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Due settimane passarono così, liete e movimentate nei buoni giorni di salute della mamma, con lunghi pasti che lasciavano i commensali storditi, specialmente alla sera quando le bottiglie salivano una dopo l'altra, polverose e come ancora irrigidite dal fresco buio della cantina, e Marga e Antonio gareggiavano, invitandosi e incoraggiandosi a vicenda, nel far loro onore, e qualche amicone di casa veniva per rinforzare la buona volontà di quei due.
Dopo che aveva bevuto, Marga si acquietava stranamente, immobile e muta davanti alla tavola, solo di tanto in tanto ravviandosi d'istinto i capelli; i suoi occhi pieni di un languore di sogno e il suo viso fine illuminato come da un riflesso di tramonto, si facevano bellissimi; pareva l'immagine della felicità. Antonio invece, di solito durante la giornata affaccendato taciturno e quasi sgarbato, diveniva espansivo e spaccone. Tutto gli andava bene, nel mondo, secondo lui, e meglio ancora doveva andare in avvenire.
– Quando si ha questa testa e questo cuore e si deve lavorare per questa creatura tutto deve andar bene, per Dio Santo.
Un pugno alla fronte, uno al petto, la mano tesa teatralmente verso Ola, e l'accento mutevole, energico, tenero, minaccioso, davano forza alle sue parole. E il ridere di Ola e i suoi occhi brillanti gioia e malizia, illuminavano la tavola intorno alla quale il maestro, nonostante le liete apparenze, si ostinava a vedere un alone di ombra.
Più quieti, sebbene velati di melanconia, erano i giorni in cui Marga aveva la febbre. Pareva che ella cadesse abbattuta, più che altro, dalla fatica esasperata e dall'agitazione dei giorni di salute, come chi dopo lunghe veglie cade in un sonno profondo. In quei giorni il maestro s'era fatto il dovere e l'abitudine di non abbandonare la casa e la bambina. A questa insegnava a leggere e scrivere, constatando che mai il còmpito di insegnante gli era apparso più difficile.
Ola ricorreva a tutti i sotterfugi per sottrarsi al suo dovere: all'ora della lezione diventava sorda e muta e si faceva cercare a lungo prima di decidersi a saltar fuori dai suoi nascondigli; poi aveva sempre qualche malanno, all'ora della lezione: le faceva male la pancia, o un piede, o addirittura la mano che doveva impugnare la penna.
E quando ebbe imparato bene o male l'O, se ne servì per metterci due piccoli occhi, una bocca storta, due zampette sotto, e farlo vedere a Ornella come il ritratto del nonno.
– Va là, in fatto di studio sei una zuccona come tuo padre, – prese un pezzetto di zucca e glielo mise sotto il guanciale; e quando lui protestò, rispose;
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