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Vittorio Alfieri
Oreste

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  • ATTO PRIMO.
    • Scena Terza. Egisto, Clitennestra, Elettra.
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Scena Terza. Egisto, Clitennestra, Elettra.

 

EGISTO L'intero giorno al dolor tuo par dunque
breve, o regina? a lai novelli sorgi
già dell'aurora pria? Dona una volta
il passato all'obblio; fa' che più lieti
teco io viva i miei dì.
CLITENNESTRA Regnar, non altro,
volevi, Egisto; e regni. Or, qual ti prende
di mie cure pensiero? Eterno è il duolo
entro il mio core; il sai.
EGISTO Ben so qual fonte
dolor perenne a te ministra: in vita
costei volesti ad ogni costo; e viva
io la serbai, per tua sventura, e mia.
Ma questo aspetto d'insoffribil lutto
vo' torti omai dagli occhi: omai la reggia
vo' serenar; con lei sbandirne il pianto.
ELETTRA Me caccia pur; fia reggia ognor di pianto
quella, ove stai. Qual risuonar può voce
altra che il pianto, ove un Egisto ha regno?
Ma, viva gioja di Tiéste al figlio
fia, il veder lagrimar figli d'Atréo.
CLITENNESTRA O figlia,... ei m'è consorte. - Egisto, ah! pensa
ch'ella m'è figlia...
EGISTO Ella? d'Atride è figlia.
ELETTRA Costui? d'Atride è l'uccisore.
CLITENNESTRA Elettra!...
Egisto, abbi pietà... La tomba... vedi,
la orribil tomba,... e non sei pago?
EGISTO O donna,
men da te stessa omai discorda. Atride,
di', per qual mano in quella tomba giace?
CLITENNESTRA Oh rampogna mortal! Ch'altro più manca
alla infelice misera mia vita?
Chi mi vi ha spinto, or mi rimorde il fallo.
ELETTRA Oh nuova gioja! oh sola gioja, ond'io
il cor beassi, or ben due lustri! Entrambi
vi veggio all'ira, ed ai rimorsi in preda.
Di sanguinoso amore al fin pur odo,
quali esser denno, le dolcezze: al fine
ogni prestigio è tolto; appien l'un l'altro
conosce omai. Possa lo sprezzo trarvi
all'odio; e l'odio a nuovo sangue.
CLITENNESTRA Oh fero,
ma meritato augurio! oh ciel!... Deh,... figlia...
EGISTO Sol da te nasce ogni discordia nostra.
Ben può una madre perder cotal figlia,
né dirsi orba per ciò. Potrei ritorti
quant'io mal diedi a' preghi suoi; ma i doni
io ripigliar non soglio: il non vederti,
basta alla pace nostra. Oggi n'andrai
del più negletto de' miei servi sposa;
lungi con lui ne andrai: fra lo squallore
d'infame povertà, dote gli arreca
le tue lagrime eterne.
ELETTRA Egisto, parli
tu d'altra infamia mai, che di te stesso?
Qual mai tuo servo fia di te più vile?
Più scellerato, quale?
EGISTO Esci.
ELETTRA Serbata
mi hai viva, il so, per maggior pena darmi:
ma, sia che vuol, questa mia man, che il cielo
forse destina ad alta impresa...
EGISTO Or esci;
tel ridico.
CLITENNESTRA Per or, deh!... taci,... o figlia:...
esci, ten prego:... io poscia...
ELETTRA Da voi lungi,
pena non è, che il veder voi pareggi.




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