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Dante Alighieri
Convivio

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-13-

 

1. A vedere quello che per lo terzo cielo s’intende, prima si vuol vedere che per questo solo vocabulo «cielo’ io voglio dire; e poi si vedrà come e perché questo terzo cielo ci fu mestiere.

2. Dico che per cielo intendo la scienza e per cieli le scienze, per tre similitudini che li cieli hanno con le scienze massimamente; e per l’ordine e numero in che paiono convenire, sì come trattando quello vocabulo, cioè «terzo’, si vedrà.

3. La prima similitudine si è la revoluzione de l’uno e de l’altro intorno a uno suo immobile. Ché ciascuno cielo mobile si volge intorno al suo centro, lo quale, quanto per lo suo movimento, non si muove; e così ciascuna scienza si muove intorno al suo subietto, lo quale essa non muove, però che nulla scienza dimostra lo proprio subietto, ma suppone quello.

4. La seconda similitudine si è lo illuminare de l’uno e de l’altro; ché ciascun cielo illumina le cose visibili, e così ciascuna scienza illumina le intelligibili.

5. E la terza similitudine si è lo inducere perfezione ne le disposte cose. De la quale induzione, quanto a la prima perfezione, cioè de la generazione sustanziale, tutti li filosofi concordano che li cieli siano cagione, avvegna che diversamente questo pongano: quali da li motori, sì come Plato, Avicenna e Algazel; quali da esse stelle, spezialmente l’anime umane, sì come Socrate, e anche Plato e Dionisio Academico; e quali da vertude celestiale che è nel calore naturale del seme, sì come Aristotile e li altri Peripatetici.

6. Così de la induzione de la perfezione seconda le scienze sono cagione in noi; per l’abito de le quali potemo la veritade speculare, che è ultima perfezione nostra, sì come dice lo Filosofo nel sesto de l’Etica, quando dice che ’l vero è lo bene de lo intelletto. Per queste, con altre similitudini molte, si può la scienza «cielochiamare. Ora perché «terzocielo si dica è da vedere.

7. A che è mestiere fare considerazione sovra una comparazione che è ne l’ordine de li cieli a quello de le scienze. Sì come adunque di sopra è narrato, li sette cieli primi a noi sono quelli de li pianeti; poi sono due cieli sopra questi, mobili, e uno sopra tutti, quieto.

8. A li sette primi rispondono le sette scienze del Trivio e del Quadruvio, cioè Gramatica, Dialettica, Rettorica, Arismetrica, Musica, Geometria e Astrologia. A l’ottava spera, cioè a la stellata, risponde la scienza naturale, che Fisica si chiama, e la prima scienza, che si chiama Metafisica; a la nona spera risponde la scienza morale; ed al cielo quieto risponde la scienza divina, che è Teologia appellata. E ragione per che ciò sia, brievemente è da vedere.

9. Dico che ’l cielo de la Luna con la Gramatica si somiglia [per due proprietadi], per che ad esso si può comparare. Che se la Luna si guarda bene, due cose si veggiono in essa proprie, che non si veggiono ne l’altre stelle: l’una si è l’ombra che è in essa, la quale non è altro che raritade del suo corpo, a la quale non possono terminare li raggi del sole e ripercuotersi così come ne l’altre parti; l’altra sì è la variazione de la sua luminositade, che ora luce da uno lato, e ora luce da un altro, secondo che lo sole la vede.

10. E queste due proprietadi hae la Gramatica: ché, per la sua infinitade, li raggi de la ragione in essa non si terminano, in parte spezialmente de li vocabuli; e luce or di qua or di in tanto quanto certi vocabuli, certe declinazioni, certe construzioni sono in uso che già non furono, e molte già furono che ancor saranno: sì come dice Orazio nel principio de la Poetria quando dice: «Molti vocabuli rinasceranno che già caddero».

11. E lo cielo di Mercurio si può comparare a la Dialettica per due proprietadi: che Mercurio è la più picciola stella del cielo, ché la quantitade del suo diametro non è più che di dugento trentadue miglia, secondo che pone Alfagrano, che dice quello essere de le ventotto parti una del diametro de la terra, lo quale è sei milia cinquecento miglia: l’altra proprietade si è che più va velata de li raggi del Sole che null’altra stella.

12. E queste due proprietadi sono ne la Dialettica: ché la Dialettica è minore in suo corpo che null’altra scienza, ché perfettamente è compilata e terminata in quello tanto testo che ne l’Arte vecchia e ne la Nuova si truova; e va più velata che nulla scienza, in quanto procede con più sofistici e probabili argomenti più che altra.

13. E lo cielo di Venere si può comparare a la Rettorica per due proprietadi: l’una sì è la chiarezza del suo aspetto, che è soavissima a vedere più che altra stella; l’altra sì è la sua apparenza, or da mane or da sera.

14. E queste due proprietadi sono ne la Rettorica: ché la Rettorica è soavissima di tutte le altre scienze, però che a ciò principalmente intende; e appare da mane, quando dinanzi al viso de l’uditore lo rettorico parla, appare da sera, cioè retro, quando da lettera, per la parte remota, si parla per lo rettorico.

15. E lo cielo del Sole si può comparare a l’Arismetrica per due proprietadi: l’una si è che del suo lume tutte l’altre stelle s’informano; l’altra si è che l’occhio nol può mirare.

