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Leon Battista Alberti
Momo o Del Principe

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO.
      • -26-
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-26-

 

La dea madre, dopo aver osservato per un pezzo la ragazza colpita da tanta disgrazia, diede un gemito. Poi, per soccorrere la figliola in un simile frangente, facendo finta di essersi svegliata proprio allora, si alzò e disse: «Lascia stare, ci penso io!» e, avvicinandosi a rapidi passi, schiacciò col piede destro il collo del mostro che si dibatteva. Il mostro, benché così intrappolato facesse fatica a respirare, continuava a tirar fuori parole con incredibile faccia tosta, e non la finiva più di spifferare tutto ciò che si poteva vedere, anzi, riferiva tutto quello che aveva visto e sentito mettendo insieme talvolta il vero e il falso. Giurava che Trionfo e Trofeo non erano figli di Virtù, ma di Caso e Fortuna, e che uno dei due era scemo e l'altro deficiente. E strillava sfottendoli: «Viva Trofeo! Viva Trionfo! Ehi tu, Trofeo, perché non vai a piazzarti agli incroci, al solito tuo, per farti vedere dai ragazzini e dai passanti stanchi, che mugoli come fanno i muti?». Sosteneva poi che Lode aveva un occhio cisposo, e Posterità camminava coi piedi all'indietro. Poi, rivolto alla dea Virtù: «Quando Lode si pettina di fronte a te, il petto e il grembo ti si riempiono di sporcizia».




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