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Carlo Goldoni
La sposa persiana

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Scena Settima. Machmut accompagnato da quattro Officiali, che attendono gli ordini suoi

 

Olà, ciascun s’impieghi: i schiavi, i servi, i cuochi;

Si preparin le mense, i vasi, i cibi, i giuochi.

Tosto al caffè; prepara oltre il costume adorno

II picciolo banchetto, che usasi a mezzo il giorno.

Latte, poponi ed altre frutta del mio giardino,

Confezioni, sorbetti, oppio purgato, e fino,

Thè non manchi; si dia tabacco a chi ne brama,

Siavi per tutto il vaso, che kalïam si chiama:

Il kalïam, quel vaso, che fra noi si accostuma,

Con cui sì dolcemente l’uom si riposa, e fuma.

Canti vi sieno, e danze, vi sien poeti egregi,

Che della nuova sposa formin poema ai pregi;

Quindi nell’ampia sala, di lumi intorno piena,

Al seguito festivo diasi superba cena.

Del terso e bianco riso sodo pilò sia fatto,

Di burro, e droghe carco, nel color contrafatto.

Sieno in minuti pezzi nello schidion girati,

D’aromati nutriti i migliori castrati.

Lepri, maiali ed altre carni vietate immonde

Non sianvi alla mia mensa; cerchinle i ghiotti altronde.

Del bove in acqua pura al più l’uso permetto,

Salse bandisco, e sughi, e ogni manicaretto,

Lasciando agli Europei la follia, ch’io deploro,

Di accellerar coi cibi il fin de’ giorni loro.

Ma Tamas viene; andate; gli ordini udiste in parte,

Supplisca ad ogni altr’uopo l’uso, l’ingegno e l’arte

(partono i servi).

Merita ben tal sposa, che dote reca, e onore,

Che il suocero l’accolga con pompa, e con splendore.

Ah voglia il ciel, che il figlio con pari ardor la miri.

Ma temo, è mesto in viso; par che pianga, e sospiri.

 




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