CARLO Chi veggio?
Regina, tu? Chi ti fu scorta? Oh! quale
ragion ti mena? amor, dover, pietade?
Come l'accesso avesti?
ISABELLA Ah! tutto ancora
non sai l'orror del tuo feral destino:
tacciato sei di parricida; il padre
ti accusa ei stesso; un rio consiglio a morte
ti danna; ed altro all'eseguir non manca,
che l'assenso del re.
CARLO S'altro non manca,
eseguirassi tosto.
ISABELLA E che? non fremi?
CARLO Gran tempo è già, ch'io di morir sol bramo.
E il sai ben tu, da cui null'altro io chiesi,
che di lasciarmi morire ove sei.
Mi è dura, sì, l'orrida taccia; è dura,
ma inaspettata no. Morir m'è forza;
fremerne posso, ove tu a me lo annunzi?
ISABELLA Deh! non parlarmi di morte, se m'ami.
Cedi per poco all'impeto...
CARLO Ch'io ceda?
Or, ben mi avveggo; hai di avvilirmi assunto
il crudo incarco; il genitore iniquo
a te il commette...
ISABELLA E il puoi tu creder, prence?
Ministra all'ire io di Filippo?...
CARLO A tanto
potria sforzarti, anco ingannarti ei forse.
Ma, come or dunque a me venirne in questo
carcer ti lascia?
ISABELLA E il sa Filippo? Oh cielo!
guai, se il sapesse!...
CARLO Oh! che di' tu? Filippo
qui tutto sa: chi mai rompere i duri
comandi suoi?...
ISABELLA Gomez.
CARLO Che ascolto? Oh! quale,
qual profferisti abbominevol nome,
terribile, funesto!...
ISABELLA A te nemico
non è, qual pensi...
CARLO Oh ciel! s'io a me il credessi
amico mai, più di vergogna in volto
avvamperei, che d'ira.
ISABELLA Ed ei pur solo
sente or di te pietà. L'atroce trama
ei del padre svelommi.
CARLO Incauta! ahi troppo
credula tu! che festi? ah! perché fede
prestavi a tal pietà? Se il ver ti disse
dell'empio re l'empissimo ministro,
ei col ver t'ingannò.
ISABELLA Ma il dir, che giova?
Di sua pietà non dubbj effetti or tosto
provar potrai, se a' preghi miei ti arrendi.
Ei qui mi trasse di soppiatto; e i mezzi
già di tua fuga appresta: io ve l'indussi.
Deh! non tardar, t'invola: il padre sfuggi,
la morte, e me.
CARLO Fin che n'hai tempo, ah! lungi
da me tu stessa involati; che a caso
Gomez pietà non finge. In qual cadesti
insidìoso laccio! Or sì, ch'io fremo
davvero: omai, qual dubbio avanza? appieno,
Filippo appien già penetrò l'arcano
dell'amor nostro...
ISABELLA Ah! no. Poc'anzi io il vidi,
mentre dal suo cospetto a viva forza
eri strappato: ei d'ira orrenda ardea:
io tremante ascoltavalo; e lo stesso
tuo sospetto agitavami. Ma poscia,
in me tornata, il suo parlar rammento;
e certa io son, che ogni altra cosa ei pensa,
fuor che questa, di te... Perfin sovviemmi,
ch'ei ti tacciò d'insidìar fors'anco,
oltre i suoi giorni, i miei.
CARLO Mestier sarebbe
che al par di lui, di lui più vile, io fossi,
a penetrar tutte le ascose vie
dell'intricato infame laberinto.
Ma, certo è pur, che orribil fraude asconde
questo inviarti a me: ciò ch'ei soltanto
finor sospetta, or di chiarire imprende.
Ma, sia che vuol, tu prontamente i passi
volgi da questo infausto loco: indarno
tu credi, o speri, che adoprarsi voglia
Gomez per me: più indarno ancor tu speri,
s'anco egli il vuol, che gliel consenta io mai.
ISABELLA E fia pur ver, ch'infra tal gente io tragga
gl'infelici miei dì?
CARLO Vero, ah pur troppo! –
Non indugiar più omai: lasciami; trammi
d'angoscia mortalissima... Mi offende
pietade in te, se di te non la senti...
Va', se hai cara la vita...
ISABELLA A me la vita
cara?...
CARLO Il mio onor, dunque, e la fama tua.
ISABELLA Ch'io t'abbandoni in tal periglio?
CARLO A tale
periglio esporti? a che varria? Te stessa
tu perdi, e me non salvi. Un sol sospetto
virtude macchia. Deh! la iniqua gioia
togli al tiranno di poter tacciarti
del sol pensier pur rea. Va': cela il pianto;
premi i sospir nel petto: a ciglio asciutto,
con intrepida fronte udir t'è forza
del mio morire. Alla virtù fian sacri
quei tristi dì, che a me sopravvivrai...
E, se pur cerchi al tuo dolor sollievo,
fra tanti rei, sol uno ottimo resta;
Perez, cui ben conosci: ei pianger teco
potrà di furto;... e tu, con lui talvolta
di me parlar potrai... Ma intanto, vanne;
esci;... fa' ch'io non pianga,... a brano a brano
deh non squarciarmi il cuore! ultimo addio
prendi,... e mi lascia;... va: tutta or m'è d'uopo
la mia virtude; or, che fatal si appressa
l'ora di morte...
|