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Carlo Goldoni Il bugiardo IntraText CT - Lettura del testo |
Strada con veduta del canale. Da una parte la casa del Dottore, con un terrazzino. Dall'altra, locanda con l'insegna dell'Aquila.
Nell'alzar della tenda vedesi una peota illuminata, disposta per una serenata con dentro i suonatori, ed una donna che canta. I suonatori suonano una sinfonia.
Florindo e Brighella in terra, da un lato della scena.
Rosaura e Beatrice vengono sul terrazzino.
FLOR. Osserva, osserva, Brighella; ecco la mia cara Rosaura sul terrazzino con sua sorella Beatrice; sono venute a godere la serenata. Ora è tempo ch'io faccia cantare la canzonetta da me composta, per ispiegare con essa a Rosaura l'affetto mio.
BRIG.1 Mi non ho mai più visto un amor più curioso del vostro. Vusignoria ama teneramente la signora Rosaura: el ghe sta in casa, facendo pratica de medicina col signor dottor, padre della ragazza; el gh'ha quanto comodo el vol de parlarghe, e invece de farlo a bocca, el vol spiegarse con una serenada, el vol dirghelo con una canzonetta? Eh, no la butta via el so tempo cusì miseramente. La parla, la se fazza intender, la senta l'inclinazion della giovine; e se la ghe corrisponde, allora po la ghe fazza delle serenade, che almanco no la butterà via cusì malamente i so bezzi.
FLOR. Caro Brighella, te l'ho detto altre volte: non ho coraggio. Amo Rosaura, ma non trovo la via di spiegarmi che l'amo. Credimi: se a faccia a faccia giungessi a dirle qualche cosa dell'amor mio, morirei di rossore.
BRIG. Donca la vol tirar avanti cussì? Penar senza dirlo?
FLOR. Via, va alla peota, e ordina che si canti la nuova mia canzonetta.
BRIG. La me perdona. Ho servido in Bologna so sior padre. Vusignoria l'ho vista a nascer, e ghe vojo ben. Siben che adesso in sta città servo un altro, co la vedo ella, me par de vèder el mio patron, e quelle ore che posso robar, le impiego volontiera...
FLOR. Brighella, se mi vuoi bene, fa quello che ora ti ordino; va alla peota, e di' che si canti.
BRIG. La servirò come la comanda.
FLOR. Mi ritirerò dietro di questa casa.
FLOR. Per non esser da nessuno osservato.
BRIG. (Oh che amor stravagante! Oh che zovene fatto all'antiga! Ai nostri dì se ne trova pochi de sta sorte de mammalucchi.) (s'avvia verso la peota)
FLOR. Cara Rosaura tu sei l'anima mia. Tu sei l'unica mia speranza. Oh se sapessi quanto ti amo! (si ritira)
I suonatori nella peota suonano il ritornello della canzonetta, e la donna dalla stessa peota canta la seguente canzonetta veneziana.
E sempre, o mia speranza,
Ma un certo no so che...
Quando no me vedè,
Un certo no so che...
Ma un certo no so che...
E se ho da maridarme,
Ma un certo no so che...
Donca, per remediarla,
Ma un certo no so che...
E un certo no so che...
Pur troppo m'ha incantà.
Frattanto che si canta la canzonetta, escono Lelio ed Arlecchino dalla Locanda, e stanno godendo la serenata. Terminata la canzonetta, i suonatori suonano, e la peota parte
BRIG. (piano a Florindo) Èla contenta?
FLOR. Sono contentissimo.
FLOR. Non poteva andar meglio.
BRIG. Ma siora Rosaura no sa chi gh'abbia fatto sta serenada.
FLOR. Ciò non m'importa: mi basta che l'abbia ella goduta.
BRIG. La vada in casa, la se fazza veder, la fazza almanco sospettar che sta finezza vegna da Vusignoria.
FLOR. Il cielo me ne liberi. Anzi, per non dar sospetto di ciò, vo per di qua. Faccio un giro, ed entro in casa per l'altra porta. Vieni con me.
FLOR. Questo è il vero amore. Amar senza dirlo. (partono)