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Carlo Goldoni Pamela nubile IntraText CT - Lettura del testo |
PAM. Ah! padre, andiamo subito per carità.
AND. Dove?
PAM. Sì, egli stesso.
PAM. Sì, lo so, è il mio padrone. Ma oramai...
AND. No, Milord è il tuo sposo.
PAM. Oh Dio! Padre, che dite mai?
AND. Sì, figlia, ecco l'arcano che svelar ti dovea. Io sono il conte d'Auspingh, tu sei mia figlia. Le mie disavventure mi hanno confinato in un bosco, ma non hanno cambiato nelle mie vene quel sangue che a te diede la vita.
AND. Credilo all'età mia cadente, credilo a queste lagrime di tenerezza, che m'inondano il petto.
BON. Pamela, rivolgetevi una volta anche a me.
PAM. Oh Dio! Che è mai questo nuovo tremore, che mi assale le membra? Ah, che vuol dir questo gelo, che mi circonda le vene? Oimè, come dal gelo si passa al fuoco! Io mi sento ardere, io mi sento morire.
BON. Via, cara, accomodate l'animo vostro ad una fortuna che per tanti titoli meritate.
PAM. Signore, vi prego per carità, lasciatemi ritirare per un momento. Non mi assalite tutt'ad un tratto con tante gioje, ognuna delle quali avrebbe forza di farmi morire.
BON. Sì, bell'idolo mio, prendete fiato. Ritiratevi pure nel mio appartamento.
PAM. Padre, non mi abbandonate. (parte)
AND. Eccomi, cara figlia, sono con te. Signore, permettetemi…
BON. Sì, consolatela, disponetela a non mirarmi più con timore.
AND. Eh Milord, farete più voi con due parole, di quello possa far io con cento. (parte)
BON. Ah, che la virtù di Pamela dovea farmi avvertito che abietto il di lei sangue non fosse!