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Carlo Goldoni Il ritorno dalla villeggiatura IntraText CT - Lettura del testo |
Camera in casa di Filippo.
BRIGIDA: No, signora, non occorre dire: dirò, farò, così ha da essere, così voglio fare. In certi incontri non siamo padrone di noi medesime.
GIACINTA: E che sì, che in un altro incontro non mi succederà più quello che mi è succeduto?
BRIGIDA: Prego il cielo che così sia, ma ne dubito.
GIACINTA: Ed io ne son sicurissima.
BRIGIDA: E donde può ella trarre una tal sicurezza?
GIACINTA: Senti: convien dire che il cielo mi vuol aiutare. Nell'agitazione in cui era, per cercare di divertirmi ho preso un libro. L'ho preso a caso, ma cosa più a proposito non mi potea venir alle mani; è intitolato: Rimedi per le malattie dello spirito. Fra le altre cose ho imparato questa: Quand'uno si trova occupato da un pensiere molesto, ha da cercar d'introdurre nella sua mente un pensier contrario. Dice che il nostro cervello è pieno d'infinite cellule, dove stan chiusi e preparati più e diversi pensieri. Che la volontà può aprire e chiudere queste cellule a suo piacere, e che la ragione insegna alla volontà a chiuder questa e ad aprire quell'altra. Per esempio, s'apre nel mio cervello la celletta che mi fa pensare a Guglielmo, ho da ricorrere alla ragione, e la ragione ha da guidare la volontà ad aprire de' cassettini ove stanno i pensieri del dovere, dell'onestà, della buona fama; oppure se questi non s'incontrano così presto, basta anche fermarsi in quelli delle cose più indifferenti, come sarebbe a dire d'abiti, di manifatture, di giochi di carte, di lotterie, di conversazioni, di tavole, di passeggi e di cose simili; e se la ragione è restia, e se la volontà non è pronta, scuoter la macchina, moversi violentemente, mordersi le labbra, ridere con veemenza, finché la fantasia si rischiari, si chiuda la cellula del rio pensiero, e s'apra quella cui la ragione addita ed il buon voler ci presenta.
BRIGIDA: Mi dispiace non saper leggere; vorrei pregarla mi permettesse poter anch'io leggere un poco su questo libro.
GIACINTA: Hai tu pure de' pensieri che ti molestano?
BRIGIDA: Ne ho uno, signora, che non mi lascia mai, né men quando dormo.
GIACINTA: Dimmi qual è, che può essere ch'io t'insegni qual cellula devi aprire per discacciarlo.
BRIGIDA: Egli è, signora mia, per confessarle la verità, ch'io sono innamoratissima di Paolino, ch'ei mi ha dato speranza di sposarmi; ed ora è a Montenero per servizio del suo padrone, e non si sa quando possa tornare.
GIACINTA: Eh! Brigida, questo tuo pensiere non è sì cattivo, né può essere sì molesto, che tu abbia d'affaticarti per discacciarlo. Il partito non isconviene né a te, né a lui. Non ci vedo ostacoli al tuo matrimonio; basta che, senza chiudere la cellula dell'amore, tu apra quella della speranza.
BRIGIDA: Per dir la verità, mi pare che tutte e due sieno ben aperte.
SERVITORE: Signora, vengono per riverirla la signora Vittoria, il signor Ferdinando ed il signor Guglielmo.
GIACINTA: (Oimè!). Niente, niente, vengano. Son padroni.
SERVITORE (parte.)
BRIGIDA: Eccoci al caso, signora padrona.
GIACINTA: Sì, ho piacere di trovarmi nell'occasione.
BRIGIDA: Si ricordi della lezione.
GIACINTA: L'ho messa in pratica immediatamente. Appena volea molestarmi un pensier cattivo, l'ho subito discacciato pensando al signor Ferdinando, che è persona giocosa, che mi farà ridere infinitamente.
BRIGIDA: Rida e scuota la macchina, e si diverta.