1. Non credo,
che mi sarà difficile il provare, che il moderno lusso in Europa sia una delle
principalissime cagioni, per cui la servitù, gravosa e dolce ad un tempo, vien
poco sentita dai nostri popoli, i quali perciò non pensano né si attentano di
scuoterla veramente. Né intendo io di trattare la questione, oramai da tanti
egregj scrittori esaurita, se sia il lusso da proscriversi o no. Ogni privato
lusso eccedente, suppone una mostruosa diseguaglianza di ricchezze fra'
cittadini, di cui la parte ricca già necessariamente è superba, necessitosa e
avvilita la povera, e corrottissime tutte del pari. Onde, posta questa
disuguaglianza, sarà inutilissimo e forse anche dannoso il voler proscrivere il
lusso: né altro rimedio rimane contr'esso, che il tentare d'indirizzarlo per
vie meno ree ad un qualche scopo men reo. M'ingegnerò io bensì di provare in
questo capitolo; che il lusso, conseguenza naturalissima della ereditaria
nobiltà, nelle tirannidi riesce anch'egli una delle principalissime basi di
esse; e che dove ci è molto lusso non vi può sorgere durevole libertà; e che
dove ci è libertà, introducendovisi moltissimo lusso, questo in brevissimo
tempo corromperla dovrà, e quindi annullarla.
2. Il primo e
il più mortifero effetto del privato lusso, si è; che quella pubblica stima che
nella semplicità del modesto vivere si suole accordare al più eccellente in
virtù, nello splendido vivere vien trasferita al più ricco. Né d'altronde si
ricerchi la cagione della servitù, in tutti quei popoli, fra cui le ricchezze
danno ogni cosa. Ma pure, la uguaglianza dei beni di fortuna essendo presso ai
presenti europei una cosa chimerica affatto, si dovrà egli conchiudere che non
vi può essere libertà in Europa, perché le ricchezze vi sono tanto disuguali? e
possono elle non esserlo, atteso il commercio, e il lucro delle pubbliche
cariche? Rispondo; che difficilmente vi può essere o durare una vera politica
libertà, là dove la disparità delle ricchezze sia eccessiva; ma che pure, due
mezzi vi sono per andarla strascinando (dove ella già fosse allignata) in mezzo
a una tale disparità, ancorché il lusso sterminatore tutto dì la libertà vi
combatta. Il primo di questi mezzi sarà, che le buone leggi abbiano provveduto,
o provvedano, che la eccessiva disuguaglianza delle ricchezze provenga anzi
dalla industria, dal commercio, e dall'arti, che non dall'inerte accumulamento
di moltissimi beni di terra in pochissime persone, alle quali non possono
questi beni pervenire in tal copia, senza che infiniti altri cittadini non
siano spogliati della parte loro. Con un tale compenso le ricchezze dei pochi
non occasionando allora la povertà totale dei più, verrà pure ad esservi un
certo stato di mezzo, per cui quel tal popolo sarà diviso in pochi ricchissimi,
in moltissimi agiati, ed in pochi pezzenti. Tuttavia, questa divisione non può
quasi mai nascere, o almeno sussistere, se non in una repubblica; in vece che
la divisione in alcuni ricchissimi, e in moltissimi pezzenti, dee nascere, e tutto
dì si vede sussistere, nelle tirannidi, le quali di una tale disproporzione si
corroborano. Il secondo mezzo di rettificare il lusso, e diminuirne la maligna
influenza sul dritto vivere civile, sarà di non permetterlo nelle cose private,
e d'incoraggirlo e onorarlo nelle pubbliche. Di questi due mezzi le poche
repubbliche d'Europa si vanno pur prevalendo, ma debolmente ed invano; come
quelle che sono corrottissime anch'esse dal fastoso e pestifero vivere delle
vicine tirannidi. E questi altresì sono i due mezzi, che i nostri tiranni non
adoprano, e non debbono adoprar mai contro al lusso; come quelli che in esso
ritrovano uno dei più fidi satelliti della tirannide. Un popolo misero e molle,
che si sostenta col tessere drappi d'oro e di seta, onde si cuoprano poi i
pochi ricchi orgogliosi; di necessità un tal popolo viene a stimar maggiormente
coloro, che più consumandone, gli dan più guadagno. Così, viceversa, il popolo
romano che solea ritrarre il suo vitto dalle terre conquistate coll'armi, e fra
lui distribuite poi dal senato, sommamente stimava quel console o quel tribuno,
per le di cui vittorie più larghi campi gli venivano compartiti.
3. Essendo
dunque dal privato lusso sovvertite in tal modo le opinioni tutte del vero e del
retto; un popolo, che onora e stima maggiormente coloro, che con maggiore
ostentazione di lusso lo insultano, e che effettivamente lo spogliano, benché
in apparenza lo pascano; un tal popolo, potrà egli avere idea, desiderio,
diritto, e mezzi, di riassumere libertà?
4. E que'
grandi, (cioè chiamati tali) che i loro averi a gara profondono, e spesso gli
altrui, per vana pompa assai più, che per vero godimento; quei grandi, o sia
ricchi, a cui tante superfluità si son fatte insipide, ma necessarie; que'
ricchi in somma, che a mensa, a veglia, a' festini, ed a letto, traggono fra
gli orrori della sazietà la loro effemminata, tediosa, ed inutile vita; que'
ricchi, potrann' eglino, più che la vilissima feccia del popolo, innalzarsi a
conoscere, a pregiare, desiderare, e volere la libertà? Costoro primi ne
piangerebbero; e assumere non saprebbero esistenza nessuna, se non avessero un
intero ed unico tiranno, che perpetuando il dolce loro ozio, alla lor
dappocaggine comandasse.
