Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
La fuga in Egitto
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Era già notte e il padrone della casa non tornava. Il nonno e Ola lo aspettavano seduti accanto alla porta della cucina, mentre Ornella, dopo aver portato da mangiare all'ammalata, friggeva qualche cosa sui fornelli.

Il maestro si volgeva ogni tanto a guardarla, quasi senza volerlo, con uno sguardo d'istinto come quello che la bambina rivolgeva alle cose e alle persone ancora a lei sconosciute. Quella ragazza che aveva già le forme sviluppate di una donna di trent'anni, con le sue treccie bionde un po' aspre, come di spighe mature, attorcigliate e quasi legate intorno alla testa forte, la pelle bianca lievemente lentigginosa, le avambraccia piene che rassomigliavano a due anfore slanciate col grande fiore delle mani in cima, gli pareva di averla conosciuta altre volte, dove e quando non riusciva a ricordare. E non gli piaceva, sebbene la vedesse straordinariamente attiva e silenziosa, dedita solo alle faccende della casa: quel suo silenzio stesso, animato da un lieve ansare di benessere fisico, e la pienezza dura della persona di lei, e anche un odore animale che spandeva intorno, gliela presentavano come una bella bestia addomesticata.

Ella cucinava senza mai piegarsi sui fornelli un po' bassi, e pareva guardare con lieve sdegno, dall'alto, le cose che toccava. Ogni volta che la bambina tentava di avvicinarsi la respingeva forte con la palma della mano destra. Ola tornava a rifugiarsi presso il nonno; e stavano tutti e due accanto all'uscio silenziosi anche loro, come si conoscessero da anni e si avessero detto tutto.

La sera, fuori, era fresca ancora, buia sotto il pergolato e più in grigia con qualche sprazzo di chiarore che arrivava dalla casa dei contadini: di veniva anche un odore di concime che turbava il profumo del giardino.

Quando Ornella cessava di friggere si sentiva il mormorio del mare, e su questo sfondo di suono opaco e freddo un grillo ricamava già la trina metallica del suo zirlare.

Ma ecco d'un tratto come un improvviso soffio di vento scosse la quiete esterna; s'udì distinto lo schioccar d'una frusta, fra un grappolo di note squillanti di campanello; poi una voce che gridava , , con timbro giovanile, fece tacere ogni altro rumore. Gli occhi della bambina si riempirono di luce.

– È il babbo, – disse alzandosi in punta di piedi come per vederlo di lontano. Poi tutta vibrante si accostò al nonno e gli mormorò all'orecchio:

– Vogliamo fargli una burletta? Ci nascondiamo dietro l'uscio, e quando lui entra gli facciamo paura?

Il nonno acconsentì: e di nuovo fu tutto una cosa con lei, dietro l'uscio sul quale Ola premeva la bocca per frenare il suo riso.

Ma il cane che precedeva il padrone minacciò di guastare la burla, quando balzò dentro ansante con la coda in aria, fra l'allegro e il sospettoso; e ispezionata rapidamente la cucina galoppando come un piccolo cavallo bianco con la sella nera, abbaiò contro l'uomo sconosciuto: si accorse però che Ola gli faceva segno di tacere; stette quindi incerto, con la coda e la testa alte, guardando la scena coi suoi occhi umani.

Anche Ornella si degnò di partecipare alla burla.

Ola non c'è, è andata a spasso con il nonno, arrivato questa mattina, – disse senza voltarsi quando Antonio entrò: e abituato a questi raggiri, egli finse di crederci.

– Ah, bravi, se ne sono andati a spasso ? E io che avevo portato un uccellino a quella birbona! Adesso lo lascio scappare.

Allora lei non potè resistere e spinse l'uscio gridando:

– Siamo qui! siamo qui!

E i due uomini si abbracciarono, intrecciati a lei in silenzio.

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