Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
La fuga in Egitto
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Rimasti poi soli, i due uomini parlarono con più libertà, fumando la pipa. E anche le loro pipe dimostravano il loro carattere diverso; corta e tutta di un pezzo quella del maestro, di radica annerita dal tempo, col fornello preistorico; lunga e col bocchino guarnito d'argento quella di Antonio. Fumavano anche in modo diverso, il primo tenace e profondamente voluttuoso come un bambino che succhia la mammella materna, l'altro con violenza, togliendosi ogni momento la pipa di bocca per sputare senza riguardo.

– Se sono proprio contento? Ma proprio contento, sì, – esclamò con enfasi che però sembrava sincera. – Lo sarei di più, certamente, se Marga, mia moglie, non avesse quel malanno. A dirlo in confidenza, anche per il parere del medico, ritengo sia più che altro una cosa nervosa, che spero le passerà col tempo e se lei acconsentirà a cambiar aria. Ma è una donna testarda in quanto a questo: non esce mai di casa e non ama gente estranea.

– Io allora?

– Ah, lei è un'altra cosa. Lo aspettava come il messia. Da tanto tempo lo aspettava; e credo appunto che la sua presenza le farà bene.

– Sì, ho notato anch'io qualche cosa di strano negli occhi e nella voce di tua moglie. Per esempio, parla in modo curioso del marito morto.

Antonio depose la pipa sulla tavola, in modo brusco, e rise: di un riso però falso e teatrale.

– Ci siamo! Questa appunto è la sua fissazione: ricordarsi del suo famoso Adelmo come di un eroe o di un santo. Io credo lo faccia un po' per ingelosirmi. Questo Adelmo io non l'ho conosciuto, ma ne ho sentite! Già era più vecchio di lei, e da una fotografia che lei tiene nascosta come una reliquia, si vede una brutta faccia lunga che non finisce mai, con due occhi incavati di arpìa. Dicono, inoltre, che negli ultimi anni, durante la guerra, egli avesse una grande simpatia per i nemici, coi quali comunicava per mezzo delle sue barche.

Parli troppo male, figlio mio, – osservò bonariamente l'altro. – E tua moglie pare riesca a ingelosirti davvero.

– No, no, – protestò Antonio, riprendendo la pipa che osservò a lungo come non l'avesse mai veduta. – Sarebbe una cosa contro natura. E io, perbacco, sono sano e allegro; senza scrupoli pensieri; tanto è vero che questa pipa, la vede? era del bravo Adelmo che l'aveva comprata in Olanda. Io ci fumo dentro con grande piacere.

Infatti se la rimise in bocca con fare spavaldo. Allora il maestro pensò non essere solo della pipa che Antonio profittava; e non seppe perchè sentì come un sapore di ruggine nella sua saliva.

Le mezze confidenze di Marga gli tornarono tutte in mente.

– Ella mi aspettava, – disse quasi fra . – È buona, vero?

Buona e brava. Attivissima, non vive che per la casa, per me, per la bambina. La vedrà domani. Del resto si va pienamente d'accordo su questo: e se la roba è sua io ci metto il lavoro e tutto il mio sangue per farla fruttare. Oggi, per esempio, sarei dovuto venire incontro a lei; nossignori, ho dovuto correre per tutelare l'interesse della famiglia: ed anzi ho pensato: lui, mio padre, ne sarà contento.

– Hai fatto bene, infatti.

– E la roba frutta perchè io sono così; in mani di un altro tutto sarebbe andato alla malora. Ed io rendo conto a Marga fino dell'ultimo centesimo; e per conto mio, lei stessa lo può dire, vivo come un figlio di famiglia; oh, – riprese alzando la voce e sporgendo il petto: – non è detto che perchè sono scappato di casa e ho fatto del male al mio benefattore, non sia diventato un galantuomo.

Il maestro si sentì punto nei suoi più intimi pensieri; egli però non aveva paura dei suoi giudizi, e se gli altri li indovinavano. Gli piaceva anzi, quando ne valeva la pena, di fare il giudice istruttore, abitudine forse rimastagli dal tempo della scuola quando qualche fanciullo commetteva di nascosto cattive azioni ed egli tentava di strappargli dall'anima la verità e illuminarlo con la stessa rivelazione del male.