5. Inevitabile
dunque, e necessario è il lusso nelle tirannidi. E crescono in esse tutti i
vizj in proporzione del lusso, che è il principe loro; del lusso, che tutti li
nobilita, coll'addobbarli; che a tal segno confonde i nomi delle cose, che la
disonestà dei costumi chiamasi fra' ricchi, galanteria; l'adulare, un saper
vivere; l'esser vile, prudenza; l'essere infame, necessità. E di questi vizj
tutti, e dei molti più altri ch'io taccio, i quali hanno tutti per base, e per
immediata cagione il lusso, chi maggiormente ne gode, chi ne ricava più
manifesto e immenso il vantaggio? I tiranni, che da essi ricevono, e per via di
essi in eterno si assicurano, il pacifico ed assoluto comando.
6. Il lusso
dunque (che io definirei; L'immoderato amore ed uso degli agj superflui e
pomposi) corrompe in una nazione ugualmente tutti i ceti diversi. Il
popolo, che ne ritrae anch'egli qualche apparente vantaggio, e che non sa e non
riflette, che per lo più la pompa dei ricchi non è altro che il frutto delle
estorsioni fatte a lui, passate nelle casse del tiranno, e da esso quindi
profuse fra questi secondi oppressori; il popolo, è anch'egli necessariamente
corrotto dal tristo esempio dei ricchi, e dalle vili oziose occupazioni con che
si guadagna egli a stento il suo vitto. Perciò quel fasto dei grandi che
dovrebbe sì ferocemente irritarlo, al popolo piace non poco, e stupidamente lo
ammira. Che gli altri ceti debbano essere corrottissimi dal lusso che
praticano, inutile mi pare il dimostrarlo.
7. Corrotti in
una nazione tutti i diversi ceti, è manifestamente impossibile che ella diventi
o duri mai libera, se da prima il lusso che è il più feroce corruttore di essa,
non si sbandisce. Principalissima cura perciò del tiranno debb'essere, ed è,
(benché alle volte la stolta ostentazione del contrario ei vada facendo)
l'incoraggire, propagare, ed accarezzare il lusso, da cui egli ritrae più assai
giovamento che da un esercito intero. E il detto fin qui, basti per provare che
non v'ha cosa nelle nostre tirannidi, che ci faccia più lietamente sopportare e
anche assaporare la servitù, che l'uso continuo e smoderato del lusso: come
pure, a provare ad un tempo, che dove radicata si è questa peste, non vi può
sorgere od allignar libertà.
8. Si esamini
ora, se là, dove già è stabilita una qualunque libertà, possa allignare il
lusso; e qual dei due debba cedere il campo. S'io bado alle storie, in ogni
secolo, in ogni contrada, vedo sempre sparire la libertà da tutti quei governi
che han lasciato introdurre il lusso dei privati; e mai non la vedo
robustamente risorgere fra quei popoli, che son già corrotti dal lusso. Ma,
siccome la storia di tutto ciò che è stato non è forse assolutamente la prova
innegabile di tutto ciò che può essere; a me pare, che alla disuguaglianza
delle ricchezze nei cittadini non ancora interamente corrotti, in quel
brevissimo intervallo in cui possono essi mantenersi tali, i governi liberi non
abbiano altro rimedio da opporre più efficace che la semplice opinione. Quindi
volendo essi concedere a queste mal ripartite ricchezze uno sfogo che ad un
tempo circolare le faccia, e non distrugga del tutto la libertà, persuaderanno
ai ricchi d'impiegarle in opere pubbliche; onoreranno questo solo loro fasto, annettendo
un'idea di disprezzo a qualunque altro uso che ne facessero i ricchi nella loro
privata vita, oltre quella decenza e quegli agj ragionevoli, richiesti dal loro
stato, e compatibili colla pubblica decenza. I liberi governi persuaderanno ad
un tempo agli uomini poveri, (non intendo con ciò dire, ai pezzenti) che non è
delitto né infamia l'esser tali; e lo persuaderan facilmente, coll'accordare a
questi non meno che agli altri l'adito a tutti gli onori ed uffizj. E non per
insultare alla miseria escludo io principalmente i necessitosi; ma perché
costoro, come troppo corrottibili, e per lo più vilmente educati, non sono meno
lontani dalla possibilità del dritto pensare e operare, di quel che lo siano,
per le ragioni appunto contrarie, i ricchissimi.
9. Ma queste
saggie cautele riusciranno pur anche inutili a lungo andare. La natura
dell'uomo non si cangia; dove ci sono ricchezze grandi e disugualmente
ripartite, o tosto o tardi dee sorgere un gran lusso fra i privati, e quindi
una gran servitù per tutti. Questa servitù difficilmente da prima si può
allontanare da un popolo dove alcuni ricchissimi siano, e poverissimi i più; ma
quando poi ella si è cominciata a introdurre, provato che hanno i ricchissimi
quanto la universal servitù riesca favorevole al loro lusso, vivamente poi
sempre si adoprano affinch'ella non si possa più scuoter mai.
10. Sarebbe
dunque mestieri, a voler riacquistare durevole libertà nelle nostre tirannidi,
non solamente il tiranno distruggere, ma pur troppo anche i ricchissimi, quali
che siano; perché costoro, col lusso non estirpabile, sempre anderan
corrompendo se stessi ed altrui.
|