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Carlo Goldoni Le avventure della villeggiatura IntraText CT - Lettura del testo |
TOGNINO: (Ehi, la vecchia). (A Rosina.)
ROSINA: (La vecchia). (A Costanza.)
COSTANZA: (Sì, col suo amorino). (A Rosina.)
SABINA: Serva umilissima di lor signori.
VITTORIA: Serva sua, signora Sabina.
COSTANZA: Riverisco la signora Sabina.
ROSINA: Come sta la signora Sabina?
SABINA: Bene, bene, sto bene. Che bella compagnia! Chi è quel giovanotto? (Accennando a Tognino.)
TOGNINO: Servitor suo, signora Sabina.
SABINA: Vi saluto, caro: chi siete?
ROSINA: Non lo conosce? È il figliuolo del signor dottore.
COSTANZA: Del medico; del nostro medico.
SABINA: Bravo, bravo, me ne consolo. È un giovanetto di garbo. È maritato? (A Rosina.)
SABINA: Quanti anni avete? (A Tognino.)
SABINA: Perché non ci venite mai a trovare?
ROSINA: Ha da fare.
ROSINA: Non va in nessun luogo.
SABINA: Sì, sì, ho capito. Bravi, bravi; non dico altro. Io poi, quando si tratta... se mi capite, non abbiate paura, che non sono di quelle. Ferdinando.
SABINA: Cara gioia, datemi il fazzoletto.
FERDINANDO: Vuole il bianco?
SABINA: Sì, il bianco. Ieri sera ho preso dell'aria ed ho una flussioncella a quest'occhio.
FERDINANDO: Eccola servita. (Le dà il fazzoletto con un poco di sdegno.)
SABINA: Cos'è, che mi parete turbato? (A Ferdinando.)
FERDINANDO: (Niente, signora). (A Sabina.)
SABINA: (Avete rabbia, perché ho parlato con quel giovanotto?). (A Ferdinando.)
FERDINANDO: Eh! signora no. (Ho rabbia di dovermi in pubblico far minchionare).
SABINA: (No, caro, non abbiate gelosia, che non parlerò più con nessuno). (A Ferdinando.)
FERDINANDO: (Parli anche col diavolo, che non ci penso).
SABINA: (Tenete il fazzoletto). (A Ferdinando.)
FERDINANDO: (Mi stanno sul cuore quei diecimila scudi).
SABINA: (Non dico tutto, ma qualche cosa bisognerà poi ch'io gli doni).
GIACINTA: Orsù, signori, si vogliono divertire? Vogliono fare qualche partita?
VITTORIA: Per me faccio quello che fanno gli altri.
COSTANZA: Disponga la signora Giacinta.
SABINA: Di me non disponete, ché la mia partita l'ho fatta. (A Giacinta.)
GIACINTA: E a che vuol giocare la signora zia?
SABINA: A tresette in tavola col signor Ferdinando.
FERDINANDO: (Oh povero me! Sto fresco). Signora, questo è un gioco che annoia infinitamente. (A Sabina.)
SABINA: Eh! signor no, è un bellissimo gioco. E poi, che serve? Avete da giocare con me.
FERDINANDO: (Ci vorrà pazienza).
SABINA: Avete sentito? Per me sono accomodata. (A Giacinta.)
GIACINTA: Benissimo. Faranno un ombre in terzo la signora Vittoria, la signora Costanza e il signor Guglielmo.
COSTANZA: (Poteva far a meno di mettermi a tavolino con quella signora del mariage).
VITTORIA: (Mettermi con lei! Non sa distribuir le partite). (Da sé.)
GUGLIELMO: (Non sono degno della vostra partita?). (A Giacinta.)
GIACINTA: (Mi maraviglio che abbiate ardir di parlare). (A Guglielmo.) Faremo un altro tavolino d'ombre il signor Leonardo, la signora Rosina ed io.
ROSINA: Come comanda. (Può essere ch'io goda qualche bella scena). (Da sé.)
GIACINTA: È contento, signor Leonardo?
LEONARDO: Io sono indifferentissimo.
GIACINTA: Se volesse servirsi a qualche altro tavolino, è padrone.
LEONARDO: Veda ella, se le pare che le partite non sieno disposte bene.
GIACINTA: Io non posso sapere precisamente il genio delle persone.
LEONARDO: Per me non ho altro desiderio che di dar piacere a lei, ma mi pare che sia difficile.
GIACINTA: Oh! è più facile ch'ella non crede. Ehi! chi è di là? (Vengono i Servitori.)
GUGLIELMO: Accomodate tre tavolini. Due per l'ombre, ed uno per un tresette in tavola. (I Servitori eseguiscono.)
VITTORIA: Mi pare un po' melanconico il signor Guglielmo. (A Guglielmo.)
GUGLIELMO: Non lo sa, signora? Son così di natura.
VITTORIA: Voi amate poco, signor Guglielmo.
GUGLIELMO: Anzi amo più di quello che vi credete.
VITTORIA: (Manco male, che mi ha detto una buona parola).
GIACINTA: (Bravo, signor Guglielmo, me ne consolo. Ho piacere che amiate la signora Vittoria). (A Guglielmo.)
GUGLIELMO: (Ognuno può interpretar le cose a suo modo). (A Giacinta.)
LEONARDO: (Signora Giacinta, che cosa avete detto piano al signor Guglielmo?). (A Giacinta.)
GIACINTA: (Ho da rendervi conto di tutte le mie parole?). (A Leonardo.)
LEONARDO: (Mi pare che ci sia un poco troppo di confidenza). (A Giacinta.)
GIACINTA: (Questi ingiuriosi sospetti non sono punto obbliganti). (A Leonardo.)
LEONARDO: (È una condizione la mia un poco troppo crudele). (Da sé.)
GIACINTA: Orsù, è preparato, signori. L'ora è tarda, e se non si sollecita, or ora ci danno in tavola.
SABINA: Per me son lesta. Andiamo, Ferdinandino.
FERDINANDO: Eccomi ad obbedirla. (Per una volta si può soffrire). (Da sé, e va a sedere al tavolino indietro con Sabina.)
VITTORIA: Favorite, signor Guglielmo.
VITTORIA: S'accomodi, signora Costanza.
COSTANZA: (Vuole stare nel mezzo per non guastare il bell'abito). (Siedono a tavolino.)
GIACINTA: Se comanda, signora Rosina...
ROSINA: Eccomi. (Tognino, venite con me.) (A Tognino.)
TOGNINO: Signora, sì. (Vorrei che si andasse a tavola). (Tutti siedono, e principiano a giocare.)