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Carlo Goldoni Il bugiardo IntraText CT - Lettura del testo |
ARL. Sia maledetto, l'è andada via senza che la possa veder in fazza.
LEL. Che dici della bellezza di Rosaura? Non è un capo d'opera?
ARL. Ella l'è un capo d'opera de bellezza, e Vusioria un capo d'opera per le spiritose invenzion.
LEL. Dubito che ella abbia qualche incognito amante, il quale aspiri alla sua grazia e non ardisca di dirlo.
ARL. E vu mò, prevalendove dell'occasion, supplì alle so mancanze.
LEL. Sarei pazzo, se non mi approfittassi d'una sì bella occasione.
COL. (torna a uscire di casa, senza maschera)
ARL. Oe, la cameriera torna in strada. La mia, in materia de muso, no la gh'ha gnente d'invidia della vostra.
LEL. Se puoi, approfittati; se fai breccia, procura ch'ella cooperi colla sua padrona per me.
LEL. La natura a tutti ne somministra.
ARL. Signora, se non m'inganno, ella è quella de sta notte.
COL. Sono quella di questa notte, quella di jeri e quella che ero già vent'anni.
ARL. Brava, spiritosa! Mi mo son quello che sta notte gh'ha dito quelle belle parole.
COL. Mi perdoni, non posso crederlo. L'abito che ella porta, non è da cavaliere.
ARL. Son cavaliere, nobile, ricco e grande; e se non lo credete, domandatelo a questo mio amico. (starnuta verso Lelio)
COL. Evviva.
ARL. Obbligatissimo. (piano a Lelio) (Sior padron, ho starnudado.)
LEL. (piano ad Arlecchino) (Sbrigati e vieni meco).
ARL. (piano a Lelio) (Ve prego, confermè anca vu le mie spiritose invenzion.)
COL. Di che paese è, mio signore? (ad Arlecchino)
ARL. Io sono dell'alma città di Roma. Sono imparentato coi primi cavalieri d'Europa, ed ho i miei feudi nelle quattro parti del mondo. (starnuta forte)
ARL. Non s'incomodi, ch'è tabacco. (piano a Lelio) (Gnanca per servizio?)
LEL. (Le dici troppo pesanti.)
ARL. (Gnanca le vostre no le son liniere.)
COL. Il signor Marchese, che ama la mia padrona, l'ha regalata; se Vossignoria facesse stima di me, farebbe lo stesso.
ARL. Comandate. Andate in Fiera, prendete quel che vi piace, ch'io pagherò; e disponete sino ad un mezzo milione.
COL. Signor Don Piccaro, è troppo grossa. (entra in casa)