Così disse ad Antonio pacatamente:

– Se Marga tenta d'ingelosirti, come tu dici, e si abbandona a questa forma nervosa del suo malessere, avrà qualche ragione. Una donna del tutto felice non pensa a queste cose.

– Che ne sappiamo noi delle donne? Tutte, più o meno, specialmente in amore, hanno un ramo di pazzia. Marga è stata gelosissima anche con il primo marito, che era anziano e per niente una cima di bellezza; gli andava appresso anche di notte e lei stessa racconta che lo seguì in barca, durante la pesca: il maltempo li sorprese ed ella andò a rischio di lasciarci la pelle e le ossa. Con me, invece, non s'è mai dimostrata gelosa, ma credo lo sia, o almeno lo sia stata, nei primi tempi del matrimonio.

– Il matrimonio è una cosa santa, – disse grave il maestro; – e queste nuvole non devono oscurarlo specialmente quando ci sono i figli. L'uomo che si sposa assume una responsabilità davanti a Dio; è come un coltivatore che prende l'impegno di tirar su, sane e forti, le pianticelle nuove di una terra che gli viene affidata, e le seminagioni che egli farà. I figli sono il fiore della vita.

Antonio fumava, quasi indispettito che si mettessero in dubbio le sue ottime qualità di marito e di padre.

– Il matrimonio è una grande responsabilità, – disse infine, riprendendo quel tono declamatorio che era come un velo sulla sincerità delle sue parole; – ma se anche lei avesse preso moglie e sapesse quanta prudenza e pazienza ci vogliono per vivere d'accordo, non farebbe colpa a un uomo se qualche volta va a divagarsi innocentemente fuori di casa.

– Ah, ci siamo! Dunque torti gliene fai a tua moglie.

– Ma che torti! Torto è quando un uomo porta via di casa l'amore per la moglie e sopra tutto la roba. Ora io posso giurare che non ho mai speso il becco di un quattrino per le donne, anche perchè non lo meritano. Sono tutte più o meno sgualdrine, – affermò, sputando lontano, – e sono loro che vanno a cercare gli uomini, specialmente quando, via, accidenti alla modestia, sono giovani e forti come il sottoscritto. D'altra parte, appunto perchè si è esuberanti di salute, si ha bisogno di qualche svago. E neppure le mogli buone, come lo è Marga in fondo, fanno grande caso di questo. Non siamo più negli antichi tempi; e anche Salomone, del resto, ha avuto bisogno di più di una donna.

Il maestro smise di fumare; riconosceva ragionevole tutto quello che Antonio diceva; però ne provava dispiacere e quasi disgusto.

– Si va nel campo del vizio, allora, – ribattè, pur con la triste convinzione di non essere inteso; – ed io ammetto la colpa per amore, ma per vizio no. All'uomo deve bastare una donna, e alla donna un uomo, così comanda Dio, e così comandano anche le leggi della vita. So che io, se avessi preso moglie, non l'avrei mai tradita.

Appunto per questo s'è guardato bene dal prenderla.

Il maestro non rispose subito, ma il suo viso che era rimasto pallido e chiaro come il suo bicchiere, si colorì di rosa. Sdegno, rimorso, rimpianto, o forse anche dolore, o forse anche vergogna? Forse tutti assieme questi sanguigni fiori di passione avevano percosso l'anima sua.

Figlio caro, – disse, chiamandolo per la prima volta con quel nome, – tu forse hai ragione: non si può giudicare di quello che non si sa. Ed io e tu, qui, rappresentiamo come la realtà e il sogno. Tu sei vivo, ed io sarei morto se la morte stessa non fosse la grande maestra della vita. Che ne sai tu di me? Che ne sai che io non parli appunto per esperienza, per aver pure io vissuto e peccato, e che i miei insegnamenti non ti vengano dati per metterti in guardia contro il dolore?

Ma l'altro non capiva che l'esteriorità della parola.

So io con chi ho da fare, – disse quasi brutalmente. – Ho troppo conosciuto il mondo e la gente per lasciarmi maltrattare più oltre. Nessuno può farmi del male.

