4. Anche se è
noto che soluzioni pastorali analoghe furono proposte da alcuni Padri della Chiesa
ed entrarono in qualche misura anche nella prassi, tuttavia esse non ottennero
mai il consenso dei Padri e in nessun modo vennero a costituire la dottrina
comune della Chiesa né a determinarne la disciplina. Spetta al Magistero
universale della Chiesa, in fedeltà alla Sacra Scrittura e alla
Tradizione, insegnare ed interpretare autenticamente il «depositum fidei».
Di fronte alle
nuove proposte pastorali sopra menzionate questa Congregazione ritiene pertanto
doveroso richiamare la dottrina e la disciplina della Chiesa in materia. Fedele
alla parola di Gesù Cristo(5), la Chiesa afferma di non poter
riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente
matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una
situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non
possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura
tale situazione(6).
Questa norma
non ha affatto un carattere punitivo o comunque discriminatorio verso i
divorziati risposati, ma esprime piuttosto una situazione oggettiva che rende
di per sé impossibile l'accesso alla Comunione eucaristica: «Sono essi a
non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione
di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la
Chiesa, significata e attuata dalI'Eucaristia. C'è inoltre un altro
peculiare motivo pastorale; se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i
fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della
Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio»(7).
Per i fedeli
che permangono in tale situazione matrimoniale, I'accesso alla Comunione
eucaristica è aperto unicamente dall'assoluzione sacramentale, che
può essere data «solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno
dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad
una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità
del matrimonio. Ciò importa, in concreto, che quando l'uomo e la donna,
per seri motivi - quali, ad esempio, I'educazione dei figli - non possono
soddisfare l'obbligo della separazione, "assumano l'impegno di vivere in
piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei
coniugi"»(8). In tal caso essi possono accedere alla comunione
eucaristica, fermo restando tuttavia l'obbligo di evitare lo scandalo.
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