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Carlo Goldoni
Gli innamorati

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Scena Settima. Ridolfo e detti

 

RID. Amico, una parola.

FUL. Ah Ridolfo, soccorretemi per carità!

EUG. Soccorretelo quel povero sfortunato. Levatelo dalla presenza di una irragionevole, di una ingrata. (a Ridolfo)

RID. Perdonatemi, signora, s'io vi dispiaccio. Mi preme l'onor dell'amico. La signora Clorinda ha risolto di partir sola. Ricusa la mia compagnia, ricusa ogni altro, se non la riconduce il cognato.

EUG . E perché non va egli a servirla? È un'ora che glielo dico; ed egli persiste ad importunarmi.

RID. Via dunque, rammentatevi del fratello, e fate il vostro dovere.(a Fulgenzio)

FUL. Andiamo. (a Ridolfo, sdegnoso contro Eugenia)

RID. Ogni onestà lo richiede. (a Fulgenzio)

FUL. Sì, andiamo. (smanioso e incerto)

RID. Ma se ve lo dice ella stessa. (a Fulgenzio, accennando Eugenia)

FUL. Sì, vi dico; andiamo. (come sopra)

RID. Compatitelo, signora Eugenia.

FUL. Barbara! (ad Eugenia, fremendo)

EUG. Sono stanca.

FUL. Ingrata! (come sopra)

EUG. O andate voi, o vado io.

FUL. Andrò io, maladetta! (parte correndo)

RID. Compatitelo. (ad Eugenia)

EUG. Andate, andate con lui. (sdegnosa)

RID. Siete sdegnata meco?

EUG. Andate, signor protettore. (come sopra)

RID. Protettore di chi?

EUG. Della parentela.

RID. Vi compatisco, perché siete una donna (parte)

 




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