– Il dolore non viene dagli altri, viene da noi stessi e dalla natura. Tu sei forte, sì, oggi, ma domani?

– Il domani è in mani di Dio, – rispose l'altro allegramente, versandosi l'ultimo bicchiere, e scosse la bottiglia vuota capovolta quasi volesse spremerla e trarne un vino nascosto nel vetro. Ma non bevette. Gli faceva pena, in fondo, che il padre fosse così malinconico; del resto si capisce, un uomo che non beve è sempre un poco predicatore e noioso; e lui pensava di scuoterlo, di fargli passare almeno qualche ora allegra. Cominciò col dargli del voi.

– Vi voglio raccontare come ho incontrato Marga, poichè si parla di lei.

Prima andò a vedere se Ornella s'era proprio ritirata nella sua cameruccia che comunicava con la cucina. Tornò a sedersi, bevette il suo ultimo bicchiere senza avvedersene.

– È una curiosona, quella ragazza! Sembra che s'infischi di tutto, ma sta sempre con le orecchie tese. Del resto è lei, Marga, che la vuole in casa, appunto perchè era gelosa delle serve, e perchè questa è parente del suo beneamato Adelmo.

– Dunque, riprese con voce bassa e allegra, io stavo qui, come ricorderete, appuntato di Dogana, e mi preparavo per l'esame di vice-brigadiere. Avevo idee serie, ambiziose; speravo di passare presto maresciallo e arrivare col tempo al grado di generale: perchè no? Ci sarei arrivato certo, con la buona volontà. Era un periodo nel quale non pensavo a donne. Avevo chiesto il trasloco in una città dove si poteva studiare meglio: e anche perchè qui c'era la moglie del maresciallo che nelle ore libere ci faceva lavorare, noi dipendenti, nel suo orto, che confina appunto qui con la vigna di Marga.

Marga era vedova da poco e non la si vedeva mai: io non la conoscevo che di nome o meglio di fama, perchè si dicevano tante cose sul marito morto, e cioè che era stato una spia degli austriaci, che aveva pescato un tesoro, che aveva rubato un bel gruzzolo a una sua vecchia zia, dalla quale era stato allevato, facendola così morire di crepacuore. Lavorando nell'orto della signora marescialla io guardavo la vigna il campo e la villa di Marga con una certa curiosità ironica, pensando alla vedova che da un anno non usciva di casa, per piangere quel bel tipo, il quale del resto, dicevano, si era arricchito per lei e le aveva lasciato tutto.

In fondo pensavo che Adelmo doveva aver guadagnato enormemente con la pesca in tempo di guerra, perchè le sue barche pescavano anche quando era proibito: ma la gente trova sempre da ridire, su un individuo che si arricchisce, e allora si parlava male di Adelmo come adesso si parla male di me che ne ho sposato la vedova: e molti dicono che l'ho sposata per interesse, mentre ho fatto una passione per lei.

L'ho amata ancora prima di conoscerla, ed è stato, si può dire, il mio primo vero amore.

Ero ancora quasi un ragazzo e se il mondo lo conoscevo in lungo e in largo e le donne non mi facevano paura, proprio innamorato cotto non lo ero mai stato.

La signora marescialla, quando scendeva giù nell'orto a sorvegliare il mio lavoro, mi parlava sempre della sua misteriosa vicina, dicendomi che era bellissima, che aveva destato grandi passioni, anche in un fratello di Adelmo andatosene per amore di lei nell'isola di Giava, dove infatti si trova ancora, fortunatamente: e infine che non era possibile neppure vederla perchè non riceveva nessuno, tranne che i più stretti parenti, e mai più sarebbe uscita di casa, fedele alla memoria del marito.

– Quanto scommette che io invece riesco a vederla? – dico alla marescialla, un giorno di ottobre. – Non è poi la casa dell'orco, quella senza porte e senza finestre. Ed io riuscirò a vedere la signora Marga nella sua camera, proprio nella sua camera.

La marescialla era anche lei una bella donna maliziosa, che stava volentieri in mia compagnia, e credo mi facesse lavorare nell'orto appunto per questo, mentre si divertiva a stuzzicarmi parlandomi sempre di amore, di donne, e specialmente di Marga.

