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ATTO
SECONDO.
Scena
Prima. Bruto, Tito.
TITO Come imponevi, ebber l'invito, o padre,
tutti i patrizj per consesso augusto.
Già l'ora quarta appressa; intera Roma
tosto a' tuoi cenni avrai. Mi cape appena
entro la mente attonita il vederti
signor di Roma quasi...
BRUTO Di me stesso
signor me vedi, e non di Roma, o Tito:
né alcun signor mai più saravvi in Roma.
Io lo giurai per essa: io che finora
vil servo fui. Tal mi vedeste, o figli,
mentre coi figli del tiranno in corte
io v'educava a servitù. Tremante
padre avvilito, a libertà nudrirvi
io nol potea: cagione indi voi siete,
voi la cagion più cara, ond'io mi abbelli
dell'acquistata libertà. Gli esempli
liberi e forti miei, scorta e virtude
saranvi omai, più che il servir mio prisco
non vel fosse a viltà. Contento io muoio
per la patria quel dì che in Roma io lascio
fra cittadini liberi i miei figli.
TITO Padre,
all'alto tuo cor, che a noi pur sempre
tralucea, non minor campo era d'uopo
di quel che immenso la fortuna or t'apre.
Deh possiam noi nella tua forte impresa
giovarti! Ma, gli ostacoli son molti,
e terribili sono. È per se stessa
mobil cosa la plebe: oh quanti aiuti
ai Tarquinj ancor restano!...
BRUTO Se nullo
ostacol più non rimanesse, impresa
lieve fora, e di Bruto indi non degna:
ma, se Bruto gli ostacoli temesse,
degno non fora ei di compirla. - Al fero
immutabil del padre alto proposto,
tu il giovenile tuo bollore accoppia;
così di Bruto, e in un di Roma figlio,
Tito sarai. - Ma il tuo german si affretta...
Udiam quai nuove ei reca.
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