Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Carlo Goldoni Il bugiardo IntraText CT - Lettura del testo |
ARL. (cercando Lelio) Dov'el andà?
LEL. (piano ad Arlecchino, incontrandolo) (E bene, sai tu il loro nome?)
ARL. (So tutto. El camerier m'ha dito tutto.)
LEL. (Presto.)
ARL. (Le son fie d'un certo...)
LEL. (Non voglio saper questo. Dimmi il loro nome.)
ARL. (Adesso. So pader l'è un medico.)
LEL. (Lo so. Dimmi il loro nome, che tu sia maledetto.)
ARL. (Una se chiama Rosaura, e l'altra Beatrice.)
LEL. (Basta così.) (torna sotto al terrazzino) Perdonino. Ho data una commissione al mio servitore.
ROS. Ma voi siete veneziano, o pur forestiere?
LEL. Sono un cavaliere napolitano.
ARL. (Cavaliere e napolitano? Do busìe in t'una volta.)
LEL. Sarà ormai un anno, ch'io albergo incognito in questa città.
ARL. (Semo arrivadi jer sera). (da sé)
LEL. Appena arrivato, mi si presentarono agli occhi le bellezze della signora Rosaura e della signora Beatrice. Stetti qualche tempo dubbioso a chi dovessi donar il cuore, sembrandomi tutte due esserne degne, ma finalmente sono stato costretto a dichiararmi...
ROS. Per chi?
LEL. Questo è quello che dir non posso per ora.
ARL. (da sé) (Se le ghe tenderà, el le torrà tutte do.)
BEAT. Ma perché avete renitenza a spiegarvi?
LEL. Perché temo prevenuta quella beltà ch'io desidero.
ROS. Io vi assicuro che non ho amanti.
BEAT. Nemmen io sono con alcuno impegnata.
ARL. (a Lelio, piano) (Do piazze vacanti! l'è la vostra fortuna.)
LEL. Però si fanno le serenate sotto le vostre finestre.
ROS. Vi giuro sull'onor mio che non ne sappiamo l'autore.
BEAT. Il cielo mi fulmini, se mi è noto chi l'abbia fatta.
LEL. Lo credo anch'io che non lo saprete. Ma veramente avreste curiosità di saperlo?
BEAT. Siamo donne, e tanto basta.
LEL. Orsù, vi leverò io di queste pene. La serenata che avete goduta, è un piccolo testimonio di quell'affetto ch'io nutro per la mia bella.
ARL. (Oh maledettissimo! Che boccon de carota!)
ROS. E non volete dire per chi?
LEL. No certamente. Avete voi sentita quella canzonetta, ch'io feci cantare? Non parlava ella d'un amante segreto e timido? Quello appunto son io.
ROS. Se dunque alcuna di noi non vi ringrazia, imputatelo a voi stesso, che non volete dichiarare a chi sieno stati diretti i vostri favori.
LEL. Non merita ringraziamenti una tenue dimostrazione di stima. Se avrò l'onore di servire scopertamente quella ch'io amo, farò stupire Venezia per il buon gusto, con cui soglio dare i divertimenti.
ARL. (E un de sti dì s'impegna i abiti, se no vien so padre.)
ROS. (a Beatrice) (Sorella, questo è un cavalier molto ricco.)
BEAT. (a Rosaura) Non sarà per me. Son troppo sfortunata.
ROS. Signore, favoritemi almeno il vostro nome.
LEL. Volentieri. Don Asdrubale de' Marchesi di Castel d'Oro.
ARL. (Nomi e cognomi no ghe ne manca.)
BEAT. (a Rosaura) (Ritiriamoci. Non ci facciamo credere due civette.)
ROS. (Dite bene. Usiamo prudenza). Signor marchese, con sua licenza, l'aria principia a offenderci il capo.
BEAT. Una vecchia di casa ci sollecita, perché andiamo al riposo.
LEL. Pazienza! Resto privo di un gran contento.
ROS. In altro tempo goderemo le vostre grazie.
LEL. Domani, se il permettete, verrò in casa a riverirvi.
ARL. (Sì, a drettura in casa.)
ROS. Oh! bel bello, signor amante timido. In casa non si viene con questa facilità.
LEL. Almeno vi riverirò alla finestra.
ROS. Sin qui ve lo concediamo.
BEAT. E se vi dichiarerete, sarete ammesso a qualche cosa di più.
LEL. Al ritorno del signor dottore, ne parleremo. Intanto...
ROS. Signor marchese, la riverisco. (entra)
BEAT. Signor Asdrubale, le son serva. (entra)