Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
La fuga in Egitto
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Nei giorni in cui Antonio era fuori e Marga a letto, un silenzio profondo incrinato appena dai trilli di Ola, regnava nella casa che la primavera inoltrata schiariva e scaldava. Veniva dal mare e dai prati della spiaggia tutti coperti di giunchi e dei fiori del croco, un odore sano che dava al maestro un senso di gioia quasi fisico. Gli pareva di ringiovanire.

Anche la sua cameretta sembrava un'altra. Da egli ne aveva tappezzato le pareti con una carta chiara, dorata come se vi battesse il sole, e qualche quadretto e due tappeti di poco valore ma a forti colori le davano un aspetto signorile.

Non mancavano mai i fiori, per lo più campestri, in un boccale paesano adattato a vaso.

Mentre lui scriveva o leggeva, Ola si sdraiava ora sull'uno ora sull'altro tappeto, intenta a decifrarne i disegni seguendoli con la punta del dito e a parlare sottovoce fra . Il gatto le contrastava il posto e a sua volta allungava la zampetta verso il dito di lei, tentando di graffiarla per giuoco; anche al cane era permesso di entrare, purchè non si prendesse confidenza; e pure le galline allungavano il collo dall'uscio, guardando dentro con un occhio solo.

Un altro visitatore accolto con ambigui segni fra di simpatia e ostilità era Lenin, il maialetto roseo con la coda arricciata in su e gli occhi vivi che di giorno in giorno si affondavano nel grasso. Entrava senza tanti complimenti, fiutando il pavimento e cacciandosi sotto il letto, dove si permetteva di emettere certi suoni poco profumati, finchè il cane, dopo aver guardato in faccia il maestro come per indovinarne i sentimenti, non lo cacciava via perseguitandolo poi anche di fuori per punirlo della sua sporca sfacciataggine.

La meno ben veduta era Ornella: il maestro evitava di trovarsi con lei anche quando si ripuliva la camera. Non che la ragazza non gli dimostrasse il più profondo rispetto, ma la sua presenza lo turbava, d'un turbamento fisico che non era desiderio, anzi ripugnanza. Ella gli sembrava ottusa, incapace di istinti se non animaleschi; e in questi ultimi giorni l'aveva scoperta bugiarda e falsa. Marga, per esempio, le ordinava di far acquisti presso certi rivenditori; ella invece andava da altri, che le davano roba scadente e a maggior prezzo. Un giorno il maestro, per incarico della nuora, andò a protestare presso uno di questi che lo accolse male e finì con l'offenderlo.

Marga, – disse allora, bonario ma fermo; – tu non mi darai più di questi incarichi: piuttosto vado a fare la spesa io. E adesso non alzare la voce con Ornella, per colpa mia, te ne prego.

Marga non alzò la voce: pregò solamente il marito d'imporre alla ragazza di non rimettere più piede nella rivendita dell'insolente: e Antonio lo fece con esagerata serietà che parve impressionare insolitamente Ornella.

Il giorno stesso, però, il maestro la vide per caso rientrare a far la spesa nella rivendita proibita: più tardi poi, mentre lui e Ola stavano dietro la siepe del giardino, la si sentì che tornava a casa con un'altra ragazza; e non pareva più lei, tanto parlava e rideva sconciamente, gonfia di un'allegria di bestia a primavera.

– Fa sempre così, quando non c'è la mamma o il babbo, – disse la bambina, accorgendosi della sorpresa ostile del nonno.

Allora fra loro due cominciò una congiura: senza essere interrogata Ola gli riferiva tutte le cattive azioni che poteva sorprendere di Ornella, e le esagerava e coloriva in nero, sempre con la preghiera al nonno di non dir nulla a nessuno.

Egli però si accorgeva che quando era sola con la ragazza e credeva di non essere osservata da nessuno ella le dimostrava uno strano attaccamento: un giorno le vide che giocavano come i gatti, morsicandosi e maltrattandosi a vicenda.

Ne parlò a Marga, quando Ornella andò fuori.

Col viso acceso da un subito furore la donna chiamò la bambina e cominciò a sgridarla aspramente, quasi lei sola fosse la responsabile; e l'avrebbe percossa, senza l'intervento del nonno.

– Non così, non così, – egli disse con angoscia; e strinse a la bambina e lui stesso parve rifugiarsi in lei, mentre Marga impallidiva e gli occhi le si velavano di dolore. Tutti e tre tacquero come sorpresi da un turbine che tentava di portarli via e li atterriva più che per questo per il mistero della sua violenza perversa.

Con la voce assonnata dei giorni di febbre Marga cominciò a scusarsi.

