Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
La fuga in Egitto
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Verso sera la donna malarica si sentì sfebbrare. Era come il rinfrescarsi dell'aria nelle notti estive, e il sudore che le inumidiva la pelle arsa le dava l'impressione della rugiada. Anche i capelli che durante la febbre le pareva pesassero neri e ardenti, si alleggerivano, quasi svaporavano come una nuvola che il vento spande e discioglie.

Col senso della realtà le tornava quello della gioia di vivere: i due giorni che la separavano dal nuovo assalto della febbre le parevano due anni; e si disponeva a viverli come il convalescente un lungo periodo di salute. Tutto era rinnovato e lieve; anche la sua bambina, che sapeva per istinto quel momento di felicità e ne profittava per folleggiare intorno alla stanza, le sembrava più bella, più viva.

Ricordandosi che il suocero era venuto ad abitare con loro, sentì gioia anche di questo: finalmente aveva con chi sfogarsi.

– Dov'è il nonno? – domandò alla bambina.

– È di che fuma la pipa.

– Anche lui! – ella si lamentò, poichè sapeva per esperienza che presso gli uomini vecchi e giovani la pipa è un grande rivale delle donne.

– Ma lui non butta la cenere qua e anche sui piatti come fa il babbo: la mette in uno scartoccino e dice che è buona per ammazzare le formiche.

Digli che venga qui, per piacere: e tu bada un po' in cucina che non entri qualcuno finchè non torna Ornella.

La bambina non chiedeva di meglio, perchè quando era sola in cucina impastava qualche piccola focaccia, o metteva a cuocere una patata tra la cenere calda; quel che avveniva avveniva, poi.

Ancora tutto impregnato d'odore di tabacco forte, il nonno entrò solo nella camera della donna, e alle domande di lei se si era annoiato, se la bambina lo aveva fatto inquietare, rispose con enfasi:

– Questo è uno dei più bei giorni della mia vita!

– Se il primo giorno è stato buono, gli altri saranno migliori, – ella disse cordialmente. – Si metta un po' a sedere , se non le noia. Adesso sto bene: domani non avrò più nulla e baderò io a tutto. Ornella è brava e attenta, ma non è mai come la padrona di casa.

Il maestro sedette accanto al grande letto che con la sua coperta verde, sotto la luce che moriva nella piccola finestra otturata dal fogliame del giardino, dava l'idea di un prato al crepuscolo.

Molte domande egli desiderava rivolgere alla nuora, ed era contento adesso che ella gli venisse incontro spontaneamente; ma la voce di lei, bassa e intensa, e che pure aveva come una sonorità cavernosa, gli destò subito un senso di mistero.

Anche la figura di lei gli appariva strana, lunga e appena delineata sotto la coperta ov'ella si teneva tutta raccolta fino al mento, con la bella testa bianca e nera così sprofondata nel guanciale che vi pareva dipinta.

– Sono contenta che lei si trovi bene qui, – ella riprese senza guardarlo; – è da tanto che si desiderava averla con noi. Non passa giorno che suo figlio non parli di lei, con affetto e devozione; e continuamente rimpiange i dispiaceri che le ha dato.

Macchè dispiaceri!

– Sì, le par poco, di non aver seguito il suo desiderio, di studiare, di prendere almeno un diploma? Ha preferito fare tutti i mestieri, mentre con la sua intelligenza chi sa dove poteva arrivare. È vero che allora forse non ci si sarebbe incontrati. – osservò con voce ancora più bassa, – e la nostra bambina non sarebbe al mondo. Io non concepisco più il mondo senza la nostra bella bambina. E quando lui si lamenta e rimpiange di non aver seguito i consigli paterni, io questo glielo dico: allora egli guarda la bambina, e non parla; ma gli occhi gli si fanno lucidi come voglia piangere.

– Del resto siamo felici così, – riprese più forte: – troppo felici forse. Ho persino paura: Antonio è buono, allegro, affettuoso. Ha solo il vizio del fumo; la sua pipa funziona fin dalla mattina presto, e dove passa lui non si fa che raccogliere cenere e fiammiferi spenti. Ma si sa, i doveri di una buona moglie sono molti. Si fermassero qui! E poi io devo farmi perdonare questo malanno, di stare un giorno su e tre a letto, malanno che riconosco di essermi procurata io col voler troppo bene al mio primo marito. Lei sa che era capitano di lungo corso e padrone di barche, il mio povero Adelmo. Una volta sposati io lo volli seguire dovunque, anche perchè ero gelosissima; così andai con lui fino a Porto Corvo, dove il paese intero è stato distrutto dalla malaria. Ma la mia gelosia non conosceva pericoli, tranne quello di essere fondata. Adelmo mi diceva: è un peccato, il tuo, e Dio ti castigherà. E Dio mi ha castigato. E nei giorni della febbre mi pare che egli sia vivo ancora e mi dica: vedi, adesso se voglio farti torto con qualche altra donna non puoi più corrermi appresso. E ne soffro molto, perchè mi pare ch'egli mi tradisca davvero.

– È morto giovane? – domandò il maestro, un po' geloso a sua volta, per conto di suo figlio, di questo strano rivale.

Giovane molto non era, ma lo sembrava. Ma non parliamone più; è una cosa tanto lontana, – ella mormorò chiudendo gli occhi come per non veder più il passato, o meglio per nascondere la sua passione ancora viva. – Per qualche anno, poi, le febbri parvero scomparse; adesso, dall'estate scorsa, di nuovo mi tormentano. Dicevo, dunque, suo figlio è tanto buono da aver pazienza, e tutti i rimedi cerca per farmi guarire, e oltre la pipa altri vizi non ha. Gli piace solo qualche buon bicchiere, ma a chi non piace un buon bicchiere di vino?

