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Carlo Goldoni
La locandiera

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Scena Seconda. Fabrizio e detti

 

FABRIZIO: Mi comandi, signore. (Al Marchese.)

MARCHESE: Signore? Chi ti ha insegnato la creanza?

FABRIZIO: La perdoni.

CONTE: Ditemi: come sta la padroncina? (A Fabrizio.)

FABRIZIO: Sta bene, illustrissimo.

MARCHESE: È alzata dal letto?

FABRIZIO: Illustrissimo sì.

MARCHESE: Asino.

FABRIZIO: Perché, illustrissimo signore?

MARCHESE: Che cos'è questo illustrissimo?

FABRIZIO: È il titolo che ho dato anche a quell'altro Cavaliere.

MARCHESE: Tra lui e me vi è qualche differenza.

CONTE: Sentite? (A Fabrizio.)

FABRIZIO: (Dice la verita. Ci è differenza: me ne accorgo nei conti). (Piano al Conte.)

MARCHESE: Di' alla padrona che venga da me, che le ho da parlare.

FABRIZIO: Eccellenza sì. Ho fallato questa volta?

MARCHESE: Va bene. Sono tre mesi che lo sai; ma sei un impertinente.

FABRIZIO: Come comanda, Eccellenza.

CONTE: Vuoi vedere la differenza che passa fra il Marchese e me?

MARCHESE: Che vorreste dire?

CONTE: Tieni. Ti dono uno zecchino. Fa che anch'egli te ne doni un altro.

FABRIZIO: Grazie, illustrissimo. (Al Conte.) Eccellenza... (Al Marchese.)

MARCHESE: Non getto il mio, come i pazzi. Vattene.

FABRIZIO: Illustrissimo signore, il cielo la benedica. (Al Conte.) Eccellenza. (Rifinito. Fuor del suo paese non vogliono esser titoli per farsi stimare, vogliono esser quattrini). (Da sé, parte.)

 




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