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Vittorio Alfieri
Della tirannide

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  • LIBRO PRIMO.
    • Capitolo Decimoquinto – Dell’amor di se stesso nella tirannide.
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Capitolo Decimoquinto – Dell’amor di se stesso nella tirannide.

 

1. La tirannide è tanto contraria alla nostra natura, ch'ella sconvolge, indebolisce, od annulla nell'uomo presso che tutti gli affetti naturali. Quindi non si ama da noi la patria, perché ella non ci è; non si amano i parenti, la moglie, ed i figli, perché son cose poco nostre e poco sicure; non vi sono veri amici, perché l'aprire interamente il suo cuore nelle cose importanti, può sempre trasmutare un amico in un delatore premiato, e spesso anche (pur troppo!) in un delatore onorato. L'effetto necessario, che risulta nel cuor dell'uomo dal non potere amar queste cose su mentovate, si è, di amare smoderatamente se stesso. E parmi, che ne sia questa una delle principali ragioni: dal non essere securo, nasce nell'uomo il timore; dal continuo temere, nascono i due contrarj eccessi; o un soverchio amore, o una soverchia indifferenza per quella cosa che sta in pericolo: nella tirannide, temendo sempre noi tutti per le cose nostre e per noi, ma amando (perché così vuol natura) prima d'ogni altra cosa noi stessi, ne veniamo a poco a poco a temere sommamente per noi, e ogni meno per quelle cose nostre, che non fanno parte immediata di noi. Nelle repubbliche vere, amavano i cittadini prima la patria, poi la famiglia, quindi se stessi: nelle tirannidi all'incontro, sempre si ama la propria esistenza sopra ogni cosa. Perciò l'amor di se stesso nella tirannide non è già l'amore dei proprj diritti, né della propria gloria, né del proprio onore; ma è semplicemente l'amor della vita animale. E questa vita, per una non so qual fatalità, nello stesso modo che la vediamo tenersi tanto più cara dai vecchj, i quali oramai l'han perduta, che non dai giovani, a cui tutta rimane; così tanto più riesce cara a chi serve, quanto ella è men sicura, e val meno.




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