16. E queste due proprietadi sono ne l’Arismetrica: ché del suo lume tutte s’illuminano le scienze, però che li loro subietti sono tutti sotto alcuno numero considerati, e ne le considerazioni di quelli sempre con numero si procede.

17. Sì come ne la scienza naturale è subietto lo corpo mobile, lo quale corpo mobile ha in sé ragione di continuitade, e questa ha in sé ragione di numero infinito; e la sua considerazione principalissima è considerare li principii de le cose naturali, li quali sono tre, cioè materia, privazione e forma, ne li quali si vede questo numero.

18. Non solamente in tutti insieme, ma ancora in ciascuno è numero, chi ben considera sottilmente; per che Pittagora, secondo che dice Aristotile nel primo de la Fisica, poneva li principii de le cose naturali lo pari e lo dispari, considerando tutte le cose esser numero.

19. L’altra proprietade del Sole ancor si vede nel numero, del quale è l’Arismetrica: che l’occhio de lo ’ntelletto nol può mirare; però che ’l numero, quant’è in sé considerato, è infinito, e questo non potemo noi intendere.

20. E lo cielo di Marte si può comparare a la Musica per due proprietadi: l’una si è la sua più bella relazione, ché, annumerando li cieli mobili, da qualunque si comincia o da l’infimo o dal sommo, esso cielo di Marte è lo quinto, esso è lo mezzo di tutti, cioè de li primi, de li secondi, de li terzi e de li quarti.

21. L’altra si è che esso Marte, [sì come dice Tolomeo nel Quadripartito], dissecca e arde le cose, perché lo suo calore è simile a quello del fuoco; e questo è quello per che esso pare affocato di colore, quando più e quando meno, secondo la spessezza e raritade de li vapori che ’l seguono: li quali per lor medesimi molte volte s’accendono, sì come nel primo de la Metaura è diterminato.

22. E però dice Albumasar che l’accendimento di questi vapori significa morte di regi e transmutamento di regni; però che sono effetti de la segnoria di Marte. E Seneca dice però, che ne la morte d’Augusto imperadore vide in alto una palla di fuoco; e in Fiorenza, nel principio de la sua destruzione, veduta fu ne l’aere, in figura d’una croce, grande quantità di questi vapori seguaci de la stella di Marte.

23. E queste due proprietadi sono ne la Musica, la quale è tutta relativa, sì come si vede ne le parole armonizzate e ne li canti, de’ quali tanto più dolce armonia resulta, quanto più la relazione è bella: la quale in essa scienza massimamente è bella, perché massimamente in essa s’intende.

24. Ancora, la Musica trae a sé li spiriti umani, che quasi sono principalmente vapori del cuore, sì che quasi cessano da ogni operazione: sì è l’anima intera, quando l’ode, e la virtù di tutti quasi corre a lo spirito sensibile che riceve lo suono.

25. E lo cielo di Giove si può comparare a la Geometria per due proprietadi: l’una sì è che muove tra due cieli repugnanti a la sua buona temperanza, sì come quello di Marte e quello di Saturno; onde Tolomeo dice, ne lo allegato libro, che Giove è stella di temperata complessione, in mezzo de la freddura di Saturno e de lo calore di Marte; l’altra sì è che intra tutte le stelle bianca si mostra, quasi argentata. E queste cose sono ne la scienza de la Geometria.

26. La Geometria si muove intra due repugnanti a essa, sì come ’l punto e lo cerchio - e dico «cerchio’ largamente ogni ritondo, o corpo o superficie -; ché, sì come dice Euclide, lo punto è principio di quella, e, secondo che dice, lo cerchio è perfettissima figura in quella, che conviene però avere ragione di fine.

27. Sì che tra ’l punto e lo cerchio sì come tra principio e fine si muove la Geometria, e questi due a la sua certezza repugnano; che lo punto per la sua indivisibilità è immensurabile, e lo cerchio per lo suo arco è impossibile a quadrare perfettamente, e però è impossibile a misurare a punto. E ancora la Geometria è bianchissima, in quanto è sanza macula d’errore e certissima per sé e per la sua ancella, che si chiama Perspettiva.

28. E lo cielo di Saturno hae due proprietadi per le quali si può comparare a l’Astrologia: l’una sì è la tardezza del suo movimento per li dodici segni, ché ventinove anni e più, secondo le scritture de li astrologi, vuole di tempo lo suo cerchio; l’altra sì è che sopra tutti li altri pianeti esso è alto.

29. E queste due proprietadi sono ne l’Astrologia: ché nel suo cerchio compiere, cioè ne lo apprendimento di quella, volge grandissimo spazio di tempo, sì per le sue [dimostrazioni], che sono più che d’alcuna de le sopra dette scienze, sì per la esperienza che a ben giudicare in essa si conviene.

30. E ancora è altissima di tutte le altre, però che, sì come dice Aristotile nel cominciamento de l’Anima, la scienza è alta di nobilitade per la nobilitade del suo subietto e per la sua certezza; e questa più che alcuna de le sopra dette è nobile e alta per nobile e alto subietto, ch’è de lo movimento del cielo; e alta e nobile per la sua certezza, la quale è sanza ogni difetto, sì come quella che da perfettissimo e regolatissimo principio viene. E se difetto in lei si crede per alcuno, non è da la sua parte, ma, sì come dice Tolomeo, è per la negligenza nostra, e a quella si dee imputare.




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