diritti, di difendere la libertà anche a costo di preferire la morte
alla sottomissione. Avanti, cittadini, l'arroganza sfrontata va repressa con la
forza: chi si ritiene un vero cittadino degno della libertà segua il
liberatore. All'armi, uomini, all'armi!
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