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Carlo Goldoni
La sposa persiana

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Scena Settima. Fatima sola

 

Padre mio, se veduta m’avessi in tal periglio,

Diresti, che seguito non abbia il tuo consiglio?

Potea soffrir di più? Di più soffrir mi resta?

Bella consolazione per una sposa è questa!

Nel momento primiero, che scopromi allo sposo,

Veggolo nel mirarmi immobile, e ritroso.

Misera, e quand’io spero m’accolga fra le braccia,

Volge le luci altrove, e non mi guarda in faccia!

Oltre al dover, son prima a scioglier la favella,

Non ha rossore a dirmi, che la sua schiava è bella,

Che l’ama, e che pretender per contentar l’audace,

Sagrificar la sposa, e rimandarla in pace.

Vile non son; de’ torti sento nell’alma il peso,

Veggo l’amor di sposa, veggo l’onore offeso.

Ma che giovar poteami con un che mi disprezza,

Con un che può scacciarmi, lo sdegno, e la fierezza?

Quel che non fa la pace, quel che non fa l’amore,

Coi sposi monsulmani far non puote il furore.

Dissimular conviene, soffrir la crudeltade

Per moverlo col tempo a dolcezza, a pietade;

E celando nel petto la gelosia cruciosa,

Agli occhi del crudele rendermi meno odiosa.

Per me di morte istessa più barbaro è il dolore

Di cedere a una schiava del mio diletto il cuore;

Ma perché ciò non segua, dir degg’io di volerlo,

E guadagnar lo sposo, mostrando compiacerlo.

 




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