– Tutto si può quando si vuole, – mi dice, con intenzione.

– Qualunque cosa succeda, lei però mi farà testimonianza che la mia intenzione è solo quella di vedere da vicino questa famosa bellezza.

Bisogna confessare che la marescialla mi tenne bordone in questa impresa, permettendomi di aprire un varco nella siepe onde poter penetrare nel campo qui dietro il giardino. Come ho detto era di ottobre e faceva ancora caldo: noi in caserma si dormiva ancora con le finestre aperte, e dalla mia vedevo, attraverso il pergolato, il chiarore di quella della camera di Marga.

Ed ecco che una bella notte penetro nel campo, con le scarpe di feltro di quando si va a sorprendere i contrabbandieri, e avanzo quatto quatto. Oh, dimenticavo di raccontare che mi avevo amicato il cane dei contadini, che spesso veniva verso la siepe, abbaiando contro le nostre galline: gli buttavo da mangiare e, come si sa, il cane, per il boccone, diventa amico dell'uomo. Cominciò ad abbaiare, infatti, appena io fui dentro nel campo, ma quando mi venne incontro e mi riconobbe si chetò; poi anzi mi precedette festevole come conoscesse le mie buone intenzioni e m'indicasse la strada.

Così arrivai accanto al pergolato. La finestra di Marga, voi l'avete veduta, è poco alta dal suolo; io mi piego sulle ginocchia, avvicinandomi sempre più per veder meglio. E la fortuna mi assiste; anche troppo.

Marga, che io credevo intenta a pregare per l'anima del marito morto, si lavava le braccia e il collo, come usa ancora, prima di andare a letto. Così io la vidi con le spalle e il seno nudi, i capelli tirati e attorcigliati sul sommo della testa: era bella come una statua di marmo. Quando si asciugò strofinandosi forte la pelle con l'asciugamano si fece tutta color di rosa: sollevò e guardò bene, voltandole e rivoltandole, le braccia freschissime, poi esaminò con attenzione un neo in forma di cuore che ha in mezzo al seno. Io mi buttai a terra quasi con spavento. E stetti finchè lei non chiuse gli scuri della finestra e tutto fu silenzio.

E non dissi nulla alla marescialla, preferendo perdere la scommessa pur di poter continuare indisturbato il gioco. Finchè una notte il contadino di Marga si accorse di me e per un pelo non mi tirò una fucilata. Io dissi che ero in diritto di entrare dove mi pareva e piaceva, per dovere di ufficio: e poichè ero innamorato cotto e non ne potevo più dal desiderio di parlare con Marga, aggiunsi che anzi dovevo perquisire la casa di lei. La casa fu tutta in subbuglio. Marga, che viveva sola con una servetta, si spaventò in modo che io ebbi rimorso di averla disturbata. La madre e la moglie del contadino accorsero scarmigliate come due streghe, il cane non ebbe più ritegno e cominciò ad abbaiare ma come protestando contro tutto quell'inutile movimento.

Signora, – dico a Marga, – io avrei ordine di visitare la terrazza della sua villa perchè pare che, a insaputa di lei, qualcuno riesca a deporvi merce di contrabbando.

Lei non protestò, non oppose resistenza; mi fece dare la chiave della terrazza e ordinò al contadino di accompagnarmi: io dissi che era necessaria la sua presenza ed anche lei venne su con noi. Naturalmente non si trovò nulla; osservai però che sulla terrazza si apriva una porticina della soffitta e pregai Marga di aprirla. Lei mandò giù l'uomo a prendere la chiave. Rimasti soli, io me le inginocchiai davanti e le chiesi perdono.

– È lei il contrabbando che cercavo; ho pensato questo mezzo per vederla perchè non mi riusciva in altro modo.

Lei da prima si scostò impaurita, poi rise forte e disse in dialetto:

– Quanto è scemo e imbecille!

Eppure, quando tornai a cercarla di pieno giorno, mi ricevette, non solo, ma inviò la servetta per una commissione onde restar soli e parlare a nostro agio.

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