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Carlo Goldoni
Pamela nubile

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Scena Dodicesima. Il Cavaliere Ernold e dette

 

ERN. Che fate qui con questa bella ragazza?

MIL. Cavaliere, vi piace?

ERN. Se mi piace? E come! È questa forse quella Pamela, di cui mi avete più di tre ore parlato?

MIL. È questa per l'appunto.

ERN. È ancora più bella di quello me l'avete dipinta. Ha due occhi che incantano.

PAM. Miledi, con vostra permissione. (vuol partire)

MIL. Dove vuoi andare?

ERN. (a Pamela) No, gioja mia, non partite; non mi private del bel contento di vagheggiarvi anche un poco.

PAM. Signore, queste frasi non fanno per me.

MIL. Eh, cavaliere, lasciatela stare. Ella è caccia riservata di Milord mio fratello.

ERN. Non si potrebbe fare un piccolo contrabbando?

PAM. (Che parlare scorretto!)

MIL. Voi mi fareste ridere, se costei non mi desse motivo di essere accesa di collera.

ERN. Che cosa vi ha fatto?

MIL. Mio fratello mi ha data parola ch'ella sarebbe venuta a servirmi, ed ella venir non vuole; e Milord mi manca per sua cagione.

ERN. Eh! ragazza mia, bisogna mantener la parola; senz'altro bisogna venir a servire miledi Daure.

PAM. Ma io dipendo...

ERN. Non vi è ragione in contrario, voi avete da venire a servirla.

PAM. Ma se il padrone...

ERN. Il padrone è fratello della padrona; fra loro s'intenderanno, e la cosa sarà aggiustata.

PAM. Vi dico, signore...

ERN. Via, via, meno ciarle; datemi la mano, e andiamo.

PAM. Non soffrirò una violenza. (va verso la porta per fuggire)

ERN. (si mette alla porta) Giuro al cielo, fuor di qui non si va.

PAM. Come, signore? In casa di milord Bonfil?

MIL. Chi sei tu, che difendi la ragion di Milord? Sei qualche cosa del suo? Giuro al cielo, se immaginar mi potessi ch'egli ti avesse sposata, o ti volesse sposare, ti caccerei uno stiletto nel cuore.

ERN. Eh figuratevi, se Milord è così pazzo di volerla sposare! La tiene in casa per un piccolo divertimento.

PAM. Mi maraviglio di voi. Sono una fanciulla onorata.

ERN. Brava! Me ne rallegro. E viva la signora Onorata. Ehi, se siete tanto onorata, avrete dell'onore da svendere.

PAM. Che volete dire perciò?

ERN. Ne volete vendere ancora a me?

PAM. Credo che dell'onore ne abbiate veramente bisogno.

MIL. Ah impertinente! Così rispondi al cavalier mio nipote?

PAM. Tratti come deve, io parlerò come si conviene.

ERN. Eh, non mi offendo delle ingiurie che vengono da un bel labbro. Tutte queste belle sono stizzosette. Sapete perché fa la ritrosa? Perché siete qui voi. Andate via, e m'impegno che fa a mio modo.

MIL. Voglio che costei venga a stare con me.

ERN. Verrà, verrà. Volete che vi faccia vedere come si fa a farla venire? Osservate. (cava una borsa) Pamela, queste sono ghinee; se vieni con Miledi, da cavaliere te ne dono mezza dozzina.

PAM. Datele a chi sarete solito di trattare.

ERN. Oh capperi! Sei una qualche principessa? Che ti venga la rabbia! Ricusi sei ghinee? Ti pajono poche?

PAM. Eh, signore, non conoscete il prezzo dell'onestà, e per questo parlate così.

ERN. Tieni, vuoi tutta la borsa?

PAM. (Oh cielo! Liberami da questo importuno.)

ERN. Sarei ben pazzo, se te la dèssi. Fraschetta!

PAM. Come parlate? Lo saprà il mio padrone.

ERN. Certo, il tuo padrone si prenderà una gran cura.

PAM. Lasciatemi andare.

ERN. Orsù, vieni qui. Facciamo la pace. (vuol prenderla per la mano)

PAM. (vuol fuggire) Finitela d'importunarmi.

ERN. Senti una parola sola.

PAM. (vuol fuggire) Madama Jevre!

ERN. Senti!

PAM. Isacco!

ERN. Sei una bricconcella.

PAM. Siete un cavaliere sfacciato.

ERN. Ah indegna! A me sfacciato?

MIL. Ah disgraziata! Sfacciato a mio nipote?

PAM. Se è cavaliere, stia nel suo grado.

MIL. Ti darò degli schiaffi.

ERN. Ti prenderò per le mani, e non fuggirai. (la insegue)

PAM. Ajuto, gente, ajuto.

 

 

 




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