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Carlo Goldoni Le avventure della villeggiatura IntraText CT - Lettura del testo |
GUGLIELMO (si ritira da una parte).
COSTANZA: Serva, signora Giacinta.
GIACINTA: Serva sua, signora Costanza.
ROSINA: Serva divota.
GIACINTA: Serva, signora Rosina.
TOGNINO: Servitor suo.
GIACINTA: Signor Tognino, la riverisco.
COSTANZA: Siamo qui a darle incomodo.
GIACINTA: Anzi a favorirci; mi dispiace che saranno venute a star male.
COSTANZA: Oh! cosa dice? Non è la prima volta ch'io abbia ricevute le sue finezze.
GIACINTA: Ehi, chi è di là? Da sedere. (I Servitori portano le sedie.) (Perché non venite avanti?) (A Guglielmo, piano.)
GUGLIELMO: (Sono mortificato). (A Giacinta.)
GIACINTA: Le prego di accomodarsi. (Siedono.) Favorisca, signor Guglielmo, qui c'è una seggiola vuota. vicino a lei.
GUGLIELMO: (Quella non è per me, signora).
GIACINTA: (E per chi dunque?).
GUGLIELMO: (Non tarderà a venire chi ha più ragion di me di occuparla).
GIACINTA: (Se principiate a far delle scene, vi darò quella risposta che non ho avuto cuore di darvi).
GUGLIELMO: (Vi obbedirò, come comandate). (Siede.)
COSTANZA: (Che dite, eh? Anch'ella ha il mariage alla moda). (A Rosina.)
ROSINA: (Eh! sì, queste due signore illustrissime vanno a gara).
GIACINTA: Che fa il signor Tognino? Sta bene?
TOGNINO: Servirla.
GIACINTA: Che fa il signor padre?
TOGNINO: Servirla.
GIACINTA: Non è andato in Maremma, mi pare?
TOGNINO: Servirla.
GIACINTA: (Che sciocco!). (Piano a Guglielmo.)
GUGLIELMO: (Ma è fortunato in amore). (Piano a Giacinta.)
COSTANZA: Anch'ella, signora Giacinta, s'è fatto il mariage alla moda?
GIACINTA: Eh! un abitino di poca spesa.
COSTANZA: Sì, è vero, è un cosettino di gusto. Mi piace almeno, ch'ella lo spaccia per quel che è; ma la signora Vittoria ne ha uno cento volte peggio di questo, e si dà ad intendere d'avere una cosa grande, un abito spaventoso.
GIACINTA: Vogliono divertirsi? Vogliono fare una partita? Gioca all'ombre la signora Costanza?
COSTANZA: Oh! sì signora.
GIACINTA: E la signora Rosina?
ROSINA: Per obbedirla.
GIACINTA: E il signor Tognino?
TOGNINO: Oh! io non so giocare che a bazzica.
GIACINTA: Gioca a bazzica la signora Rosina?
ROSINA: Perché vuol ella ch'io giochi a bazzica?
GIACINTA: Non saprei. Vorrei fare il mio debito. Non vorrei dispiacere a nessuno; s'ella volesse far la partita col signor Tognino...
ROSINA: Oh! non vi è questo bisogno, signora.
COSTANZA: Via, la signora Giacinta è una signora compita, e fra di noi c'intendiamo. Ma il signor Tognino, che giochi o che non giochi, non preme; starà a veder a giocare all'ombre, imparerà: starà a veder la Rosina.
GIACINTA: Ella sa meglio di me, signora Costanza, l'attenzion che ci vuole nel distribuir le partite.
COSTANZA: Oh! lo so, per esperienza. Lo so che si procura di unire quelle persone, che non istanno insieme mal volentieri. Anch'io ho tutta l'attenzione per questo; ma quel che mi fa disperare si è, che qualche volta vi è fra di loro qualche grossezza, o per gelosia, o per puntiglio, e s'ingrugnano, senza che si sappia il perché: a chi duole il capo, a chi duole lo stomaco, e si dura fatica a mettere insieme due tavolini. Verrà una per esempio, e dirà: ehi, questa sera vorrei far la partita col tale. Verrà un'altra: ehi, avvertite, non mi mettete a tavolino col tale e colla tale, che non mi ci voglio trovare. Pazienza anche, se lo dicessero sempre. Il peggio si è, che qualche volta pretendono che s'indovini. Ci vuole un'attenzione grandissima: pensare alle amicizie e alle inimicizie. Cercare di equilibrar le partite fra chi sa giocare. Scegliere quel tal gioco, che piace meglio a quei tali. Dividere chi va via presto, e chi va via tardi, e qualche volta procurar di mettere la moglie in una camera, ed il marito nell'altra.
GIACINTA: Vero, vero; lo provo ancor io: sono cose vere. Sento una carrozza, mi pare. Sarà la signora Vittoria e il signor Leonardo. Fatemi un piacere, signor Guglielmo, andate a vedere se sono dessi.
GUGLIELMO: Sì, signora, è giusto; questa seggiola non è per me. (S'alza.)
GIACINTA: Se non volete, non preme...
GUGLIELMO: Contentatevi. Son giovane onesto, e so il mio dovere. (Parte.)
GIACINTA: (Oggi m'aspetto di dover passare una giornata crudele).
COSTANZA: Dica, signora Giacinta, è egli vero che il signor Guglielmo si sia dichiarato per la signora Vittoria?
GIACINTA: Lo dicono.
COSTANZA: Siccome deve essere sua cognata, ella lo dovrebbe sapere.
GIACINTA: Finora non c'è stata gran confidenza fra lei e me.
COSTANZA: E le nozze sue si faranno presto?
GIACINTA: Non so, non glielo so dire. E ella, signora Costanza, quando fa sposa la signora Rosina?
COSTANZA: Chi sa? potrebbe darsi.
ROSINA: Oh! non c'è nessun che mi voglia.
TOGNINO: (Nessuno?). (Piano a Rosina, urtandola forte.)
ROSINA: (Zitto, malagrazia). (Piano a Tognino.)
GIACINTA: Mi pare, se non m'inganno... (Verso Tognino ecc..)
COSTANZA: Le pare, signora Giacinta? (Sogghignando per piacere.)
ROSINA: Qualche volta l'apparenza inganna.
GIACINTA: Il signor Tognino non è giovane capace di burlare.
TOGNINO: Ah? (Fa uno scherzo a Rosina ridendo, poi s'alza e passeggia sgarbatamente.)
GIACINTA: (È un buon ragazzo, mi pare). (A Costanza.)
COSTANZA: (Non ha molto spirito). (A Giacinta.)
GIACINTA: (Cosa importa? Basta che abbia il modo di mantenerla). (A Costanza.)
COSTANZA: (Oh! sì, è figlio solo). (A Giacinta.)