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Carlo Goldoni
Ircana in Ispaan

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Scena Seconda. Alì ed il suddetto

 

ALÌ: Signor, deh mi concedi parlar con quel rispetto

Che merita d'un padre il generoso affetto.

Lascia che qual gli porge il suo dover consiglio,

Parli colui che onori col titolo di figlio.

Sparsa per la famiglia udii testé la voce

Che Ircana il fiero sdegno cova nel sen feroce;

Che odia la sposa mia, che non la soffre in casa,

Che l'onor nostro insulta, che di timori è invasa.

Grato a' tuoi doni io sono, i tuoi voleri inchino,

Ma la tua pace io bramo, e di partir destino.

MACHMUT: No, non pensar ch'io voglia di te, di lei privarmi,

Che amo qual figlia: invano tenti, Alì, di lasciarmi.

Sposa è Ircana del figlio, sì, l'accettai per nuora,

Ma quella donna altera non mi comanda ancora:

Né comandar vedrassi con autorevol ciglio,

Nelle mie soglie altera, di Machmut al figlio.

Tanta virtude ha in seno Fatima la tua sposa,

Che vincerà col tempo il cuor dell'orgogliosa;

Tanto conosce Tamas il suo dovere alfine,

Che della sposa ai sdegni imponerà il confine;

Ed io tanto potere serbo ancor nel mio tetto

Per far ch'ella s'accheti, e taccia a suo dispetto.

ALÌ: Ma se il tuo figlio istesso, per soddisfar l'audace,

D'abbandonar il padre il rio pensier non tace!

E soffrirei vederti per me del figlio privo?

A tal legge indiscreta, signor, non mi soscrivo.

Tanto ti devo e tanto, sono al tuo amor sì grato...

MACHMUT:. Non dubitar che il figlio siami a tal segno ingrato

Eccolo: a tante prove, onde pietoso io fui,

No, che temer non posso tal sconoscenza in lui.

 




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