Scena
Seconda. Bruto, Collatino, Popolo.
BRUTO Romani, a me: Romani, assai gran cose
narrar vi deggio; a me venite.
POPOLO O Bruto,
e fia pur ver, quel che si udì?...
BRUTO Mirate:
questo è il pugnal, caldo, fumante ancora
dell'innocente sangue di pudica
Romana donna, di sua man svenata.
Ecco il marito suo; piange egli, e tace,
e freme. Ei vive ancor, ma di vendetta
vive soltanto, infin che a brani ei vegga
lacerato da voi quel Sesto infame,
violator, sacrilego, tiranno.
E vivo io pur; ma fino al dì soltanto,
che dei Tarquinj tutti appien disgombra
Roma libera io vegga.
POPOLO Oh non più
intesa
dolorosa catastrofe!...
BRUTO Voi tutti,
carchi di pianto e di stupor le ciglia,
su l'infelice sposo immoti io veggo!
Romani, sì miratelo; scolpita
mirate in lui, padri, e fratelli, e sposi,
la infamia vostra. A tal ridotto, ei darsi
morte or non debbe; e invendicato pure
viver non può... Ma intempestivo, e vano,
lo stupor cessi, e il pianto. - In me, Romani,
volgete in me pien di ferocia il guardo:
dagli occhi miei di libertade ardenti
favilla alcuna, che di lei v'infiammi,
forse (o ch'io spero) scintillar farovvi.
Giunio Bruto son io; quei, che gran tempo
stolto credeste, perch'io tal m'infinsi:
e tal m'infinsi, infra i tiranni ognora
servo vivendo, per sottrarre a un tratto
la patria, e me, dai lor feroci artigli.
Il giorno al fin, l'ora assegnata all'alto
disegno mio dai Numi, eccola, è giunta.
Già di servi (che il foste) uomini farvi,
sta in voi, da questo punto. Io, per me, chieggo
sol di morir per voi; pur ch'io primiero
libero muoja, e cittadino in Roma.
POPOLO Oh! che
udiam noi? Qual maestà, qual forza
hanno i suoi detti!... Oh ciel! ma inermi siamo;
come affrontare i rei tiranni armati?...
BRUTO Inermi voi?
che dite? E che? voi dunque
sì mal voi stessi conoscete? In petto
stava a voi già l'odio verace e giusto
contro agli empj Tarquinj: or or l'acerbo
ultimo orribil doloroso esemplo
della lor cruda illimitata possa,
tratto verravvi innanzi agli occhi. Al vostro
alto furor fia sprone, e scorta, e capo
oggi il furor di Collatino, e il mio.
Liberi farvi è il pensier vostro; e inermi
voi vi tenete? e riputate armati
i tiranni? qual forza hanno, qual'armi?
Romana forza, armi romane. Or, quale,
qual fia il Roman, che pria morir non voglia,
pria che in Roma o nel campo arme vestirsi
per gli oppressor di Roma? - Al campo è giunto,
tutto asperso del sangue della figlia,
Lucrezio omai, per mio consiglio; in questo
punto istesso già visto e udito l'hanno
gli assediator d'Ardéa nemica: e al certo,
in vederlo, in udirlo, o l'armi han volte
ne' rei tiranni, o abbandonate almeno
lor empie insegne, a noi difender ratti
volano già. Voi, cittadini, ad altri
ceder forse l'onor dell'armi prime
contra i tiranni, assentirestel voi?
POPOLO Oh, di qual
giusto alto furor tu infiammi
i nostri petti! - E che temiam, se tutti
vogliam lo stesso?
COLLATINO Il nobil
vostro sdegno,
l'impaziente fremer vostro, a vita
me richiamano appieno. Io, nulla dirvi
posso,... che il pianto... la voce... mi toglie...
Ma, per me parli il mio romano brando;
lo snudo io primo; e la guaìna a terra
io ne scaglio per sempre. Ai re nel petto
giuro immergerti, o brando, o a me nel petto.
Primi a seguirmi, o voi, mariti e padri...
Ma, qual spettacol veggio!..
POPOLO Oh vista
atroce!
Della svenata donna, ecco nel foro...
BRUTO Sì, Romani;
affissate, (ove pur forza
sia tanta in voi) nella svenata donna
gli occhi affissate. Il muto egregio corpo,
la generosa orribil piaga, il puro
sacro suo sangue, ah! tutto grida a noi:
«Oggi, o tornarvi in libertade, o morti
cader dovrete. Altro non resta».
POPOLO Ah! tutti
liberi, sì, sarem noi tutti, o morti.
BRUTO Bruto udite
voi dunque. - In su l'esangue
alta innocente donna, il ferro stesso,
cui trasse ei già dal morente suo fianco,
innalza or Bruto; e a Roma tutta ei giura
ciò ch'ei giurò già pria sul moribondo
suo corpo stesso. - Infin che spada io cingo,
finché respiro io l'aure, in Roma il piede
mai non porrà Tarquinjo nullo; io 'l giuro:
né di re mai l'abbominevol nome
null'uom più avrà, né la possanza. - I Numi
lo inceneriscan qui, s'alto e verace
non è di Bruto il cuore. - Io giuro inoltre,
di far liberi, uguali, e cittadini,
quanti son or gli abitatori in Roma;
io cittadino, e nulla più: le leggi
sole avran regno, e obbedirolle io primo.
POPOLO Le leggi,
sì; le sole leggi; ad una
voce noi tutti anco il giuriamo. E peggio
ne avvenga a noi, che a Collatin, se siamo
spergiuri mai.
BRUTO Veri romani
accenti
questi son, questi. Al sol concorde e intero
vostro voler, tirannide e tiranni,
tutto cessò. Nulla, per ora, è d'uopo,
che chiuder lor della città le porte;
poiché fortuna a noi propizia esclusi
gli ebbe da Roma pria.
POPOLO Ma intanto,
voi
consoli e padri ne sarete a un tempo.
Il senno voi, noi presteremvi il braccio,
il ferro, il core...
BRUTO Al vostro
augusto e sacro
cospetto, noi d'ogni alta causa sempre
deliberar vogliamo: esser non puovvi
nulla di ascoso a un popol re. Ma, è giusto,
che d'ogni cosa a parte entrin pur anco
e il senato, e i patrizj. Al nuovo grido
non son qui accorsi tutti: assai (pur troppo!)
il ferreo scettro ha infuso in lor terrore:
or di bell'opre alla sublime gara
gli appellerete voi. Qui dunque, in breve,
plebe e patrizj aduneremci: e data
fia stabil base a libertà per noi.
POPOLO Il primo dì che vivrem noi, fia questo.
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