– Che vuole? Le persone ignoranti sono tutte così, come quella ragazza, un po' bestie: non capiscono e bisogna compatirle perchè sono disgraziate anche loro. Ornella è fra le meno peggio, e vuol bene alla bambina: le vorrà bene a suo modo, ma le vuol bene. Non è vero, Ola? Quando tu eri piccola, – aggiunse, scusandosi anche con lei, – ti ricordi di quell'accidente della Tonina? Ti picchiava se ti sentiva piangere e si beveva il latte destinato alla tua pappa. Ornella al contrario è capace di attraversare un bosco di notte se tu non ti senti bene e c'è bisogno del dottore.

– E poi mi le caramelle di nascosto, –rinforzò Ola.

–Tu però non le devi dare troppa confidenza, hai capito, non fare la sciocca con lei. Se sapesse, – riprese rivolgendosi al maestro, – quante donne di servizio ho provato, una peggiore dell'altra: Ornella, almeno, è fidata; la notte si alza, se le sembra di sentire qualche rumore sospetto ed è capace di affrontare i ladri da sola.

Parole e parole: cadevano nel vuoto e ne accrescevano il buio: e la donna lo sentiva.

– Lo so, – riprese, più viva, – dovrei parlare con Ornella e metterla a posto io. Ma è come parlare al muro: non capisce nulla. Capiscono le bestie? – domandò guardando il maestro come fossero d'intesa fra loro a parlare un linguaggio che la bambina non dovesse intendere. – D'altronde io non posso voglio abbassarmi a lei. La sgrido spesso, è vero, per cose da niente, e lei prova gusto a questo che sa un semplice giuoco; ma se io tentassi di dirle solo una parola che potesse colpirla sul vivo, ella è capace di saltarmi al collo e strangolarmi.

Il maestro provò un brivido interno: perchè di questa violenza nascosta di Ornella egli ne era sicuro: bastava guardare gli occhi felini di lei.

– E mandala via, – disse sottovoce; e nello stesso tono la donna ripose:

– Se fosse una semplice serva potrei farlo; ma noi abbiamo anche responsabilità morali verso di lei. Sarebbe come metterla sulla strada, perchè lei non ha dove andare. A meno che non andasse appunto a servizio presso altri, e questo non vogliamo. Del resto, – disse poi con voce accorata, – lei o un'altra è lo stesso.

Il maestro insinuò:

– Non ti converrebbe una donna anziana?

Ma la rassegnazione disperata di Marga non conosceva limiti.

– È lo stesso, è lo stesso; dentro o fuori è lo stesso.

Queste ultime parole, pronunziate come nelle ore di delirio, gettarono un laccio al collo del maestro; gli parve di soffocare.

Ola, – disse alla bambina che lo stuzzicava alle spalle e già non pigliava più parte al discorso tragico della madre, – mi dài fastidio: non sono il gatto, io. Va, torna a giocare fuori. Va, – impose energico, poichè lei esitava.

Marga, – disse quando furono soli, – tu hai capito che devi considerarmi come un padre. Tu credi che tuo marito e Ornella....

Il subito spalancarsi e richiudersi degli occhi di Marga, come d'una porta che si apre e tosto viene richiusa per la minaccia di un pericolo, lo fece quasi vergognare della sua supposizione; ma poi il sorriso di lei, quel sorriso rapido anch'esso che lasciava vedere e subito nascondeva i denti, stranamente giovani e avidi in quel viso sciupato, gli fece grave il cuore; perchè sentì che la peggiore nemica di Ola, in quel cerchio di mistero, era la madre stessa. Domandò quasi aspro:

–Tu credi che Antonio e Ornella non possano avere un relazione colpevole?

Antonio è giovane; ma se ha da svagarsi lo fa fuori di casa, – lei rispose aggrottando le sopracciglia.

dentro fuori tu dovresti permetterlo, per tua figlia, – egli concluse con durezza.

E poichè lei rideva, quasi beffandosi dell'ingenuità di lui, uscì, prese Ola per mano e la condusse sulla spiaggia, a respirare il grande alito che risana ogni male.

– O mare, – pensava, mentre Ola scavava la sabbia con le sue manine tenaci, – sento che tu sei veramente l'anima della terra, e che stai ad insegnarci com'è fatta l'anima nostra. La terra si rinnova lentamente, con le sue stagioni, come il nostro corpo; tu li rinnovi ad ogni istante, nei tuoi abissi senza fondo, coi mostri e le meraviglie divine delle tue profondità infinite, come l'anima nostra.

E gli parve di aver ritrovato finalmente davvero un amico, un suo simile, col quale poteva intendersi e confidarsi meglio che con gli uomini.

Adesso il mare era calmo, con un anello di smeraldo in lontananza e la scìa del sole entro la quale come in una strada sott'acqua si vedevano i giovani cefali giocare allegramente. Le vele delle paranze, ancora al largo, battute dal riflesso verde e azzurro del mare e del cielo parevano di seta viola, messe , come fiori in un giardino, solo per accrescere la bellezza del quadro.

E anche l'uomo, con accanto la bambina che smoveva la sabbia come lui i suoi pensieri, si sentì calmo, pronto ad attingere forza da quella sosta, per il resto del cammino.

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