Grazia Deledda: Raccolta di opere
Grazia Deledda
La fuga in Egitto
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La sera stessa il portalettere, che si vedeva di rado in quei paraggi, portò dai contadini, che lo fecero passare dal maestro, una lettera raccomandata per Ornella. La prese lei e la guardò bene da tutte le parti; con un gesto quasi rapace ne sbranò la busta, aprì il foglio per vedere la firma e lesse rapidamente qua e ciò che v'era scritto; poi rilesse, lentamente, troppo lentamente, quasi non riuscisse a decifrare le parole, fermandosi di tanto in tanto come uno che studia la via da percorrere; infine disse:

– È quell'imbecille di mio cugino che fa il soldato e scrive a me perchè dice che da casa sua son due mesi che non gli scrivono più.

Lasciò la lettera sulla tavola, come non le premesse; e il maestro non domandò di leggerla e non fece osservazioni; non credette però ad una sola parola di lei. Chi le scriveva? Forse Antonio, sotto un altro nome.

Anche lei non parlò oltre; ma ogni suo movimento rivelava la sua nascosta agitazione. Anzitutto si guardò nello specchietto che serviva al maestro per farsi la barba, e si lisciò i capelli con tutte e due le mani: poi cominciò ad aggirarsi per la stanza, senza scopo, spostando e rimettendo a posto oggetti che non toccava mai, fermandosi ogni tanto davanti alla finestra, stordita come la mosca che s'illude di poter volare attraverso i vetri; infine salì sul soppalco, ridiscese subito, e il suo primo sguardo fu per la lettera.

– Bisogna che domani vada ad avvertire in casa di lui, – disse, ripiegandola e riponendola nella sua tasca profonda; e aggrottò le ciglia fingendo di essere annoiata.

Più tardi, quando fu andata a chiudere il cancello, tornò con un viso ridente e beffardo e con gli occhi scintillanti di cattiva malizia.

– Quei due mammalucchi litigano, e come! Non li ho mai sentiti così arrabbiati. C'è Gesuino che sembra un toro.

Perchè litigano?

– Non lo so: sente? Arriva la voce fin qui. Questa sera si ammazzano.

E poichè sapeva che la causa era lei, rise, piegandosi un po' sul fianco come dovesse stroncarsi per la sua perversa ilarità.

Dal lettuccio ove l'ombra indorata dal fuoco già stendeva il suo velo il maestro la osservava e indovinava tutto. I due fratelli si azzuffavano per un lontano possesso di lei, e lei rideva perchè non avrebbe mai appartenuto a nessuno dei due. La lettera che teneva in tasca, e sulla quale appoggiava la mano, doveva assicurarle un avvenire diverso e migliore: ma chi glielo offriva? Il mistero pungeva il maestro: egli taceva però e si nascondeva, per arrivare a scoprirlo.

Ella rimase alzata fino a tarda ora; pareva tranquilla, adesso, seduta accanto alla tavola a lavorare. Faceva un paio di calze di lana per lui; e l'idea era stata sua, perchè di tanto in tanto si dimostrava veramente premurosa, e queste calze le lavorava con una certa passione, misurandole una sull'altra perchè venissero uguali e precise. Quella sera invece andava avanti meccanicamente, senza altra premura che di finirle.

Ornella, – egli disse a un tratto, seguendo un suo pensiero, – dovresti piuttosto pensare a fare il corredo alla creatura.

– Ci pensavo, – rispose lei senza sollevare la testa: – domani quando vado a portare la lettera di mio cugino comprerò un po' di tela in piazza.

Ci pensava: pensava ad uscire, per andare dove? Ella non aveva mai parlato di questo suo cugino dei suoi parenti.

E quando fu nel soppalco non spense subito il lume come di solito faceva; allora il maestro, ch'ella credeva assopito, riaccese il suo, e si accorse che dalla tavola mancavano il calamaio e la penna.

La mattina dopo, quando Proto venne a domandare notizie, egli mandò Ornella a fare la spesa e pregò il contadino di fermarsi un momento con lui. L'uomo non domandava di meglio: era accigliato e con gli occhi gonfi, come uno che ha passato una brutta notte, e desiderava sfogarsi.

– Ha sentito ieri sera, che baccano? Io comincio a credere che Gesuino mio fratello sia posseduto dal demonio: lo dico sul serio. Io non sono superstizioso, ma ricordo le storielle che raccontava mia moglie. Lei diceva che le anime dannate girano per il mondo ed entrano nel corpo degli uomini semplici. E così credo che Gesuino sia posseduto dall'anima del padre ucciso qui dai figli.

Va bene: ma e voi che gli rispondete? Siete invasato anche voi?

– È vero, – disse Proto; – è proprio vero.

– Questo di buono avete, tutti e due fratelli; mi date sempre ragione, salvo poi a farvi continuamente del male. Perchè ieri sera avete litigato?

– Chi lo sa? Gesuino è tornato di qui con un umore feroce: ha cominciato col bastonare il cane, ed io naturalmente ho protestato. Di la questione.

Sentite, Proto, – disse dopo un momento di silenzio il maestro; – io ho ancora bisogno di voi. Ornella ha ricevuto ieri sera una lettera raccomandata e ieri notte ha risposto. Io avrei bisogno di sapere di chi è la lettera.

– Io l'ho veduta: viene da Genova, e la scrittura è di persona istruita. E lei perchè non gliel'ha chiesta?

– Non voglio premere su lei: è peggio.

– Ma la lasci andare, che vada all'inferno donde è venuta.

C'è di mezzo la creatura: bisogna salvare la creatura.

– Ma vada al diavolo anche la creatura, – rinforzò Proto, battendo un pugno sulla tavola. – Lei è troppo all'antica: vedrà che cosa le capiterà un giorno, vedrà.

Il maestro non aveva paura di nulla: neppure della filza di bestemmie e di vituperi che il contadino brontolava contro Ornella, contro Gesuino, contro Dio e gli uomini tutti: seguiva piuttosto un suo pensiero nuovo: la lettera viene da Genova, e la scrittura è di persona civile? Che sia di Adelmo Bianchi? Tutto c'è da aspettarsi da quella testa piena di vento.

Ricostruì la scena di quella prima sera della sua malattia: rivide il parricida che guardava Ornella coi suoi occhi allucinati, e non dubitò oltre.

Proto, – disse sottovoce, – è necessario sorvegliare la ragazza. Io desidero sapere dove va, e cosa fa, questa mattina.

Il contadino è vinto a sua volta da un senso di curiosità, e il suo stesso rancore lo spinge a spiare Ornella e possibilmente a vendicarsi di lei.

– Non dubiti: a mezzogiorno le saprò dire ogni cosa. Allora vado.

A mezzogiorno il maestro sapeva già che Ornella era stata realmente in casa di certi parenti; poi aveva comprato un po' di tela da un mercante della piazza, e infine era entrata nell'ufficio della posta.

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