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Carlo Goldoni
Pamela nubile

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Scena Seconda. Milord Artur e detto

 

ART. Dove, Milord, colla spada alla mano?

BON. A trafiggere un temerario.

ART. E chi è questi?

BON. Il cavaliere Ernold.

ART. Che cosa vi ha egli fatto?

BON. Lo saprete, quando l'avrò ucciso.

ART. Riflettete qual delitto sia in Londra il metter mano alla spada.

BON. Non mi trattenete.

ART. In vostra casa ucciderete un nemico?

BON. Egli alla mia casa ha perduto il rispetto.

ART. Voi non potete giudicar dell'offesa.

BON. Perché?

ART. Perché vi accieca lo sdegno.

BON. Eh, lasciatemi castigar quell'audace.

ART. Non lo permetterò certamente.

BON. Come! Voi in difesa del mio nemico?

ART. Difendo il vostro decoro.

BON. Giuro al cielo, colui ha da morire per le mie mani.

ART. Ma poss'io sapere che cosa vi ha fatto?

BON. In casa mia ha strapazzata madama Jevre; ha fatte delle impertinenze a Pamela; ha perduto il rispetto a me, che sono il loro padrone.

ART. Milord, un momento di quiete. Trattenete per un solo momento lo sdegno. Il cavaliere vi ha offeso; avete ragione di vendicarvi. Ma prima ditemi da cavaliere, da uomo d'onore, da vero leale inglese, ditemi se in questo vostro furore vi ha alcuna parte la gelosia.

BON. Non ho luogo a discernere quale delle mie passioni mi spinga. Vi dico solo che il perfido ha da morire.

ART. Non vi riuscirà di farlo, prima che non abbiate calmata la vostra ira.

BON. Chi può vietarlo?

ART. Io.

BON. Voi?

ART. Sì, io che son vostro amico; io, che avendo il cuore non occupato, so distinguere il valor dell'offesa.

BON. La temerità di colui non merita di esser punita?

ART. Sì, lo merita.

BON. A chi tocca vendicare i miei torti?

ART. Tocca a milord Bonfil.

BON. Ed io chi sono?

ART. Voi siete in questo punto un amante, che freme di gelosia. Non avete a confondere l'amor di Pamela coll'onor della vostra casa.

BON. L'onore e l'amore, tutto mi sprona, tutto mi sollecita. Quel perfido ha da morire.

ART. Ah! Milord, acquietatevi.

BON. Son fuor di me stesso.

 

 




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