– Io per esempio sono astemio.

La donna lo guardò di sotto le ciglia abbassate, con malizia e compassione.

– Io non ho mai conosciuto un uomo che non bevesse vino, e poche donne anche. Qui tutti lavoriamo, e non abbiamo teatri altri divertimenti. La vita è dura e il solo rimedio è un buon bicchiere di vino.

– Ma voi avete una buona rendita.

– A furia di fatica, appunto. La terra è ingrata, il mare infido: e contadini e pescatori tutti d'intesa a pigliarsi la parte più grossa. Il povero Adelmo la conosceva bene, questa gente, e quindi riusciva a dominarla: specialmente la canaglia di mare, come egli la chiamava. Aveva viaggiato fin da bambino, fino alle Indie e all'Australia, e diceva che i porti di mare sono come vasi di latte e di vino; attirano tutte le mosche più infette. Antonio invece, – riprese dopo la breve pausa che invariabilmente divideva il suo ricordo del morto da quello del vivo, come se allo staccarsi dal passato una lacuna si formasse nel suo pensiero, – Antonio è fatto più alla buona; anche lui ha girato il mondo, ma la gente non l'ha conosciuta, no; ha girato come un ragazzo che scappa con denari in tasca, e si diverte. Nei primi tempi dopo che ci siamo sposati tutti lo raggiravano, o meglio ci raggiravano, perchè poco pratica ero pure io. Dopo, abbiamo imparato a nostre spese. Lui, poi, amava il divertimento; ballava tutte le notti, e di giorno anche. Di lui non sono gelosa, ma, dico la verità, ho passato brutti momenti a causa delle donne.

Il maestro rise, piano piano. Antonio non aveva vizi; vino, tabacco e Venere, sono cose a cui l'uomo di mondo non deve sottrarsi.

– Poi, visto che le cose andavano male, ha messo giudizio. Devo dire però che con me, anche nei momenti più brutti, è stato rispettoso e umile. Quando un uomo confessa i suoi errori e promette di non ricaderci, che si può fare? Magari chiudere un occhio, se non mantiene la promessa, specialmente se c'è di mezzo qualcuno a cui nascondere le debolezze umane.

– Tu parli come una santa, – esclamò il maestro. – E adesso....

Adesso, – ella interruppe, già pentita di aver parlato troppo, – tutto va bene. Antonio sorveglia i contadini e coi pescatori combatte corpo a corpo. Giusto oggi è andato a Porto Corvo perchè ha saputo che gli uomini delle nostre barche depongono laggiù del pesce di frodo.

– Quante barche avete?

– Quattro, adesso. Il povero Adelmo è arrivato ad averne sei, come un branco di cavalli. La rendita è buona, ma le spese e le tasse grandi. Così pure per la casa: il vento di mare ha denti di lupo.

– E voi vivete qui, – egli disse guardandosi intorno per la camera terrena piccola e triste; ma la donna non parve neppure capire che si poteva vivere, almeno una parte dell'anno, nelle stanze belle della casa.

– Si sta bene, qui; non c'è da fare le scale. Col povero Adelmo, prima di fabbricare questa villa, si viveva in una cameretta sola, in paese.

– Eppure si era più felici.

– Oh, no. Si era giovani, e quindi più resistenti.

– Ma ancora sei giovane, – disse il maestro guardando il profilo puro di lei che spiccava quasi argenteo fra la macchia nera dei folti capelli: ed ella sorrise, per avvalorare l'affermazione di lui, mostrando i denti intatti; ma era un sorriso lievemente amaro.

– Ho quindici anni più del suo Antonio.... Anche per questo.... non sono più giovane come allora.

Ritirò il sorriso, nascose i denti, come si ritira e nasconde un gioiello dopo averlo fatto appena vedere. Allora il maestro si piegò verso di lei con le mani giunte e disse sottovoce:

Inoltre non c'era la bambina, allora.

E tacquero entrambi come pregando.

Lo spirito della bambina aleggiava intorno, spandeva un senso di mistero religioso nella tristezza della camera ove le cose s'annerivano e la finestra diventava cieca.

Un istinto indefinibile avvertiva il maestro che la donna, sotto la superficie della sua voluta e anche creduta felicità, nascondeva un male intimo che non cessava con il cessare della febbre; e lei a sua volta intendeva questo presentimento di lui; ed entrambi desideravano confidarsi ma non potevano.

Lo spirito della bambina tesseva intorno a loro una rete più luminosa e fragile di quella del ragno intorno a un cespuglio: e li univa, ma in pari tempo impediva loro di pronunziare una sola parola che potesse disperdere la sua opera: per lei si doveva tacere, per lei l'atmosfera non doveva essere turbata neppure da un soffio.

Illusione, forse, – pensò il maestro: ma egli sapeva che l'illusione è il sangue dello spirito umano.

E, poichè il silenzio suo e della donna cominciava a tingersi d'angoscia e le parole tentavano di sboccare come un elemento che fa violenza, a romperlo e illuminarlo ci pensò lei stessa, la bambina, battendo con le unghie ai vetri fuori della finestra: la sua vestina rossa incendiò e disperse il grigio dell'ombra, e il suo sorriso ridestò le forze della vita.

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